domenica 28 ottobre 2012

Quel giorno che tremò la notte 9



NOVE

Romano era stato capace di farle tornare la voglia di studiare. Finire prima l’università, ora, aveva uno scopo più preciso e pressante. Ma la ritrovata passione per i libri aveva radici poco profonde se dopo mezz’ora di studio Roberta si lasciava distrarre dal notebook: una passata alle mail, un giro su Facebook e poi YouTube e quella canzone.
Dalla canzone alla proposta di Romano, che non si era fatto scrupolo di invitarla a casa sua, in una vecchia villa dei nonni in centro Italia, utilizzata più che altro d’estate e, raramente, durante l’anno. “In questo periodo è sporca, fa freddo ma a me piace lo stesso” le aveva detto.
Roberta aveva un altro impegno, proprio quel fine settimana, a Rimini.
La proposta era stata così formulata: “Devo andare a Roma tre giorni per un Convegno sui nuovi media, giornali on line, hanno scelto me. Ci vieni?”
“Non vorrai portarmi a Roma.”
“No, parto qualche giorno prima, con te, passiamo il fine settimana nella casa dei miei, poi tu torni in treno, io tiro dritto per il convegno.”
Ma era saltata fuori la storia di Rimini. Romano era stato conciliante: “Vediamo se riusciamo a farci stare dentro le due cose.”
E lei si era lanciata: “Vieni al mare con me, poi andiamo insieme dove vuoi.” 
Fu il loro primo compromesso d’amore: la domenica, dopo il pranzo, sarebbero partiti per la villa. “Se poi ti va di stare con noi ci stai, altrimenti ti fai un giro per Rimini.”
“Il mare in aprile mi mette tristezza” aveva detto Romano.
“Dipende” aveva detto Roberta. “Se trovi il sole.”
“E i tuoi amici che dicono?”
“Ho venticinque anni.”
“E io dove dormo?”
“Se vuoi risparmiare, in auto. E’ solo per una notte.”
“Se no?”
“Ti trovi una camera.”
“Con te?”
“Noi siamo già in tre.”
Roberta si rigirava l’indice nei capelli, li arricciava in un bigodino, grattava alle radici, guardava svogliata le pagine. Fra i motivi di distrazione quella scelta. Andarci o no? E comunque avrebbe dovuto parlarne in famiglia.


***  

“Ma se vi siete appena conosciuti” disse la madre di Roberta. Nel dirlo capì che era stata una frase inutile. Era maggiorenne da tempo. Viveva con loro, c’erano regole da rispettare ma sarebbe servito a qualcosa ricordargliele? O sarebbe stato motivo di una frattura più profonda?
Il padre di Roberta se ne stava rincantucciato, con la testa reclinata sopra il minestrone di verdura. Lasciava fare alle donne, a meno che sua moglie non l’avesse tirato in causa, preso per il bavero e buttato nella mischia. Al che avrebbe parato il colpo. Non che se ne fregasse. E ci soffriva. Ma era la persona meno indicata per trovare soluzioni efficaci a problemi complessi. Non era mai stato un padre autoritario, non l’aveva mai desiderato. Avrebbe voluto essere importante per il bene delle sue ragazze, capace di aiutarle a trovare una via nel labirinto dell’adolescenza, ma cominciava a convincersi di aver fallito.
“Mamma” e stava per ricordarle la sua età e che Romano era un tipo a posto, ma Roberta dovette lottare con una ventata di stizza improvvisa. Perché, una volta almeno, quella donna non diventava sua complice? Non rischiava con lei? “Sono un paio di giorni, in fin dei conti. Che palle!”
“Senti, fai come credi.”
Già vinta la partita? Roberta dovette ricredersi.
“E tu?” disse la madre al padre. La domanda conteneva già tutto. Lui lo sapeva. Aspettò d’aver mandato in gola la cucchiaiata di minestra, tempo che gli servì per formulare con più consapevolezza il suo parere.
“Non lo si potrebbe conoscere anche noi, questo Romano? Chi l’ha mai visto?” disse a sua figlia.
“Se volete.”
“Perché no?” disse la madre.
“Non vi fidate?” disse Roberta.
“Non è questo” disse il padre.
“E allora?”
Domanda di un certo impegno; l’uomo prese tempo: “Allora mi farebbe piacere vedere che faccia ha.”
“Tuo padre ha ragione” rinforzò la madre.
“E’ che non c’è il tempo” si scusò lei.
“Perché?” chiese lui.
“Alla sera lavora.”
“Anche il sabato?”
“Sì.”
“Domenica prossima, a pranzo” propose il padre.
“Provo a chiederglielo” disse Roberta, ma qualcosa le stonava dentro.
E per una coincidenza di pensiero, anche la madre ebbe l’impressione d’essere così vecchia da ricordarle la sua, di madre. “Senti” concluse, “stai attenta.”
“Attenta a che?”
“Il viaggio…”
“Non guido io.”
“E Romano? Guida bene?”
“C’è da fidarsi.”
“Hai già fatto un viaggio lungo con lui?”
“No.”
“E allora?”
“Guida bene, ti dico.”
Ora la discussione era accademica. E al padre bastava quell’assenso. S’accodò come un ciclista, facendosi tagliare l’aria da chi lo precedeva: “In fondo si tratta di un paio di giorni, giusto?”
“Già” disse Roberta. “Oltre a Rimini, un lunedì, martedì al massimo.”
Lui tornò a gustare il minestrone, la madre aveva già cominciato a pregare, Roberta li ringraziò senza parlare.
  


                                                                                          9 - continua
 









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