lunedì 31 dicembre 2012

L'amicizia

L'amicizia rende sopportabile persino la vita. Che a volte è davvero indigesta. Ma ieri sera, da Carla e Paolo, con Rossella, Paola e Roby, la cena non era affatto indigesta, e l'amicizia più che consolidata. Finire e iniziare così una nuova avventura lunga 365 giorni è consolante.

Il vizio di Paolo

 
Il vizio del mio amico Paolo (che ieri con Carla ci ha ospitato per il cenone di San Silvestro) non è quello di fumare: sì, ha sempre fumato, un po', e poi ultimamente aveva smesso da molti mesi, ieri sera si è concesso un'eccezione. No, il suo vizio è di essere molto attento alle persone e ai loro bisogni. Con il suo esempio inizio il 2013 più ottimista.

Grazie a Varesenews

Fine dell'anno, ne approfitto per ringraziare Varesenews, il quotidiano online che leggo maggiormente (al secondo posto Varesereport, e come settimanale Rmfonline, sto parlando di stampa online), e lo faccio pubblicando la foto dei lettori di Varesenews più cliccata nel 2012. Una foto che mi ha fatto tornare indietro di molti anni: dal settembre 1978 al settembre 1979 sono stato molto vicino a quel campanile, che emerge dal lago di Resia, visto che il militare l'ho vissuto negli alpini a Malles Venosta, a pochi chilometri da quel lago.

Un bel libro


Finisco il 2012 con questo libro, e inizierò il 2013 sempre con Lev. LE CONFESSIONI: un bel libro davvero. Lo consiglio. Inoltre lo si può leggere direttamente su internet, gratis. 

Il sogno di Roberto


Carissimi tutti,
sta finendo un anno come tanti altri non esente da “errori arbitrali”. Nel senso che col cavolo che alla fine gioie e dolori si equivalgono. Ma siccome prima di chiedere è cosa buona e giusta dare, per la prima partita casalinga della Cimberio (domenica 13 gennaio con Venezia) “i have a dream”. Uno dei miei vuoti del 2012 è la fine della serata del Vela. Ma un abbraccio dato/ricevuto come quello si può materializzare anche regalando un momento al Palazzetto “Lino Oldrini” a Gabriele Cavaleri e al suo papà Antonio. Insieme seguono da anni la Pallacanestro Varese, “da prima della stella”, sottolinea Gabriele. Antonio è diventato cieco nel corso della sua vita per una malattia degenerativa incurabile. Arrivano ogni volta a Masnago da Milano. Spesso vanno anche in trasferta. Erano al Forum e saranno a Pesaro. Amano lo sport. Sono tifosi anche dell’Inter e della Pallavolo Villa Cortese (patologie curabili...). Senza invidia o smania di scoop esclusivo ogni testata della nostra provincia e non solo potrebbe pensare ad un riconoscimento per Gabriele fedele radiocronista per un pubblico formato esclusivamente dal suo papà al quale “passa” le schiacciate di Dunston e Polonara, le magie di Banks e Green, il calore ed il colore del pubblico ed ogni altro particolare (componente esterno del coro della curva...). Per una sera mi piacerebbe vederli dall’altra parte del parterre. Non in prima fila dietro alle panchine ma in prima fila a bordo campo, sotto i riflettori, ad un passo dal parquet. Per una sera mi piacerebbe vederli al centro dell’attenzione con la curva che nei momenti finali della gara urla “tutti in piedi per i Cavaleri”. Sarebbe un buon inizio, uno scatto in avanti per guadagnarci un minimo vantaggio ed affrontare un nuovo anno dove, puntualmente, col cavolo che gioie e dolori si equivarranno.
Un abbraccio portatore sano di serenità, relax e colesterolo under 200 a tutti voi, Maya compresi.
un bof

Preghiera

                                                                                                    foto carlozanzi


Auguri, caro Arnaldo, autore di questa poesia. Le tue parole, misuratissime, regalino speranza. Un abbraccio

Preghiera

Come un canto di un canto
nel rumore della sera

s'accende di luce
la voce
che spera.

gennaio 2007

Arnaldo Bianchi   NEL MITE TEMPO CHE CADE

Sempre in fase di riscaldamento

                                                                  foto carlozanzi

Appagato è un termine che non mi appartiene. Credo sia un termine impronunciabile, data la condizione umana. Mi accontento, ma spero nel meglio. A volte ho l'impressione di essere sempre in fase di riscaldamento. Prima di partire per una corsa competitiva, che so, una maratona, si corricchia adagio adagio, anche per 10-15 minuti, esercizi di allungamento e poi altra corsetta leggera...ecco, a volte ho l'impressione di essere sempre in questa fase di riscaldamento. La mia corsa non è ancora partita. E visto che sono quasi al tramonto (in foto, tramonto alla Madonna del Monte), sarà meglio che metta il pettorale e via.

Anno nuovo, vita vecchia

                                                                                foto carlozanzi

Quando ero più giovane dicevo 'anno nuovo vita nuova', facevo buoni propositi, iniziavo l'anno sapendo dove dirigermi per migliorare. Ora non faccio propositi, e francamente rispetto al 2013 che arriva, dico che se è come il 2012 mi va bene. Non oso lamentarmi. Immobilismo? Paura di cambiare? Pavidità? Troppa predisposizione ad accontentarsi? Magari. Mi piacerebbe sempre camminare verso l'alto (in foto, la tromba delle scale del Kursal di Colle Campigli), non sostare sul pianerottolo, e questo cercherò di fare, passo dopo passo, a ritmo lento, sperando di non perdere l'equilibrio.

domenica 30 dicembre 2012

Cicale al carbonio 14



                                     quattordici


Di mano in mano che Beatrice s’avvicinava alla fontana dei Giardini di Palazzo Estense, si convinceva che quell’uomo seduto sul bordo di pietra era lui. Arrivato in anticipo.
Il sole, alto, saliva oltre le punte dei pini che coprivano il colle di Villa Mirabello. La grande fontana era ai piedi della montagnola, il forte getto d’acqua era sputato dalla pompa per molti metri; ricadeva come pioggia leggera, allargandosi in uno zampillo che dilatava il suo diametro con minuscole gocce di vapor d’acqua.
Eccolo: casco in mezzo ai piedi, s’era tolto la giacca di pelle, camicia azzurra aperta sino a metà petto, maniche rimboccate, jeans, scarpe da tennis.
Si sentiva impotente, finita dentro una storia non sua, che seguiva da spettatrice. Ma era l’attrice.
Lui che certezze poteva offrile? Era davvero stata capace di far impazzire un uomo o lui era solo indispettito verso una moglie incapace di dargli un figlio?
Sceso dalla bicicletta Marco era un mediocre, ma lui chi era? Cosa voleva, arrivato come un ladro dopo cinque anni di matrimonio?
Camminava lentamente per tenere al riparo le domande, ma alla fine arrivò alla fontana.
“Ciao” e s’alzò, prendendo il casco fra le mani.
Era già un ciao di vittoria? Trattenne il suo, che uscì malamente, con una vocina poco spontanea.
“Andiamo su a Villa Mirabello?”
“Va bene…” Era deciso, persino troppo. Un uomo, e lei si stava comportando da ragazzina.
Si sedettero su una panchina, all’ombra, non lontani da una piccola costruzione; pareva un trullo di Alberobello, era l’ingresso di un rifugio antiaereo sotterraneo. I varesini di quelle parti correvano lì sotto durante la Seconda Guerra Mondiale, quando i bombardieri americani impestavano il cielo della città e sganciavano bombe.
A intervalli regolari un trenino sferragliava a pochi metri dai lori piedi; i vagoncini erano occupati da un piccolo viaggiatore soltanto, due, tre al massimo; era una mattina feriale.
“Ti amo…ti amo…” ripeteva, e le accarezzava i capelli biondi, li pettinava dietro l’orecchio con le sue dita da pianista.
Beatrice non aveva parole adatte alle sue certezze.
“Sono sincero…fanne ciò che credi…”
“Isa?”
“Sospetta.”

***   
 
“E qui comincia il bello” disse Mauro a Paride e a milioni di telespettatori.
“Già” disse Paride. “Quando superi Trafoi e ti vedi davanti tutti quei tornanti, quel muro da scalare, ti passano i brividi per la schiena.”
“E tu, caro Paride, di brividi ne hai sentiti da queste parti” disse Mauro.
“Lo Stelvio mi ha sempre fatto paura. Ci sono arrivato quattro volte nei miei Giri d’Italia. Ti assicuro che ogni volta sono emozioni diverse ma la fatica è sempre quella, enorme. Uno sforzo immane.”
“Io posso solo descrivere la fatica degli altri, quella che ho letto sul volto degli atleti, stando comodamente seduto, bhè, neanche tanto comodo, per la verità, sulle moto della Rai. Posso intuire…del resto questo è uno sport per duri e non sono certo io il primo a scoprirlo. Ma facciamo il nostro lavoro. Andatura turistica lungo la Val Venosta, anche a causa del forte vento contrario e ora, un chilometro dopo Trafoi, il gruppo è ancora compatto.”
“Ricordiamo la situazione di classifica alla partenza da Bolzano” disse Paride. “Maglia Rosa sulle spalle di Giuseppe Togni, del Team Tortex, secondo Casavola a cinquantacinque secondi, terzo Marco Marchi della Toshibas Bike a un primo e due secondi, quarto Javier Saienz a due minuti e dieci secondi, quinto Moies Aldape a due e quindici.”
“Tutto è possibile” disse Mauro “ma restringerei la cerchia dei papabili al trionfo di Milano ai primi tre: Togni, Casavola e Marchi.”
“E se pensiamo alle tante salite ancora in calendario, direi solo Togni e Marchi.”
“In effetti Casavola regge ancora, grazie ad uno stato di forma a dir poco strepitoso, se si pensa alle sue caratteristiche.”
“Certo, perché Casavola è un passista che si sta scoprendo scalatore.”
“Mentre per Togni e Marchi nessuna sorpresa. Come da pronostico, sono lì a giocarsi la maglia sino all’ultimo chilometro.”
                                                                

                                                                                                   14-continua 











                                  




Omaggio ai piedi buoni

                                                                                foto carlozanzi

Dall'alto verso il basso: i piedi di Achille Polonara, Dusan Sakota, Bryant Dunston e Mike Green. Piedi eccellenti.

Cimberio Varese-Vanoli Cremona: 25-16 dopo il 1° quarto

                                                                                                                   foto carlozanzi

4500 spettatori oggi, domenica 30 dicembre, al PalaWhirlpool, tanto affetto per Varese che dopo aver sbancato Milano certo non si fa intimidire dai cremonesi. Si parte a razzo, Cremona pare in bambola ma non è così, reagisce bene e tutto sommato limita i danni, finendo il primo quarto sotto di nove. Green è in palla, gli altri non sfigurano affatto. La partita è piacevole.

Cimberio Varese-Vanoli Cremona: 50-38 (metà partita)

                                                                 foto carlozanzi

Il 2° quarto vede un De Nicolao al fulmicotone, Andrea riesce persino a schiacciare, mandando tutti in visibilio. In foto vediamo, da sinistra, Dusan Sakota e Achille Polonara. Sokota farà buone cose soprattutto nell'ultimo quarto, con due triple di fila che ghiacciano i cremonesi. Andrea realizza una bella tripla in esordio poi vola un po' troppo qua e là, senza fare ciuff. Ma la grinta c'è.

Cimberio Varese-Vanoli Cremona: 72-61 (3° quarto)

                                                                        foto carlozanzi

Cremona si fa sotto, arriva anche a 5 punti da noi (60-55), qualche concessione di troppo allo spettacolo, ma Varese ha messo in banca (Adrian Banks, nella foto) il suo capitale, il cecchino spara palloni che nemmeno sfiorano il ferro, alla fine sarà il miglior realizzatore di Varese, con 22 punti e una percentuale impressionante nei tiri da 2.

Cimberio Varese-Vanoli Cremona: 94-84

                                                                                      foto carlozanzi


Dirò solo, per il momento (tornerò più tardi) che abbiamo vinto, 94 a 84, e questa non è una novità. Però la partita contro Cremona è stata combattuta, avremmo forse potuto ammazzarla con qualche concessione allo spettacolo in meno, ma la realtà è che siamo una squadra completa, tutti danno il loro apporto, la loro tripla al momento giusto, il loro rimbalzo in attacco e in difesa, il loro canestro per respingere indietro gli avversari che premono. E così si vince. La capolista se ne va.

Tutto il resto è menzogna

                                                             foto carlozanzi

'....L'antico inganno delle gioie della vita che attutisce il terrore del drago ormai non mi inganna più. Per quanto mi dica: tu non puoi comprendere il senso della vita, non pensare, vivi: io non posso farlo, perché troppo a lungo l'ho fatto prima. Ora io non posso non vedere i giorni e le notti che corrono via e che conducono alla morte. Vedo sollo questo perché solo questo è verità. Tutto il resto è menzogna...'
                                                  Lev Nikolaevic Tolstoi  Confessione

Sto leggendo 'Confessione' di Tolstoi. Il seguente passaggio si riferisce alla crisi esistenziale che 'intossicò' lo scrittore a cinquant'anni, un'età difficile allora e oggi. Spero che nelle prossime pagine Lev mi dia non dico risposte, ma un po' meno tormento.

Due mesi


Due mesi, caro Elio.

Daniele non si è fatto mangiare dalle Iene


Dopo la figuraccia del mio amico Daniele Marantelli, pizzicato dalle Iene (perché di figuraccia si è trattato), pensavo: o il fatto lo affossa, oppure ne approfitta e cavalca la fuga. Non si è verificata né una cosa né l'altra: Daniele ha cercato di parare il colpo, ha continuato a fare il suo lavoro e la gente lo ha premiato, lo ha senz'altro 'perdonato', visto che Daniele ha vinto le primarie a Varese e sarà ancora in corsa per un posto a Roma, nelle liste del Pd. E' quindi il caso di ripetere la sua ben nota frase: 'Torno subito... caput mundi!' 

Quella maglia bianca


Il compleanno del mio amico Eusebio non poteva non farmi tornare alla mente l'incubo Eusebio, il fortissimo calciatore del Benfica (foto) che tanto mi ha fatto penare, ai tempi della grande Inter. Ricordo quelle maglie bianche, e soprattutto la sua. Sempre troppo vicino alla nostra area.

Auguri, caro Eusebio


Buon compleanno, caro Eusebio.

La zampogna in chiesa

Ieri sera, alla Messa delle 18 a Sant'Ambrogio, ho avuto una gradita sorpresa: in occasione dei 50 anni di nozze dei genitori del mio amico Dimitri, era stato invitato uno zampognaro, che ha accompagnato con la zampogna i canti della Messa. Era la prima volta che sentivo una zampogna in chiesa, e da sola è riuscita a creare un clima natalizio davvero suggestivo. Auguri ai genitori di Dimitri per il traguardo raggiunto, e grazie allo zampognaro, che ha valorizzato i canti.

Una quieta serata

                                                   Maddalena, Giovanni, mamma Benedetta

Bella serata, ieri con gli amici, nonni Fabrizia e Paolo, una serata con un protagonista assoluto: Giovanni detto Giovannino. Nato il 10 dicembre 2012, ha già conquistato la scena. In soli 20 giorni. Io ci provo da 56 anni! Scherzi a parte, anch'io ho avuto, penso, il mio attimo di gloria, dal 15 giugno al 15 luglio 1956, più o meno. Ma non mi ricordo più niente.

Mangiare e dormire

                                         Rachele e Giovanni

I primi mesi di vita: età aurea. Si mangia, si dorme, si è coccolati. Altro non si può desiderare. 

Una vita in casa

                                                                      Giovanni

Ricordo molto bene cosa si prova quando, per la prima volta, porti tuo figlio in casa, chiudi la porta dietro di te e dici: "Bene, questa vita ora è affidata a noi." Nel caso mio e di Carla avvenne per Valentina, era domenica 20 gennaio 1985. Ti senti felice e insieme carico di una responsabilità enorme, non sai se sarai in grado. Ma prevale decisamente un senso di grande gioia. Di completezza. Di meraviglia. Pregare è conseguenza inevitabile.


sabato 29 dicembre 2012

Cicale al carbonio 13




                                        tredici


Beatrice era sola in casa. Inquieta. Gli aveva detto di no ma la sola cosa che desiderava era poter parlare con lui. Vederlo. Chiarire. Capire. E capirsi. E scopare. Forse.
Guardò l’orologio in sala: le dieci e tre minuti. S’avvicinò al telefono per chiamarlo. Stava perdendo il controllo.
Tornò indietro. Accese una sigaretta. Non s’era ancora seduta sul divano quando partì la suoneria del cellulare. Rispose.
“Dove sei?”
“In casa…che vuoi?”
“Vengo.”
“Dove?”
“Da te.”
“T’ho detto che sono in casa…”
“O da un’altra parte o vengo lì.”
Beatrice schiacciò la sigaretta nel posacenere. Il cilindro di tabacco, consumato meno della metà, si piegò; salì un filo di fumo, diritto ma poco più in alto impazziva. “Qui no.”
“Dimmi tu…”
“Stiamo sbagliando…cosa stiamo facendo?”
“Va bene Varese, ai Giardini?”
“Non ho chiuso occhio.”
“Nemmeno io…Sto rischiando un casino.”
“E io?”
“Ai Giardini, fra un’ora. Alle undici. O sei lì o vengo a casa.”
“Non mi aspettare…non posso.”
“Ciao…fra un’ora…alla fontana.”
“Ciao…” Beatrice attese qualche secondo. “Perché non chiudi?”
“Chiudi tu.”
“Tu.”
“No, prima tu” le disse.
“Tu, tu.”
“Tu.”

*** 

Da Merano si risale la Valle Venosta, fasciati dal vento. Un’ampia vallata che ti respinge, che pare benvolerti con  estese piantagioni di mele e di pere per poi soffiarti contro tutto il suo rifiuto, urlato dall’Austria. Come fossi uno straniero respinto. Il corso dell’Adige scivola da ovest ad est ad indicarti che sarebbe meglio tornare a Merano, a Bolzano e non proseguire per Lasa. Eppure tu vai, continui in salita leggera sino a Prato allo Stelvio, svolti a sinistra e ti lasci risucchiare dalla Trafoier Tal, bella nel canto del Suldenbach, un torrentello che schiaffeggia le rocce e solletica la ghiaia minuta del fondo.
E quieti si sale a Gomagoi. Si mutano acque e il Trafoierbach ti consiglia la strada per Trafoi. Sei protetto a sinistra dall’Ortlergruppe con il Grande Zebrù, quattro chilometri di ghiacci e di pietre. Ma se prosegui dopo Trafoi, qualche tornante ancora e poi svolti a destra e allunghi lo sguardo all’orizzonte, ecco là in cima la tua condanna. Vedrai alla sinistra del Trafoierbach boschi di pini, pascoli macchiati dal rosa dei rododendri e granito e neve e la cima del monte Scorluzzo. Ma per chi sfida lo Stelvio a cavallo di tubi in carbonio, pigiando il metallo e trasmettendo la rabbia a due ruote sottili, la vista deve andare alla destra del rio di Trafoi. Lì si incontra, lungo quanto dista da noi il paradiso, tutto il serpente d’asfalto che striscia sui prati, spire di tornanti aguzzi, di angoli acuti. E tu da lì devi passare, per forza, se vuoi meritarti la cima Garibaldi e lo Stilfer Joch, se punti alla Cima Coppi del Giro d’Italia, lassù, fra l’asfalto ed il cielo. 
                                                                                                   13-continua



                                     

Le disgrazie, castigo di Dio?

Su 'Famiglia Cristiana' Camilla da Genova chiede al teologo: "Di chi è la colpa se un bambino nasce cieco?" Risponde Luigi Lorenzetti: "La domanda 'di chi è al colpa' è deviante: induce erroneamente a pensare che la malattia sia castigo di Dio per il peccato (colpa). Il detto 'non cade foglia che Dio non voglia', se non è compreso nel vero significato, rende Dio complice del male. Dio, in Gesù, si è rivelato come colui che salva e libera dal male che affligge l'umanità e non come colui che punisce e castiga...."
Una risposta che condivido. A volte mi capita di sentire credenti che, di fronte a disgrazie come la nascita di un bambino cieco, dicono che non si tratta di una disgrazia, che nel mistero di Dio quella cecità avrà pure un senso, è grazia, noi non lo comprendiamo ma un senso c'è...tutto dipende da Dio...non lo credo, non lo voglio credere, Dio ci salva dal male, non lo provoca. Dio è un padre buono. 

Accadde...un anno fa


GENNAIO 2012

Domenica 1 gennaio 2012 – variabile, sereno
Arriva dall’ospedale di Angera il primo nato del 2012 in provincia di Varese. Erano passati 27 minuti dopo la mezzanotte quando ha visto la luce Daniele Scirè, kg 3,5 di peso, quarto figlio di Massimo e Rosa, residenti a Castelletto Ticino.

Lunedì 2 gennaio 2012 – pioggia
Finalmente un po’ di pioggia dopo tanta siccità, anche se i varesini avrebbero forse preferito la neve, che ritarda. E proprio in una giornata favorevole alla lotta contro le polveri sottili, giungono i dati di Legambiente Lombardia. Nel 2011 la città lombarda con meno superamenti della soglia è Sondrio (44 superamenti), ma Varese si piazza al secondo posto (69 oltre il limite). Maglia nera è Milano, con  151 superamenti di soglia.

Martedì 3 gennaio 2012 – coperto, via via sereno
L’ex ministro degli Interni Bobo Maroni ha motivo di lamentarsi: il decreto firmato Maroni-Tremonti (tassa per il rinnovo del permesso di soggiorno) deve essere rivisto, questa la scelta del governo Monti, in particolare del’attuale ministro egli interni Anna Maria Cancellieri e del ministro per la cooperazione internazionale Andrea Riccardi. Maroni non ci sta e si lamenta sulla sua pagina fb.

 Mercoledì 4 gennaio 2012 – coperto, via via sereno
Stava concludendo l’allenamento di basket alla Robur et Fides Benjamin Bakayoko, un ragazzo classe 1998, quando si è accasciato a terra all’improvviso. Subito soccorso dall’allenatore Romano Pagani, (che ha praticato la respirazione bocca a bocca) il giovanissimo atleta è stato poi intubato dai sanitari del 118. Si è trattato di un infarto. Le sue condizioni sono critiche.

Giovedì 5 gennaio 2012 – variabile, pioggia serale
Il famoso ‘piantone’ di via Veratti, il cedro del Libano vecchio di circa 140 anni è molto malato, ed è stata allestita una task force per curarlo. Pare sia stato assalito da un fungo, il banale chiodino o Armilariella Mellea, che ne intacca le radici e ne impedisce il nutrimento. Ma Daniele Zanzi, esperto della Fitoconsult, non canta il de profundis: ‘C’è ancora speranza di salvarlo’ dice.

Venerdì 6 gennaio 2012 – sereno
Secondo i dati più recenti dell’Aler, del 2011, abbiamo avuto un’inversione di tendenza per ciò che riguarda le richieste di assegnazione delle case popolari nella nostra città, che dispone di 1875 alloggi di edilizia popolare: sono state maggiori le richieste dei cittadini stranieri (50,7%) contro il 49,3% degli italiani. Per quanto riguarda le assegnazioni effettive, tre anni fa agli stranieri erano assegnate il 27% delle abitazioni, ora il 38%.

 Sabato 7 gennaio 2012 – sereno, mite
Era finito nelle acque del lago Maggiore lo scorso 31 dicembre Bruno Petoletti, 50 anni, ex appuntato dei Carabinieri di Laveno Mombello in congedo. Lo si dava per morto già dopo la prima giornata di ricerche, ma la certezza della sua tragica fine si è avuta oggi, verso le 13.30, con il recupero del corpo a 37 metri di profondità, in località Reno di Leggiuno. Forse a tradirlo è stato, oltre al freddo, il pesante giaccone di pelle che indossava.



Fabrizio con Giannino

Non sapevo che il mio amico coetaneo Fabrizio Canedoli si fosse dato alla politica. E' nelle liste al Senato, per il movimento di Oscar Giannino. Abbiamo giocato insieme a calcio all'oratorio 'Molina' di Biumo, negli anni Sessanta. Buona avventura.

venerdì 28 dicembre 2012

Profumo di calicantus

                                                                                                          foto carlozanzi


Il profumo di calicantus (il mio fiore preferito, insieme alla gardenia) scivola sulla neve, scava gallerie nell'aria di ghiaccio. 

Pillo Village

Ieri sera, alle 21.40, ero a Bisceglie, e mi sono trovato davanti il grande palazzo di Vodafone Village, dove lavora il mio amico Stefano detto Pillo. Dicono che resti illuminato tutta la notte, anche se non vi lavora nessuno, con grande spreco di energia. In verità qualcuno al lavoro c'è.

Tramonto in via Lorenteggio

Sono abituato a gustare il tramonto dal Sacro Monte. Ieri sera, causa Ikea, ero a Milano, fra la tangenziale ovest e via Lorenteggio, zona Corsico (dove ho corso una delle mie due maratone, quella di Cesano Boscone, tempo finale 3 ore e 47 minuti). Anche un tramonto metropolitano è suggestivo.

Cicale al carbonio 12

                                                                                        salita al Mortirolo



                                            dodici


Beatrice risalì in auto, poche centinaia di metri e si fermò a bordostrada.
Lo chiamò al cellulare.
“Ciao.”
“Ciao…allora?”
“Non ho dormito…Faccio pena…oggi non me la sento…”
Silenzio, rotto da un “Peccato” senza voglie.
“Non me l’aspettavo…non sino a questo punto.”
“Aspettavo, cosa?”
“Ieri sera…quello che mi hai detto…ma di che scelta stai parlando?” Quasi singhiozzava. “Volevo richiamarti subito…ho resistito…poi non ho chiuso occhio, non so nemmeno perché non ti ho chiamato prima.”
“Perché non ci vediamo?”
“Non ho voglia…ma di questa tua scelta mi devi parlare subito…”
“E perché? Tu fai la preziosa e io dovrei…”
“Non fare il cretino…non si scherza più, adesso. Io sto male.”
“Non ho mai scherzato…”
“Scusa.”
Un lungo silenzio. Beatrice piangeva.
“Non piangere…dimmi dove sei…”
“No…oggi no…” Voleva chiudere la comunicazione ma pretendeva la sua voce. Si trattenne. Attese.
“Mollo Isa. Voglio te.”

*** 

Marco era in sala massaggi. Guardando fuori dalla finestra, cercava conferme a quanto aveva già visto: bel tempo, sole per la tappa della verità.
“Allora, Marco, com’è?” chiese il massaggiatore.
“Lo capisco se salgo in sella.”
“Già..”
“Però le sensazioni non sono male.”
“E’ qualcosa” e manipolava il quadricipite femorale.
Ora era passato al polpaccio della gamba destra. Marco chiuse gli occhi, immaginò la giornata, dicevano che la Val Venosta sarebbe stata piena di vento contrario, soffiato in faccia al gruppo dal passo Resia e dal quel lago col campanile affogato, che portava sfiga.
Le alternative non erano molte: resistere in caso di attacco e cercare la botta sul Mortirolo, sperando che l’altro non recuperasse nella discesa sulla Val Camonica. Sarebbe rimasta sempre la salita verso l’Aprica, poca roba, pendenza minima. Doveva dimezzare lo svantaggio oggi, confidando poi nel Cuvignone e nel Campo dei Fiori.
“Dove pensi di fregarlo?”
“E dove, secondo te?”
“Non vorrai partire sullo Stelvio.”
“Stelvio?”
“Ti conviene stare a ruota…”
“A ruota ci starà lui, visto che ha la maglia.”
“Già…il Mortirolo sembra fatto apposta…”
“Per farsela nelle mutande.”
Il massaggiatore rise e passò alla gamba sinistra.
   
                                                                       12-continua




                                                    



                                       

Il bambino con il pigiama a righe


Qualche sera fa ho visto alla tele un gran bel film, 'Il bambino con il pigiama a righe', di Mark Herman, un film del 2008. Drammatico, coinvolgente. Inizia come un film per bambini, tanto che stavo per cambiare canale, poi cresce, i dialoghi si fanno interessanti, la storia prende corpo, si gonfia di attesa e di drammaticità. E il finale è davvero quel che si dice un finale inatteso e sconvolgente.
Un'altra versione degli infiniti modi di leggere il dramma dello sterminio degli ebrei nei lager, un'altra storia per non dimenticare, per soffrire almeno un po' di quella sofferenza universale.

Cucciolo e Mosquito

Magie di internet. Beato chi l'ha inventato. Pensavo ai viaggio di mio padre, giovane, alla mitica scalata del Passo della Cisa con il 'Cucciolo' Ducati (quante volte ce l'ha raccontata e ancora ce la racconterà), e ho trovato subito l'immagine di quel motorino antesignano (foto sopra). E poi pensavo al 'Mosquito', il mio primo motorino, ho cliccato ed ecco anche il Mosquito. Con internet l'immaginazione si fa immagine.

Credere per disperazione


Se uno vuole trattare con ogni riguardo, con ogni considerazione, diciamo pure con rispetto la propria intelligenza, la propria ragione, non ha che una soluzione in fatto di fede: inventarsi il suo Dio. Trovare una mediazione. Mantenere la creatività anche nella fede. Ma ciò lascia dentro una nostalgia, la sensazione che sarebbe bello poter credere da convinti, ma da convinti davvero, in un Dio canonico. Che sarebbe confortante annullarsi in Dio.
A volte penso che uno arrivi a credere, ad arrendersi a Dio, per disperazione.

Pesci in auto

Osservando questa foto (ieri alla Prima Cappella) ho pensato al mare, un oceano di nebbia, e noi sotto, a vivere nella bambagia. Se quello è il mare, noi siamo pesci. E mi è venuta un'immagine che mi ha fatto sorridere: pesci che girano in auto. 

giovedì 27 dicembre 2012

L'Agenda Zanzi


Se uno sente parlare di Agende, oggi, non può non pensare all'Agenda Monti. Vorrei far notare che prima è arrivata l'Agenda Zanzi. E' infatti dal 1979 (nella foto, piccola agenda a sinistra) che compilo tutti gli anni un'agenda, dove appunto quotidianamente fatti privati e riflessioni universali. Come si può notare, è già pronta l'Agenda per il 2013, una Smemoranda che mi ha regalato Caterina, sapendo quali sono le abitudini di suo papà. L'Agenda Zanzi non è da confondere con l'Agenda Varese (si noti a destra l'ultima versione, del 2010) che per qualche anno ho realizzato (insieme ai fotografi Angelo Puricelli e Domenico Ghiotto), e che riguarda la mia amata Varese.

Cicale al carbonio 11



                                         undici


Marco Marchi scendeva dal Passo Sella verso Canazei, dopo aver saltato la gobba che separa la Val Gardena dalla Val di Fassa. Faceva freddo. Un freddo insopportabile, feroce. Sopra di lui un cielo duro e grigio come marmo; dal fondovalle saliva la nebbia. Pioggia sottile, aghi gelati capaci di penetrare il giubbino impermeabile. Le migliori fibre si sbriciolavano contro il fiato pesante delle Dolomiti. Di fronte a lui la Marmolada, neve e nebbia. Alla sua destra le sommità del Sassolungo, del Sassopiatto e delle Cinque Dita pungevano nuvole che si andavano dilatando. Alla sinistra e alle spalle il massiccio del Sella, massa incombente. Non poteva distrarsi, ma lesse un cartello di legno, che indicava la Val Lasties.
“Gesù Madonna” disse Audisio, suo compagno di squadra.
“Dio bono…e siamo all’inizio” disse lui.
“Come va?”
“Di merda.”
Marco chiamò l’ammiraglia, si fece dare altro da coprirsi, cercò di mettersi sopra qualcosa ma sentiva che il freddo, ormai, era dentro. Solo la salita avrebbe potuto scaldarlo. Solo il sole, che per quel giorno non era previsto. Davano piuttosto neve, su al Fedaja e al Giau.
Cercava di ripararsi stando dietro ai suoi uomini, appiattendosi, fasciando la bici, abbracciandola ma quel metallo era freddo.
Il casco, gli occhiali ma l’aria dei sessanta all’ora trapassava ogni protezione. E più adagio non si poteva andare. Nonostante la pioggia. Nonostante il freddo. Nonostante un paio di cadute, appena dopo la sommità del passo.
Marco cominciò a tremare, e c’era anche paura lì in mezzo, la paura di cadere e farsi male sul serio, e la paura di non poterlo vincere quel Giro.
Frenò andando incontro ad un nuovo tornante. La ruota posteriore derapò, restò in sella ma il cuore diede una botta forte. Si pulì gli occhiali, strinse le corna del manubrio quasi a strozzarla quella paura, ad aggrapparsi ad un sostegno rassicurante.
Canazei era ancora lontana. Anche raggiunta non sarebbe arrivato l’albergo ma altre salite e discese e salite e discese per tutto il giorno. Come tirare sera senza mollare?
Il traguardo di Bolzano gli parve irraggiungibile.
Ora un lungo rettilineo, la velocità si impennava, non bisognava farsi staccare. Il vento lo prendeva a schiaffi senza riguardo.
Frenò di nuovo, partendo da lontano. La pioggia in aumento girava come una fontanella sulla ruota, gli solcava il viso e il culo.
“Mestiere da derelitti!” Era Gentiloni, della Niker.
Marco avrebbe voluto piangere. Zacchei rideva, nonostante tutto: uno che avrebbe riso all’inferno, fatto divertire Belzebù.
Un piccolo lago, alberghi e il bosco più fitto. Ai tornanti cartelli indicavano l’altitudine: millesettecentotrenta metri sopra il livello del mare. Nessuno s’era permesso di scattare, neppure gli avventurieri alla caccia di qualche ripresa televisiva. Avevano tutti freddo lì in mezzo. Quando potevano, s’avvicinavano per scaldarsi. Ma nel gruppo allungato, biscia colorata a picco su Canazei, scoppiavano soprattutto imprecazioni, battute e, non dette, ricerche di un senso a tutta quella sofferenza fra i monti.

***

Marco aveva chiamato Beatrice, come al solito, prima della partenza della tappa. Tappone di montagna, partenza da Ortisei, un’infinità di passi da valicare. Le aveva comunicato che il tempo era orribile, che sarebbe stata una giornataccia ma che l’umore era buono, si sentiva in forma, avrebbe retto alla fatica, avrebbe forse sfilato la Maglia Rosa a Togni.
Suo marito era stato rassicurante, o almeno così aveva inteso lei: freddo sì, pioggia sì, ma era nel conto di un mestiere che non capiva, ma che considerava alla fine ben pagato, per tutto quel sudore. 
Beatrice aveva in testa altro quel mezzogiorno. S’era fatta prestare uno scooter, non ci saliva dai suoi sedici anni.
Laveno s’abbronzava al sole di maggio, già estivo. Il lago pareva una cartolina dalla Sardegna, acqua increspata e pulita ma solo all’apparenza, perché recenti analisi della Goletta dei laghi avevano negato la balneabilità proprio ad alcune spiagge del lavenese. Fregandosene dei responsi degli ambientalisti, aveva preso verso sud, sino a Santa Caterina del Sasso.
Guidava adagio, per ricordarsi emozioni di una decina d’anni prima. Poi dava gas e allora l’aria si rinfrescava, quasi fredda, mai fastidiosa. Piacevole come una carezza.
Aveva lui nella testa. E lui ingigantiva, schiacciando paure e rimorsi. Non aveva fatto nulla al marito. Non l’aveva tradito. Per il momento. E nulla avrebbe fatto, forse, però quel forse se lo teneva, guidando sui confini del lago.
Passò la spiaggia di Reno, salita, discesa e lo sperone, nel quale avevano incastonato come una pietra dura l’abbazia dedicata a Santa Caterina del Sasso.
Fermando lo scooter al posteggio s’accorse che faceva caldo. Sfilò il maglione, ripose il casco nel portaoggetti, rimise gli occhiali da sole e decise che ci sarebbe stato il tempo di farsi tutta la scalinata. Né era intimorita dal ritorno, centinaia di gradini contro la forza di gravità.
Arrivò in basso, entrò nel porticato che conduceva alla chiesa. S’affacciò sul lago. Vele bianche sfidavano onde degne di rispetto; di fronte le isole, la sponda piemontese, Stresa, Verbania, il braccio che s’infilava verso Gravellona Toce, le montagne in crescendo sino ai ghiacci delle Alpi. Aveva fatto molta neve quell’inverno.
Il portone della chiesa era bloccato. Beatrice non ci rimase male, non aveva voglia di pregare, solo un po’ d’ombra perché il sole alto e la scalinata in discesa le avevano messo sete. Si sentiva sudata, impresentabile. Pensò ai gradini da ripercorrere in senso inverso come ad una scocciatura. Avrebbe dovuto pensarci bene, prima di lasciarsi scivolare dall’alto al basso, verso le acque del Verbano. Non era una sportiva, ma da lì a Reno di Leggiuno ci sarebbe stato il tempo di mettersi un po’ in ordine.

***  

“Gentili telespettatori, oggi potrebbe anche decidersi il Giro d’Italia. Tu che ne pensi, Paride?”
“Anzitutto un saluto anche da parte mia al pubblico televisivo, che ancora una volta, letti i dati auditel, nella tappa di ieri con arrivo a Ortisei è rimasto per ore incollato davanti al teleschermo.”
”E oggi abbiamo ragione di credere che sarà lo stesso, perché con oggi iniziano tre giorni pazzeschi.”
“Al termine dei quali si saprà chi potrà vestire definitivamente la Maglia Rosa.”
“Con pieno merito, perché solo un campione di razza può reggere a queste tre tappe infernali.”
“Intanto oggi si comincia con una giornata di quelle che hanno fatto la storia del ciclismo, reso eroi atleti ammirati da tutto il mondo degli appassionati di questo sport.”
“E sì, oggi danno persino neve, al Passo Giau, al Pordoi.”
“Qui al traguardo di Bolzano tira vento e scende un’acqua di ghiaccio. Freddo intenso, anche se non nuovo per i tapponi dolomitici, che hanno contrassegnato le vicende dei Giri d’Italia.”
“Ecco una notizia d’agenzia…la leggo così come mi è arrivata…neve allo Stelvio, Cima Coppi di questa edizione del Giro. Quindi è in forse il passaggio domani…c’è il rischio concreto di un ridimensionamento della tappa.”
“Intanto ricordiamo ai telespettatori cosa attende i corridori. Questi i passi dolomitici di oggi: Sella, Fedaja, passi che i corridori hanno già valicato in questo momento della corsa. Ora stanno scalando il Passo Giau…purtroppo non abbiamo immagini in diretta, gli elicotteri che garantiscono il ponte non hanno potuto levarsi in volo, non resta che accontentarsi delle notizie via radio…”
“Come ai vecchi tempi, caro Paride. Dunque, stavi elencando le fatiche di oggi: Giau, e poi Falzarego, Pordoi, picchiata di nuovo su Canazei, passo di Costalunga, che non è un gran passo rispetto agli altri, ma arriverà al termine di una giornata da tregenda, quindi la picchiata conclusiva per la Val d’Ega, con arrivo a Bolzano.”
“Oggi niente arrivo in salita, quindi forse la classifica potrebbe risultare immutata, ci sarà il tempo di recuperare in discesa, e ricordiamo che Togni, a differenza di Marchi, in discesa è una moto. Rischia, qualcuno dice anche troppo, ma lui risponde che il rischio è la benzina del ciclismo, come la sofferenza è il suo ossigeno.”
“Nemmeno il tempo di prendere fiato e domani ancora in sella, per una seconda tappa di montagna, con la Cima Coppi al Passo dello Stelvio, duemilasettecentosessanta metri sul livello del mare.”
“Dove, come già detto, in questo momento sta nevicando a larghe falde. C’è chi mette in dubbio la regolarità della tappa di domani, ma le previsioni meteo fanno ben sperare. La perturbazione che oggi rende la vita difficile ai corridori, domani sarà nella ex Jugoslavia, e da ovest è previsto sereno.”
“Non possiamo che augurarlo ai campioni che domani avranno, dopo la partenza da Bolzano, il passaggio a Merano, subito salita lieve, svolta a sinistra a Prato allo Stelvio e poi via, verso la Cima Coppi. Previsto un  traguardo volante a Trafoi, il paese del grande sciatore Gustav Thoeni.”
“Stelvio, picchiata su Bormio, l’alta Valtellina e poi di nuovo svolta a sinistra, questa volta verso il Mortirolo.”
“Che non sarà lo Stelvio in quanto ad altitudine, ma non ha nulla da invidiargli in quanto a difficoltà.”
“Discesa in Val Camonica e arrivo in salita all’Aprica, un arrivo che spesso ha visto concludersi tappe del Giro d’Italia.”
“Infine dopodomani. Potrebbe essere considerata una tappa di trasferimento, quella che dall’Aprica condurrà i girini a Varese. Se non fosse che a pochi chilometri dall’arrivo gli organizzatori hanno voluto rendere la vita difficile ai corridori, con la doppia ascesa del Cuvignone e con l’arrivo in salita al Campo dei Fiori.”
“Ci comunicano che gli elicotteri si sono alzati, approfittando di un buco fra le nuvole…dovrebbero vedersi le prime immagini, probabilmente a metà del passo Giau…ecco, sì, quella è la testa del gruppo, un gruppetto di una decina di uomini…ma si fa una gran fatica a distinguere le maglie, le immagini ci giungono in bianco e nero…”
Sullo schermo apparvero ombre sbiadite di uomini che pedalavano nella nebbia. La sequenza resse pochi istanti, poi il collegamento venne nuovamente interrotto.

***  

Beatrice aveva ripercorso a ritroso la scalinata con leggerezza. Non pensava ai gradini, ai passi in successione, non sentiva la fatica. Distratta da lui, che la attendeva verso le quattordici sulla spiaggia di Reno.
“Se è bello vengo in moto” le aveva detto. Bello era bello, e certo si sarebbe sorpreso di trovarsela in scooter.
Ce l’aveva nel petto eppure lo teneva a bada. Perché, superato l’inizio, quando stava per annegare nell’emozione, le cose procedevano  sotto il suo controllo. Ogni tappa era preparata. Con il crescere del rapporto, saliva un muro fra la sua vita di moglie e quella nuova di amante non ancora compromessa. Un muro che le permetteva di reggere i due ruoli. Quella bugia non era così grave da darle sensi di colpa. A lui il compito di interpretare una donna indecifrabile.
Ci mise poco a raggiungere la periferia di Reno. Era in anticipo. Pensò di fermarsi in un bar, mezzo chilometro non di più da una delle spiagge più frequentate di tutto il lago.
Nel bar la tele era accesa, gracchiavano notizie di un telegiornale. Beatrice ordinò un’aranciata amara, non fredda. Si sedette a un tavolino e finse di seguire le notizie dal video ma pensava all’ora che s’approssimava. 
“Perché non metti sul Giro?” disse uno che stava seduto vicino al flipper, rivolgendosi al gestore del locale.
“C’è già il collegamento?” fece l’altro.
“Ma non sai che tappa c’è oggi?”
Te ghè resùn...Dolomiti…”
“Tanto se lo porta a casa il Marchi il Giro…sabato sono su al Cuvignone…”
“Io vado al Campo dei Fiori.”
Arrivarono le immagini in diretta dalle Dolomiti.
“Fischia, che tempo da lupi” disse uno dei presenti. “Mi sbaglio o sta nevicando?”
“Se stai zitto, magari sentiamo…”
Beatrice chiese scusa e uscì dal bar.
L’ansia la stava opprimendo.
Lo chiamò al cellulare. Concordarono di trovarsi da un’altra parte.

***  

Al passo di Costalunga, ultima asperità di quella giornata d’inferno, le nubi sfioravano la sommità delle creste del Catinaccio. Si stavano alzando, non pioveva più, chiazze di sereno macchiavano l’orizzonte verso ovest, ogni tanto raggi di sole bucavano la coltre e scaldavano l’aria. Solo scintille perché i buchi presto si tappavano, tornava il vento e il freddo impossibile.
Marco concentrava ogni sforzo per evitare di pensare al giorno dopo. Restava lo scollinamento e il budello della Val d’Ega, con l’arrivo a Bolzano.
Aveva dentro un freddo vorace, le salite erano finite, forse si sarebbe scaldato un po’ nei lunghi rettilinei a pochi chilometri dal traguardo, ma intanto restava tutta quella discesa. Da un tifoso a bordostrada ebbe La Gazzetta dello Sport da infilarsi sotto la maglia, ma era carta velina.
Dall’ammiraglia gli allungarono una mantellina. Cercò di infilarsela ma non poteva permettersi di farlo con calma. Togni era una furia in discesa, Marchi aveva penato a non farsi staccare lungo tutti i tornanti precedenti. Forse il bergamasco aveva in animo di braccarlo ancora, di ferirlo proprio in quell’ultima pendenza. Tutti gli uomini di classifica erano insieme, in quel gruppo, forte di una trentina di atleti sfiniti, irriconoscibili.
Nikanov, suo gregario, cercò di dargli una mano ma quella manica non entrava. Quindi la scelta: fermarsi per infilarsela con calma, togliersela del tutto e morire di freddo, fermarsi col rischio che l’altro partisse a tutta, tenersela su a metà, scomoda, col rischio di cadere; scelse la sosta, ci avrebbe messo pochi secondi, sarebbe rientrato subito, Togni non sarebbe stato così bastardo. Quella sua Maglia Rosa avrebbe perso ogni dignità. E perché? Altre volte non era forse successo che un ciclista carogna aveva approfittato per partire? E lui che avrebbe fatto, al posto di Togni? Aveva la coscienza a posto?
Si fermò, le mani erano insensibili, tremava, provò a sbatterle l’una contro l’altra, a sfregarle, subito sentì la frenata dell’ammiraglia della Toshibas Bike, il direttore sportivo allarmato che sacramentava.
“Ma che stai facendo?”
“La mantella…dammi una mano…presto, presto…”
Per farlo ripartire più alla svelta, uno dello staff lo spinse verso valle, facendo pressione sulle sue natiche, dure come un’incudine.
Passò dal lago di Carezza, e subito dopo Togni era già ripreso. Era stato un signore.
Marco mise in bocca qualcosa, barrette e liquidi, ogni sostanza lo nauseava, aveva la bocca infiammata, non poteva dire d’aver sete eppure soffriva.
Il gruppetto era una freccia lanciata velocissima in direzione di Bolzano. Passarono a tutta una galleria malamente illuminata.
Alla loro sinistra un guard-rail poco affidabile, rocce, boschi e, al limitare inferiore di quella vallata stretta, il torrente Betaler ruminava sassi e schiuma.
Pochi i tornanti ma la strada era stretta, il fondo bagnato con qualche chiazza d’asciutto, segno che la temperatura era in rialzo.
Marco prese fiato: Beppe Togni non dava l’idea di voler scattare ancora, dopo che l’aveva fatto per tutta la giornata, e dopo che anche lui ci aveva provato sul Giau e sul Pordoi. Del resto spettava a Marchi l’ònere della prova, toccava a lui sfilargli di dosso la Maglia Rosa, che l’altro si teneva bene abbottonata.
Prese fiato anche perché vedeva azzurro all’uscita della Val d’Ega. Ci sarebbe stato il sole, domani, lungo le rampe dello Stelvio e del Mortirolo.

***     

Arrivata di nuovo alla deviazione per Santa Caterina del Sasso, Beatrice fermò lo scooter. Non riusciva a scacciare dagli occhi le immagine televisive del Giro d’Italia. Cercò una zona in ombra. Il sole la infastidiva.
Pensò alla fatica di Marco. Gli buttava addosso altro fango?
Lo chiamò di nuovo al cellulare: “Non me la sento…facciamo domani…”
“Ma che hai?”
“Niente…vedo l’arrivo della tappa…”
“Non capisco…prima prometti….”
“Se non capisci sono affari tuoi…se ti va bene, domani…”
“E adesso t’arrabbi…”
“Scusa, facciamo domani, non cambia nulla…ti richiamo stasera…”
Ci mise poco a rientrare in casa. Entrò e accese la tele prima ancora di togliersi il casco. Si sedette. Sintonizzò su Rai Tre. Posò il casco, le chiavi e gli occhiali da sole sopra il tavolino con il piano di cristallo. Alzò il volume. Il gruppetto dei fuggitivi era all’ultimo chilometro. Né Marco né i migliori stavano lì. I telecronisti le fecero sapere che non era in pericolo né la Maglia Rosa né il secondo posto di Marco Marchi, della Toshibas.
Altre immagini; questa volta lo vide, un’ombra a ruota di Togni. Ebbe la tentazione di chiamarlo per la terza volta, di annullare tutto. Si trattenne, vide l’arrivo, sospirò.
Attese lo spazio delle interviste, si versò una bibita fresca.
Nel ristoro della bevuta, risentì la piacevolezza delle ore trascorse con lui. Non stava facendo nulla di male. A Marco cosa rubava? 
Intervistato dal cronista Rai, Marco aveva detto: “E’ stata dura. Domani non sarà da meno, speriamo nel sole, oggi il freddo ci ha preso alla gola.” E l’altro: “Attaccherà sullo Stelvio o sul Mortirolo?” E Marco: “Saranno le gambe a comandare.”
Beatrice girava per casa scalza, inquieta. Andò in cucina ma non aveva voglia di pensare alla cena.
Suonò il telefono. Era lui.
“Ciao…stai meglio?”
“Ciao, perché hai chiamato qui?”
“Non sei sola?”
“Sì.” Pausa. “Che vuoi? Ti avrei chiamato io. Più tardi.”
“Non ho resistito.”
Beatrice sentì una vampata sul viso.
“Voglio vederti…adesso…” Silenzio. “Mi ascolti?”
Beatrice era nel panico.
“Ti amo…dobbiamo decidere…devi decidere…Io la mia scelta l’ho già fatta.”
     
                                                                                                   11-continua