giovedì 28 febbraio 2013

Ma par a mi


Se non avete mai provato questi vissuti, compratevi una bella bicicletta!


Ma par a mi

Ma par a mi, intànt ca vò stasìra,
carezà dal gran su di nost tramùnt,
che dabùn ho truà incöö la manèra
par pudè vess cuntènt da restà al mund.

Ul vent ligèer e frèsch cunt mi pedàla,
fischièta la canzùn di dì seren,
quand ta par propri che nissün s’amala
e tirà ‘n là ‘l carèll a l’è ‘n gran bèn.

Ta par pusìbil, inscì, pudè vess bun,
adòss te gh’hètt argent, tant me ‘n fiurèll
e tütt i to fastìdi… in dun cantùn,
e a pensàgh bèn, anca ti te pàrat bèll.

La dona, i fiö, la cà, la gàta, ul lètt
hinn ‘na surgènt da bèev par chi l’è a sècch;
e alùra curi, ma spècia ‘n bel quadrètt,
fo ‘na la biciclèta, drizi ‘l bècch.

La me nasta la dìis che ‘l bon udùur
‘rìva propri da là, dula me cà.
E mi pedàli…sigür…sunt un signùur;
senza danée in sacògia pörti amùur.

17 dicembre 2009


 Mi sembra

Mi sembra, intanto che vado stasera,
accarezzato dal gran sole dei nostri tramonti,
che davvero ho trovato oggi la maniera
per poter essere contento di stare al mondo.

Un vento leggero e fresco pedala insieme a me,
fischietta la canzone dei giorni sereni,
quando ti sembra proprio che nessuno si possa ammalare
e tirare in là il carrello è un gran bene.

Ti sembra possibile, così, poter essere buono,
ti senti l’argento addosso, come un ragazzino
e tutti i tuoi fastidi…in un angolo,
e a pensarci bene, anche tu sembri bello.

La donna, i figli, la casa, la gatta, il letto
sono una sorgente da bere per chi è a secco;
e allora corro, mi aspetta un bel quadretto,
faccio andare la bicicletta, drizzo il ‘becco’.

Il mio naso mi dice che il buon odore
arriva proprio da là, dalla mia casa.
E io pedalo...sicuro…sono un signore;
senza soldi in tasca porto amore.





Non ti conosco più

Ciao a tutti
sabato 2 marzo alle ore 21 presso il cinemateatro Politeama di Varese le associazioni
Centro Aiuti per l'Etiopia e Associazione Cicogna Solidale Onlus
vi invitano allo spettacolo teatrale "Non ti conosco più" messo in scena dalla compagnia "Attori per caso" diretta da Agostino Landi

Vi allego locandina e volantino per ulteriori dettagli e il link all'articolo di Varese News

http://www3.varesenews.it/varese/a-teatro-per-i-bambini-di-etiopia-e-bielorussia-256486.html

Vi aspettiamo numerosi

Paola


La quadratura del cerchio


Il libro ripercorre le vicende di tre personaggi con caratteristiche
completamente diverse: una persona molto emotiva che sembra
mettere al centro della sua esistenza i propri sentimenti, che diventano
il vero motore delle scelte di vita orientate ostinatamente
all’inseguimento di un sogno. Un secondo personaggio, solido,
brillante, che appare come destinato al successo e alla considerazione
degli altri e che vive le proprie affermazioni professionali quasi con
noncuranza e con un pizzico di incredulità. Infine il terzo protagonista,
che viene trascinato in giro per il mondo dalla sua curiosità, dal fascino
del nuovo, dai colori e dai suoni del mondo. Le strade di questi
personaggi confluiranno in un epilogo comune in cui, in maniera
sorprendente,emergerà il tratto comune delle tre esistenze.
emergerà il tratto comune delle tre esistenze.
Info: 3385337641| macchione.pietro@alice.it | www.macchionepietroeditore.it

Presentazione: domenica 3 marzo ore 18  libreria Feltrinelli di corso Moro a Varese

presenta: Gianfranco Giuliani   giornalista La Prealpina
letture di Marco Airoldi




Appello MA.GA


APPELLO
25 febbraio 2013
PERCHÈ IL MA*GA NON SI FERMI
Il 14 febbraio un incendio ha gravemente lesionato un’ala del Museo MA*GA di Gallarate,
interrompendo lo svolgimento della regolare attività culturale. Le opere, salvate durante il divampare dell’incendio, sono oggi conservate in una sede temporanea così come le attività educative e culturali sono provvisoriamente ospitate in altre istituzioni cittadine: teatri, scuole, centri e associazioni culturali che si sono strette attorno al MA*GA per sostenerlo e impedire che alla forzata chiusura fisica della sede espositiva segua
quella, ben più grave, culturale e morale. Questo museo che, caso unico in Italia, nasce dalla partecipazione e dall’impegno volontario di cittadini riuniti fin dal 1950 nel Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate, ha oggi bisogno del sostegno delle istituzioni pubbliche e private, degli intellettuali, degli artisti e dei critici di
tutt’Italia, insomma di tutti i cittadini che abbiano a cuore la Cultura. Nel solco della sua tradizione perciò Vi chiediamo di farVi promotori e firmatari di questo appello indirizzato a sollecitare un impegno concreto da parte delle istituzioni pubbliche che affiancano il Comune nella gestione del Museo in qualità di soci fondatori o sostenitori: il ero p
Minister i Beni e le Attività Culturali, la Regione Lombardia e la Provincia di Varese. Più in generale, siamo convinti del ruolo dinamico e propositivo che la Cultura svolge in ogni tempo, ma siamo ancor più convinti che in un’epoca di crisi così generalizzata la Cultura sia l’unica via per costruire una società migliore e che il mantenimento e il potenziamento dei centri culturali sia uno strumento importante per innescare una crescita non solo sociale, ma
anche economica. Per questo invitiamo enti e privati cittadini a contribuire con il loro sostegno alla rinascita del
MA*GA.

Promotori Premio Nazionale Arti Visive Città di GallarArchivio Silvio Zanella Lilliana Bianchi

Ul Binda

 

Alfredo Binda nasce a Cittiglio l’11 agosto del 1902. Negli anni Venti e Trenta dominò la scena del ciclismo internazionale. Si allenava sempre sulla salita che, da Cittiglio, sale al passo del Cuvignone.

 

 

 

Ul Binda

di carlozanzi

Vàrda i sò man e vàrda giò, i garùn,
pö vàlza 'l cò, al ciel sùra Varàar;
cròdan i gòtt, scarlìgan par la frunt
e brüsa 'l cöör, rabiùus sü la salìda.

"Alfred, in gamba" e batt i man ul vecc.
"T'è vist ‘ma'l bòfa ul Binda. Pòar patàn."
Làssa i cà da Varàar, pö tàca 'l bosch,
ga n'è da pedalà p’al Cüvignùun.

Cerca n'òmm la sò vall, in mezz ai frasch;
spera n'òmm la sò cima, e tanta voja
da mett giò ‘l pè, finìla lì la storia.

Spùngian i cramp, sciòpan i garùn,
fadìga dì par dì ‘nà al Cüvignùun
par turnà giò ‘n dul vènt, cuntènt me'n spùus.

17 aprile 2006






Il Binda

Guarda le sue mani e guarda giù, le cosce,
poi alza la testa, al cielo sopra Vararo;
scendono le gocce, scivolano per la fronte
e brucia il cuore, rabbioso sulla salita.

“Alfredo, in gamba” e batte le mani il vecchio.
“Hai visto come soffia il Binda. Povero bambino.”
Lascia le case di Vararo, poi attacca il bosco,
ce n’è da pedalare per il Cuvignone.

Cerca un uomo la sua valle, in mezzo alle frasche;
spera un uomo nella sua cima, e tanta voglia
di mettere giù il piede, finirla lì la storia.

Pungono i crampi, scoppiano le cosce,
è una fatica giorno dopo giorno andare al Cuvignone
per tornare giù nel vento, contento come uno sposo.


 

Voglia di sole, di caldo, di bici e di salite. 


mercoledì 27 febbraio 2013

I problemi li avrà Grillo


Di Grillo invidio una sola cosa: è riuscito a far votare per il M5S Fiorella Mannoia. Io, sostenitore della complessità dell'esistere, non verrò certo a semplificare il fenomeno Grillo, che ha la sua complessità. Ma una cosa mi sento di dirla: il suo successo sta creando problemi a tutti, ma il primo ad averne sarà proprio Beppe, nuovo re d'Italia. E' inutile che vada in giro a dire, con supponenza, che loro non fanno accordi con nessuno, che si tornerà presto al voto e che allora il M5S farà razzia. Chi lo dice? Anzitutto potremmo andare tutti  a fondo (Grillo compreso) prima di allora. Secondo: chi lo dice che stravincerà ancora? Terzo: e anche se ciò succedesse, crede di poter governare l'Italia con le sue mirabolanti ricette? Da solo o al massimo con il suo amico riccioluto? Grillo si è messo nei casini. Fossi in lui non dormirei la notte. Lo sa bene che fine fanno gli 'eroi', messi sull'altare a furor di popolo!

Un anno fa

                                                                                            foto carlozanzi

Un anno è volato, cara Madda. Ricordi? 110...e la lode sei tu

Papa emerito


Non abbandono la croce, resterò accanto alla croce in modo nuovo....

Nel Papa emerito (così si chiamerà da domani Benedetto XVI) vedo umiltà, consapevolezza del limite, sacrificio per un bene più grande; altrove vedo euforia, smania, manie di grandezza, personalismi, linguaggi inaccettabili, vendette, bugie, ebrezza da potere.
Fra le poche frasi che mi hanno fatto riflettere, questa: "Le battaglie sono giuste, anche quando si perdono."   

Bander a Nassiriya


In questo momento storico, nel quale la nostra Patria ha bisogno di coraggio e serietà, mi è tornata alla memoria questa mia poesia del 2003, dedicata ai martiri di Nassiriya, nostri fratelli morti per la pace.


Bander a Nassiriya

 

A l’è ‘n fregüj la gioia, ‘n boff da vent,
vègnan dal Rosa i nìvul, möör ul su.

Basà dal su ul triculùur sùra ‘l pugiö

vugava al vent dul nuembar malmustùus;

mi pensavi e guardavi quèla föia
scurlàva, strepàva via dal vent ligèer.

Danzava, dasìn-dasìn, l’ültim so ball,
senza prèssa da finì sùra la mügia
di surèll culùur ramm, or e castègn,
brascià dra petenàva dul restèll.

Pensavi a la bandèra e a la tusèta
che speciàvi, setà giò su la banchèta,
e intant la föia, finì ‘na piruèta,
sùra la mügia sa lassàva andà.

Sbatüü da ‘n s’giafutùn dul vent rabiùus,
ul triculùur al s’è slazzà dal so bindèll,
aquilùn senza fil slungà in dul ciel,
vela cunt i culùur du la me tèra.

Cùur la tusèta e cùur in aria ul pagn,
tacà sùra ‘l pugiö par fa memoria,
ma la so gloria la va a quatà la tùsa:
vùgan in tèra, sùra la mügia di föj secch.

Stremìda e smorta, la piang ul me patàn;
ciàpi sü lèe, la bandèra e ‘l me pensà:
‘L’è naòtt, Caterina…chi fiö là…’
Fo citu, insèma a lèe e al triculùur.

Ma ‘l pò guarì ul dulùur, marsc du la vita;
giò in la bàssa, dumàn, nassarà ul su.

                   18 dicembre 2003







Bandiere a Nassiriya

E’ una briciola la gioia, un soffio di vento,
vengono dal Rosa le nuvole, muore il sole.

Baciato dal sole un tricolore sopra il balcone
volava al vento di un novembre malcontento;
pensavo e guardavo quella foglia
scossa, strappata via dal vento leggero.

Danzava, adagio adagio, l’ultimo suo ballo,
senza fretta di finire sopra la pigna
delle sorelle color rame, oro e castagne,
abbracciate dalla pettinata del rastrello.

Pensavo alla bandiera e alla bambina
che stavo aspettando, seduto sulla panchina,
e intanto la foglia, finita una piroetta,
sopra la pigna si lasciava andare.

Sbattuto da uno schiaffone di vento rabbioso,
il tricolore si è slacciato dal suo nastro,
aquilone senza filo allungato nel cielo,
vela con i colori della mia terra.

Corre la bimba e corre in aria il panno,
attaccato sopra il balcone per fare memoria,
ma la sua gloria va a coprire la bambina:
cadono a terra, sopra la pigna di foglie secche.

Impaurita e smorta, piange la mia bambina;
prendo su lei, la bandiera e il mio pensare:
‘Non è niente, Caterina…quei ragazzi là…’
Faccio silenzio, insieme a lei e al tricolore.

Ma può guarire il dolore, parte marcia della vita;
giù nella bassa, domani, nascerà il sole.





Qualcosa devo scrivere su Roberto Maroni


Qualcosa devo pur scrivere su Roberto Ernesto Maroni detto Bobo, anche perché solo tre persone al mondo hanno scritto un libro su di lui (che poi il terzo libro è stato dettato al giornalista da Maroni stesso) e io poi sono stato il primo, con il mio 'Maroni l'arciere' datato addirittura 1994. Bobo, cioè il nuovo governatore della Lombardia. Comincerò col dire che non ho mai votato Lega, probabilmente non l'avrei fatto comunque ma mi è risultato del tutto impossibile dopo il 1994, data la costante alleanza con il cosiddetto Cavaliere (dei miei stivali). Bè, intanto faccio i complimenti a Maroni, che mette un altro tassello prestigioso alla sua brillante carriera politica. E' il politico varesino di tutti i tempi con il palmarès più ricco. Il fatto che non l'abbia mai votato non significa che non ne ravvisi i meriti, l'abilità politica, l'idealità (soprattutto degli inizi, dato che lasciò un sicuro e ben pagato lavoro per seguire il visionario Umberto Bossi) e una buona dose di coraggio. Non condivido però tutto ciò che dice, e in particolare questa ipotesi delle macroregioni nordiche. 
Buon lavoro al Pirellone, caro Roberto.

martedì 26 febbraio 2013

Madòna di me fiò



Madòna di me fiö

di carlozanzi


Ave Maria, stasira ghè ‘na mama
ca la sa pü se fà, dumà pregà.
Mama ca l’ha tentà tucc i manèer
e incöö varda i so fiö c’hinn drè a scapà.

Scapà föra da cà senza n’amùur,
senza danèe e ‘na benediziùn cùma sa dèev;
sbatüü dul vent dra rabia e delusiùn
e senza ‘n laurà par mangià e bèev.

Madòna benedèta, ma la fà
‘na pora dona a tegnì d’acùnt ul cöör?
Durmì cunt ul so omm senza pensà
ai sò carö, stremì in dul dì cal möör?

Ave Maria, Madòna pelegrina,
va inanz cunt la to fiàma, fagh da lüüs,
scalda i me fiö quand riva ul frècc barbìn,
fagh capì sa l’è ‘l càas da picà ‘l müüs.

Mama dul ciel, g’ho dai la me sustànza,
ul mèi di me pensèer e di me man;
incöö ma par a mi che ‘sta bundànza
l’è servida a nagòtt, destìn vilàn.
 
M’hann tirà giò la pèll, g’ho dai tüsscòss
ma g’hann la libertà, la vàar me l’òor.
Ma tòca supurtà ‘sti dì balòss,
piang e pregà, sperà, regalà amùur.

Ave Maria, Madona di me fiö,
sunt prunta a disfescià tutt quel ca gh’ho,
murì ma vedej ‘nà cunt un surìis:
sarìa, par mi, l’istèss d’ul paradìis.

 17 dicembre 2009

 




Madonna dei miei figli

Ave Maria, stasera c’è una mamma
che non sa più cosa fare, solo pregare.
Una mamma che ha tentato in tutti i modi
e oggi guarda i suoi figli che stanno scappando.

Scappare fuori di casa senza un amore,
senza soldi e una benedizione come si deve;
sbattuti dal vento della rabbia e della delusione
e senza un lavoro per mangiare e bere.

Madonna benedetta, come fa
una povera donna a conservare il cuore?
A dormire con il suo uomo senza pensare
ai suoi figli, spaventati nel giorno che muore?

Ave Maria, Madonna pellegrina,
vai avanti con la tua fiamma, fai da luce,
scalda i miei figli quando arriva il freddo che fa rabbrividire,
fagli capire se è il caso di picchiare la faccia.

Mamma del cielo, ho dato loro la mia sostanza,
il meglio dei miei pensieri e delle mie mani,
oggi mi sembra che questa abbondanza
non è servita a niente, destino villano.

Mi hanno spellata, gli ho dato tutto
ma hanno la libertà, vale quanto l’oro.
Mi tocca sopportare questi giorni dispettosi,
piangere e pregare, sperare, regalare amore.

Ave Maria, Madonna dei miei figli,
sono pronta a eliminare tutto quello che ho,
morire ma vederli andare con un sorriso:
sarebbe, per me, come il paradiso.











Il racconto del mercoledì

                                                                                             foto carlozanzi


La grande nevicata del duemilatredici

di carlozanzi

Incontrò un suo coetaneo. Da lì partì l’idea della preghiera e tutto il resto. Era il ventidue febbraio del duemilatredici, un caldo fuori stagione, venti gradi e le prime, temerarie cavolaie a regalare zigzaganti giallotenui ai giardini tardoinvernali.
“Chi si vede.”
“Eccolo qua…come te la passi?” disse lui.
“Ma lo senti che caldo?” e una scrollata di capo. “Oimè…”
“Oimè?”
“Siamo in inverno. Ma le belle nevicate di una volta? Te le ricordi?”
“Certo, ma…”
“Neve su neve” e fece il segno con la mano, fermandosi all’altezza dell’ombelico.
“Bè, non esageriamo…”
“Vedo che perdi la memoria. Battaglie a palle di neve, scuole chiuse…le stagioni erano stagioni, quattro stagioni belle nette, definite…e quelle nevicate!” e rifece il gesto con l’altra mano, arrivando sino ai capezzoli.
Si salutarono. A lui rimase una diffusa amarezza, che lo condusse nella vicina chiesa parrocchiale. Si inginocchiò. Pregò:
“Signore che governi gli elementi, Dio della natura e delle nevicate di una volta, ti prego. Non lo dico per la neve, che pure amo, e lo sai, lo dico per tutti i cinquantenni che sono intossicati dalla nostalgia del tempo che fu. Non hanno sessant’anni e campano di ricordi. Si precludono il futuro. Stanno sprecando ciò che resta loro da vivere. Questo non lo sopporto. Signore, se ci sei, manda una bella nevicata  di una volta. Avrei una prova inconfutabile del tuo esistere – per me sarebbe essenziale - e potrei raccontare ai miei coetanei che il futuro può essere promettente. Mi dirai –Ma fuori ci sono venti gradi e le magnolie hanno fretta, pretendi un po’ troppo- So che lo puoi fare, mio Dio. E così sia.”
Uno scarabocchio di segno di croce e uscì nell’abbaglio di un ventidue febbraio certamente estivo.
Attese. Già la sera si rannuvolò. Brusco cala delle temperature il giorno dopo, ventitré febbraio, con cielo sbarrato da una compatta controsoffittatura grigiastra. La sera, dopo il tramonto, i primi fiocchi.
La notte non dormì, meglio, dormì male, si alzò a più riprese a vigilare, scrutando fra le fenditure della tapparella. Nella luce del lampione trovava conferma del suo sogno, i fiocchi scintillavano, si rincorrevano, festeggiavano il loro ritorno. Nevicò a larghe falde, ininterrottamente, il ventiquattro e il venticinque febbraio, sino alle sedici e trenta. Ottanta centimetri ne nevicarono dal cielo, di quella neve bella, candida e leggera, che s’aggrappa anche al più esile filamento, che pittura di biancolatte ogni sporgenza, stucca ogni fessura, gelida farina setacciata dall’immenso setaccio mosso dalle mani di quel Dio che l’aveva accontentato.
Lo videro l’ultima volta il venticinque febbraio, verso le diciassette, andare incontro al tramonto in un pubblico parco cittadino, saltellando nella neve intonsa,  talvolta rotolando, rialzandosi, spolverandosi via la fiocca, e poi di nuovo la danza della festosa allegria per una neve di quelle di una volta. Chi lo conosceva bene disse che probabilmente aveva fatto una scoperta importante, non era sufficiente la nevicata a giustificare tanta euforia. Forse, finalmente, aveva incontrato Dio.





Alberto, Momo e un gatto metallico

                                                                 foto carlozanzi

Alberto Zuffi detto 'il senatore' (a sinistra) e Carlo Moruzzi (detto Momo), in sella al suo gatto delle nevi. Momo sta preparando una pista super al Brinzio (dove sono caduti almeno 50 centimetri di neve, evento assai raro per la fine di febbraio), domattina alle 9, a Dio piacendo (essendo fortunatamente il mio giorno libero)  sarò lì. So che Beppe Grillo ha attraversato a nuoto lo stretto di Messina, ottimo nuotatore, da genovese qual è: bè, in questo lo lodo, almeno il Ponte sullo Stretto non l'ha messo nel suo programma.

Pippo, Carlo e il tramonto

                                                                  foto alberto zuffi

Mi sono goduto il tramonto di oggi insieme al mio amico Pippo (eccelso tecnico dello sci nordico). Ho anche assistito al tramonto di un'era politica, all'irruzione di una novità, di molte novità, alla conferma che la democrazia è il male minore (ma pur sempre una soluzione molto imperfetta in un mondo imperfetto che soluzioni migliori non ne ha). Domani è un altro giorno, si vedrà.

Come Napoleone all'Isola d'Elba

                                                                       foto carlozanzi

Visto che qui tutti hanno manie di grandezza, c'è chi pensa di essere il salvatore del mondo (salvatore minuscolo) e chi di essere immortale e assolutamente indispensabile all'umanità, perché mai io non doverei essere Napoleone in volontario ritiro sull'Isola d'Elba? Lontano dal mare, ho scelto l'esilio a Brinzio. Avrei voluto annegare nella neve (si noti il mio tentativo di suicidio) poi la Bellezza mi ha salvato. 

Le macroregioni nelle piccola Brinzio

                                                              foto carlozanzi

Intorno alle 16.45  di oggi, martedì 26 febbraio, stavo completando il mio secondo giro (anello di Km 4) sulla pista di sci nordico del Brinzio (in foto, un vero eden) quando il mio amico Pippo Gazzotti, che sciava con me un po' distante, si è fermato, ha risposto al cellulare, ha cercato di raggiungermi urlando: "Ha vinto Maroniiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!" Ho finto di non aver capito, ho guardato il Campo dei Fiori, poi la neve e mi sono detto: "Speriamo che duri almeno una settimana, fa un po' troppo caldo."

Grillo a Genova, io a Brinzio

                                                                       foto carlozanzi

Mentre Grillo parlava dalla sua casa di Genova, dicendo che lui non è contro il mondo e valuterà legge per legge, problema per problema, io mi stavo recando in auto a Brinzio. Grillo avrà avuto davanti molti estasiati genovesi e il suo mare, io nessuno e la mia neve. Eccola. Non so chi, fra me e lui, era più felice.

lunedì 25 febbraio 2013

Danèe danà


Sono amareggiato e non posso negarlo. Sono anche preoccupato per il futuro. A volte, in questi casi, è meglio staccare un attimo e metterla sul ridere (anche se ci sarebbe da piangere), e allora mi è tornata alla mente questa mia vecchia 'bosinata' (poesia satirica) che tocca un argomento attuale, visto che c'è qualcuno che (in modo del tutto irresponsabile, con la faciloneria che solo l'ignoranza può regalare) vorrebbe liquidare l'euro. Ebbene, in effetti anche il personaggio di questa mia poesia in dialetto non era del tutto favorevole alla nuova moneta.

Danée danà

Quest’ann, ‘nütil negàll,

ghè scià ‘na nuità

da quij ca cambia ‘l mund
e i danée par cumprà.

Ul Prodi ‘l vusa: ‘Evviva!’
Ul Fazio al dis: ‘Che bell!’
Al rìid anca ‘l Tremonti,
ga bala ‘l barbarèll.

La Lira l’eva vègia,
età du la Bagìna
opüür, par i busìtt,
ricover al Mulìna.

Al so post rìva l’Euro,
e semm turnà fredèj,
cumpàgn da Adàm ed Eva,
quand évan biòtt e bèi.

Ma l’è tütt or sa’l brìla?
Cuminci a vess cuntràri.
Sémm paregià ai Tudèsch,
so no sémm fai n’afàri.

I giùin, svelt da cò,
fann festa a sto prugrèss.
Impàran a cuntà,
sa spàian, ‘mè dev vèss.

Mi d’ann gha’n’ho già assée
e dòrmi pü la nott,
par via da ‘sti danée
capìssi pü nagòtt.

Intànt ho già cumprà

da prèssa ‘n eur-burzìn.
Quéll vecc l’eva tropp strécc,
l’ho regalà al neudìn.


La mòrt vegn cunt i rest,
sa pò pü ‘rutundà,
dev vèss propri quéll lì
ul prézzi da pagà.

Tra föra ‘l tò burzìn
e cünta pian pianìn,
munéda par munéda
se no ‘l Caìn ta frèga.

Tegn a ment ul tò rest,
intànt la cùa barbòta:
‘Vardè quéll rebambì!’
e inzìga e làgna e sbòta.

E la casèra bòfa:
‘Se avesse il bancomàt!
‘Me cara tùsa, tass,
famm mia dà fö da matt!’

I dìit pàran da gess,
la miée la diss: ‘Fa in pressa!’
E bürla giò ‘n quaicòss,
la storia sa fa spéssa.

In già passà vint dì
ma la spèsa l’è ‘n crüzi,
‘na penitenza grama,
pes, rügàva, stremìzzi.

Prodi, Fazio, Tremonti,
se pö vegni a scuprì
che il nostar PIL maràa
l’è n’acamò guarì

fò mi la secesiùn,
ciami in piaza i vegìtt
e via cunt i tumàtis,
verz marsc, fasö, curnìtt.

E pö, lassèm rimà,
fèmm mia narànz dai pomm.
La Lira: bela tùsa.
E l’Euro? Dumà ‘n òmm.                                        

9 dicembre 2001










Soldi dannati

Quest’anno, inutile negarlo,
abbiamo una novità
di quelle che cambiano il mondo
e i soldi per comprare.

Prodi urla: “Evviva!”
Fazio dice: “Che bello!”
Ride anche Tremonti,
gli balla il mento.

La Lira era vecchia,
età per il Pio Albergo Trivulzio
oppure, per i bosini,
ricovero alla casa di riposo ‘Molina’.

Al suo posto arriva l’Euro
e siamo tutti fratelli,
come Adamo ed Eva
quando erano nudi e belli.

Ma è tutto oro quello che luccica?
Comincio ad essere contrario.
Siamo equiparati ai tedeschi,
non so se abbiamo fatto un affare.

I giovani, svelti di testa,
fanno festa a questo progresso.
Imparano a contare,
si danno da fare, come deve essere.

Io di anni ne ho già abbastanza
e non dormo più la notte,
per via di questi soldi
non capisco più niente.

Intanto ho già comprato
di fretta un euro-portamonete.
Quello vecchio era troppo stretto,
l’ho regalato al nipotino.

La morte viene con i resti,
non si può più arrotondare,
deve essere proprio quello
il prezzo da pagare.

Tira fuori il tuo portamonete
e conta adagio adagio,
moneta dopo moneta
se no il Caino ti inganna.

Tieni a mente il tuo resto,
intanto la coda brontola:
“Guardate quell’incapace!”
e stuzzica e si lagna e perde la pazienza.

E la cassiera sbuffa:
“Se avesse il bancomàt!”
“Mia cara ragazza, taci,
non farmi diventar matto!”

Le dita sembrano di gesso,
la moglie dice: “Fai alla svelta!”
E cade a terra qualcosa,
la storia si fa lunga.

Sono già passati venti giorni
ma la spesa è un cruccio,
una penitenza amara,
un peso, un fastidio, uno spavento.

Prodi, Fazio, Tremonti,
se poi vengo a scoprire
che il nostro PIL malato
non è ancora guarito

la faccio io la secessione,
chiamo in piazza i vecchietti
e via con i pomodori,
verze marce, fagioli, cornetti.

E poi, lasciatemi rimare,
non facciamo arance dalle mele.
La Lira: bella ragazza.
E l’Euro? Solo un uomo.


















Preghiera per l'Italia

                                                                                                  foto carlozanzi
                                                                                                                                    foto carlozanzi


Questo pomeriggio, verso le 15, mentre si chiudevano i seggi e iniziavano le operazioni di spoglio (so cosa vuol dire, ho fatto più volte lo scrutatore e il presidente di seggio) sono salito alla Madonna del Monte, gustandomi la copiosa nevicata di questo 25 febbraio da ricordare. Ho ammirato (in foto, la Quarta Cappella e Sant'Ambrogio) e pregato, ma non mi sono ricordato di pregare anche per l'Italia. Tornato a casa ho visto i primi riscontri delle urne. Stiamo vivendo un passaggio assai delicato. Penso sia il caso di pregare per l'Italia.

Le belle nevicate di una volta

                                                                                         foto carlozanzi

Le frasi celebri (pronunciata con tono melanconico-nostalgico):

"E' un gran peccato davvero, perbacco: non ci sono più le belle nevicate di una volta!"

la foto è stata scattata lunedì 25 febbraio, ore 9 circa, parco comunale di Villa Toeplitz, a Varese

domenica 24 febbraio 2013

Fiàa dul me lag

                                                                        foto carlozanzi



Fiàa dul me lag

Pell taiava dai remm,

dal salt dul bucalùn;

pell da védar e ‘l sass,
ul böcc, anei d’aqua.

Salta ‘l gubètt,
bàlan inguìla e canètt
e la barca, lama che taia.

Föra di böcc e di taj,
fiàa dul me lag,
la nebia, dasi dasi,
ragnéra da vapùur, fümm frecc,
bràscia sü i to riv,
sura ‘l Sass rampèga ‘l Camp di Fiùur
e la cità.

Varès cugnòss mia ul so lag,
giò in la bassa,
scundüü in du la nebia, in dul cald,
aqua trasava dal gramm dul laurà.

Ma incò salta la scàrdula e ‘l pèrsich,
cùur ‘me ‘n danàa ul lüsc rabiùus,
la tènca magna la pàlta dul fund
e l’aria vèn föra, ‘na bòla,
tanti boll sura la pell bagnàva.

Fiàa dul me lag,

aqua viva.

2° classificato ex aequo Premio di poesia ‘Nino Cimasoni’ 
Induno Olona   27 settembre 2003


Fiato del mio lago

Pelle tagliata dai remi,
dal salto del boccalone;
pelle di vetro e il sasso,
il buco, anelli d’acqua.

Salta il gobbino,
ballano l’anguilla e le cannette
e la barca, lama che taglia.

Fuori dai buchi e dai tagli,
fiato del mio lago,
la nebbia, adagio adagio,
ragnatela di vapore, fumo freddo,
abbraccia le tue rive,
sopra il Sasso arrampica il Campo dei Fiori
e la città.

Varese non conosce il suo lago,
giù nella bassa,
nascosto nella nebbia, nel caldo,
acqua sprecata dalla parte cattiva del lavoro.

Ma oggi saltano la scardola e il persico,
corre come un dannato il luccio rabbioso,
la tinca mangia il fango del fondo
e l’aria viene fuori, una bolla,
tante bolle sopra la pelle bagnata.

Fiato del mio lago,

acqua viva.