lunedì 30 giugno 2014

A Silvia...a memoria 9



Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.

Il mio battesimo



Avevo 16 giorni il 1° luglio del 1956, giorno del mio battesimo in San Giovanni, battistero in centro città (foto). Madrina mia zia Luisa, padrino mio zio Bruno. Giornata di pioggia. Porto ancora al collo la catenina che venne benedetta quel giorno e che, probabilmente, tenevo al collo anche allora. Mi battezzò don Ambrogio Cereda. 

Auguri a Marta e Fabio



Buon anniversario di nozze a Marta e Fabio

Vidoletti sempre in festa


Ecco altre immagini della festa di fine anno alla Vidoletti.

Illusioni dirigenziali



Il simpatico dirigente Vidoletti, prof. Antonio, si illude che basti scattare qualche foto in compagnia di giovani e belle colleghe per tornare giovane, e ogni volta ci casca. Pia illusione!

Fine delle lezioni



E così va in archivio anche l'anno scolastico 2013/2014: per quanto mi riguarda, un ottimo anno. Festa finale con la gioia più evidente nei volti delle tre colleghe pronte alla pensione: Aida, Patrizia e Maria.

Aida e Patrizia



Ratifica finale degli esami di licenza media alla Vidoletti, e gli onori della cronaca vanno ad Aida e Patrizia: è la loro ultima firma scolastica. Da domani sono in pensione permanente!!!! Ed io divento a tutti gli effetti il decano della Vidoletti. Infatti Patrizia era l'ultima professoressa arrivata con me in via Manin 3 nel 1984. Chiude quindi con trent'anni alla Vidoletti, mentre io proseguo, in scioltezza.

Illusione e disillusione

                                                                                               foto carlozanzi


L'illusione permette di agire, la disillusione consente di farlo con proprietà di linguaggio

domenica 29 giugno 2014

A Silvia...a memoria 8




Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!

Il cielo sopra Varese

                                                                                    foto carlozanzi

Ecco l'invitante cielo di Varese in questo ultimo fine settimana di giugno. Ora piove e sta partendo dal centro città il campionato italiano elite di ciclismo femminile. Povere ragazze!

Finale mundial




Finale mundial
di carlozanzi

Entrando al bar Sport domenica tredici luglio duemilaquattordici, avvolto nel tricolore, Marco Triacca inciampò sulla stringa slacciata delle sue Nike e finì lungo e  disteso sul pavimento sporco. Sentì una fitta al polso destro. Pensò: ‘Iniziamo bene’ e si rialzò, aggiustandosi la bandiera.
Sorrise, disse “Niente, niente….forza Italia!” e gli amici che erano con lui (Giuseppe Valmaggia detto Peppo e Luigi Salice detto il Mister) si vergognarono per quell’ingresso sbilenco.
Finale dei mondiali di calcio, stadio Maracanà di Rio, in campo Italia e Brasile.
Questo il tragitto degli azzurri di Prandelli: qualificati agli ottavi per il rotto della cuffia, con vittoria sull’Uruguay dopo una partita fiacca, per uno a zero. E quella rete ancora faceva discutere: tiraccio di Balotelli al novantesimo, lontanissimo dalla porta di Muslera, ma sulla traiettoria ecco Immobile che, inciampando sul piede di Alvaro Pereira, aveva perso l’equilibrio, sicché il bolide di Mario avevo colpito la sua natica sinistra, spiazzando l’estremo difensore uruguacio. Agli ottavi l’Olanda, lanciatissima: uno a uno a metà del secondo tempo supplementare, Italia discreta ma nulla più, un Gigi Buffon che aveva parato l’imparabile, infine un clamoroso autogol di Arjen Robben che, poco incline a difendere, aveva passato la palla al portiere Cillessen con poco tatto. Ai quarti il Cile, sorpresa dei Mondiali brasiliani, che negli ottavi aveva rispedito a Madrid la Spagna, detentrice della Coppa. Cile velocissimo, grintoso, dieci furie (non consideriamo il portiere Bravo) contro undici ragazzotti viziati, già paghi di essere fra le otto squadre migliori al mondo. Eppure il Cile non riusciva a segnare, avvelenato dalla sfiga: due pali di Sanchez, un’incredibile traversa di Mauricio Pinilla, con pallone rimbalzato sulla riga (ma i cileni reclamavano, probabilmente a ragione, il gol), interventi miracolosi di Buffon, compresa una parata di schiena così descrivibile: tuffo plastico di Gigi su tiro da fuori area di Vidal, con respinta di pugno, caduta a terra maldestra, colpo al collo e parziale intontimento, palla finita ancora fuori area, sul piede destro di Diaz, staffilata mentre Buffon si stava rialzando, mostrando il sedere al cileno, senza vedere il pallone che rimbalzava con tonfo potente sul tratto lombare, palla in calcio d’angolo, abbraccio degli azzurri al salvatore della Patria. Quindi l’impresa di Cassano, subentrato ad un iroso, macchinoso e teatrale Balotelli. Il ragazzo del sud, riscoprendo per pochi attimi il suo estro, si era messo a zigzagare fra i cileni, evitando per millimetri pedate, spinte e ogni artificio lecito e illecito per fermarlo, superando infine Bravo ed entrando lui e la palla nella porta dei sudamericani. Uno a zero. Italia in semifinale contro la Germania. E lì aveva fatto la partita l’arbitro, il tanto decantato Howard Webb, definito il migliore al mondo. Causa malafede o cattiva digestione, il direttore di gara inglese s’era messo di traverso alla vittoria dei tedeschi, annullando per fuorigioco un regolarissimo gol di Ozil, negando un paio di rigori evidenti, uno plateale (fallo da ultimo uomo di Buffon su Schweinsteiger), arrivando ad espellere in rapida successione tre giocatori (Mueller, Podolski e il portiere Neuer). Nonostante si fosse in undici contro otto l’Italia non segnava, e ci era riuscita solo grazie all’aiuto del pelato Webb: tiro del varesino Parolo, rimpallato sul polpaccio dell’arbitro (che, forse, aveva allungato volutamente la gamba), palla sul palo, infine in rete. Germania caput. Italia in finale, contro la selecao di Felipao Scolari.
Rieccolo quindi Marco Triacca detto Cacca entrare rovinosamente al bar Sport del quartiere Ostiense con i due amici, in una snervante giornata estiva, in una Roma biancorossoverde in attesa dell’ennesimo miracolo italiano di quel mondiale.
Marco aveva un peso sul cuore perché era portatore non troppo sano di due tabù: non piangeva ai funerali di parenti anche prossimi e non riusciva a tifare Italia. La prima colpa era malcelata, la seconda nascosta, addirittura confezionata dentro il tricolore, perché peccato gravissimo. Inconfessabile.
Sarò sintetico sullo svolgimento della sfida calcistica: ciò che conta è il finale. Dirò solo che il match riservò non poche sorprese. Il Brasile era arrivato ad una meritatissima lotta per la Coppa mondiale inanellando vittorie indiscutibile, con un gioco da tutti lodato, vivace, geniale, corretto, senza scene per falli inesistenti, senza proteste nonostante alcune clamorose sviste arbitrali, paziente e coraggioso. Insomma: il Brasile sapeva di essere la squadra più forte e poteva permettersi un fair play ammirevole, difficilmente proponibile nel mondo dello sport professionistico, in primis nel calcio. Ma in finale tutto cambiò. Forse la tensione, il peso di una nazione che soffiava il suo entusiasmo sugli undici eroi del maracanà, forse il mistero che aleggia sulla vita, fatto sta che i brasiliani dimenticarono le buone cose fatte sino a quel punto e si presentarono nervosi, demotivati, sfibrati, incapaci di reggere la vivacità degli italiani, dati per sconfitti e risorti proprio sul più bello. Ma la vita volle nuovamente per sé ciò che aveva donato con magnanimità agli azzurri: quattro pali e una traversa per Mario tornato Supermario, quattro punizioni da manuale di Pirlo, finite tutte a due millimetri non di più dai legni, un rigore indiscutibile negato alla nazionale di Prandelli, un rigore (ingiusto) calciato da Neymar e parato da Buffon con un tuffo avvincente, applaudito dagli stessi telecronisti brasiliani, oltre che da tutti i giocatori della selecao, compreso l’allenatore Scolari.
Marco Triacca aveva il cuore provato perché ad ogni azione in attacco dell’Italia sperava che la palla non entrasse, e ogni volta era un pericolo scampato. In cuor suo confidava nel gol del Brasile, anche se mimava entusiasmi per gli azzurri, sventolava il tricolore, malediceva la sfortuna, lodava la bravura di giocatori ritrovati.
Ma avvenne l’irreparabile che non fu, come qualcuno potrebbe pensare, il gol del Brasile, così riassumibile: ultimo minuto di recupero del secondo tempo supplementare, giocatori stremati, ormai pronti ai rigori, con in testa la paura di dover essere fra i candidati al tiro della morte. Hulk il ciclope, inesistente per tutta la partita eppure ancora in campo, si era fatto passare la palla da un eroico Julio Cesar (aveva parato ogni bendiddio), era partito a razzo dalla difesa (chi aveva cercato di fermarlo era finito a terra come un birillo) e aveva lasciato partire una bomba da trenta metri, centrale, così potente che aveva piegato le mani a Buffon, tanto che il suo guanto destro era volato via. Un gol memorabile e ingiusto, che aveva fatto esplodere l’intera nazione brasiliana e regalato la Coppa a Neymar e soci.
L’irreparabile fu che Marco Triacca, ammutoliti tutti i presenti nel bar, sventolando la bandiera italiana (quindi in piena contraddizione) urlò: “Forza Brasile!”
Ma avvenne di peggio: i tifosi da bar non lo aggredirono, passarono dallo stupore alla condivisione, con frasi del tipo “Giusto, ha meritato il Brasile, che vadano a zappare!”, “Prandelli a casa” arricchite da tutto il vocabolario delle italiche imprecazioni, più qualche bestemmia. Parole inadatte dato che l’Italia, vista la finale, strameritava di vincere il mondiale.

Il solo a rimanere seduto fu Carletto Totti detto il Giuda, così soprannominato perché sospettato di non tifare Italia. Con le lacrime agli occhi tirò fuori dalla tasca un fazzoletto biancorossoverde, si avvolse il viso, singhiozzò.    

sabato 28 giugno 2014

Io realmente c'ero

                                                                                     foto scinordicovarese


A testimonianza della mia effettiva partecipazione alla cronoscalata podistica Palazzetto-Sacro Monte di venerdì 27 giugno, ecco un paio di foto, gentilmente concesse dallo Sci Nordico Varese, organizzatore dell'evento. Alla partenza da via Pista Vecchia mi si nota sulla sinistra, affiancato da un vecchietto ancor più vecchio di me. Ma sono più riconoscibile al passaggio della Porta del Rosario, inizio della Via Sacra o rizzàda. A quel punto avevo corso già 19'30", altri 15' ed eccomi al Mosè. Si noti la divisa non proprio da runner: cappellino Adidas-Unicef (regalo di Caterina), maglietta di GS della vacanza all'Alpe di Siusi 2004 (regalo di Maddalena) con la scritta 'Cammina l'uomo, quando sa bene dove andare' (che mi pareva adatta all'evento), K-Way in vita (minacciava pioggia), scarpe Nike.

Santi Pietro e Paolo


Felice onomastico ai tanti Pietro, Paolo, Paola che conosco. Ed in particolare a mio fratello Paolo (a sinistra).

Loreno on line

                                                                                        foto carlozanzi


Da qualche anno, al Premio Ghiggini Arte Giovani si affianca il Premio ArteVarese. I finalisti del Ghiggini hanno una vetrina online, grazie al sito www.artevarese.com, attraverso la quale si può votare. Il premio online è stato vinto da Loreno Molaschi, classe 1980, di Cuggiono, con queste artistiche foto digitali, due scatti che fanno parte del progetto 'Vita delle Mani'.

Alice porta a Mestre il Ghiggini Arte Giovani

                                                                                             foto carlozanzi


In tanti anni di onorata carriera di giurato al Premio Ghiggini Arte Giovani, è forse la prima volta che vince un progetto artistico da me votato. Alice Secci, del 1987, di Mestre, è la vincitrice della 13^ edizione del Premio, voluto da Emilio ed Eileen Ghiggini, galleristi di via Albuzzi, a Varese. Alice avrà l'opportunità di una mostra personale, sempre da Ghiggini.
"Le mie opere parlano di quotidianità, raccontano della frenetica esistenza che tutti noi viviamo" dice Alice. "Mi interessa scrutare l'accelerazione dei ritmi, la frenesia delle azioni e dei pensieri. I miei piccoli quadri sono da intendersi in una visione seriale. E' uno sguardo ampio su come intendo la società odierna."
Brava Alice, ti aspettiamo da Ghiggini nella stagione autunno-inverno.

Artisti di strada..in piazza

                                                                                   foto carlozanzi


Festival degli artisti di strada...nelle piazze varesine, in questi fine settimana di giugno e luglio. Purtroppo oggi il temporale pomeridiano ha rovinato la festa. Ecco due artisti in piazza Carducci e in piazza del Podestà, prima della tempesta.

Varesefocus e Ric



Ricevo sempre molto volentieri, tutti i mesi, la bella rivista dell'Unione Industriali della Provincia di Varese. Titolo:Varesefocus.
In redazione c'è l'ex alunno Vidoletti Davide Cionfrini, e ci collabora anche il mio amico Riccardo Prando. Nel numero di giugno, Ric parla di 'Varese, città di cuccagna borghese', definizione data dallo scrittore Guido Piovene, vicentino che si innamorò della Città Giardino, complice la moglie Mimy, il paesaggio civile e un certo dolce alla nocciola.
La rivista può essere richiesta, gratuitamente, collegandosi al sito
www.varesefocus.it 

venerdì 27 giugno 2014

A Silvia, a memoria 7

                                                                     alba in Adriatico   (foto carlozanzi)




Lingua mortal non dice
ciò ch'io sentiva in seno.

Di corsa, al Sacro Monte

                                                                                              foto carlozanzi


Bè, devo proprio ringraziare gli amici dello Sci Nordico Varese (sezione atletica leggera) se ieri sera mi sono assai divertito. Prima edizione di una classica del podismo varesino, da molti anni assente: Palazzetto-Sacro Monte. Io ieri sera c'ero, insieme ad un centinaio di podisti. Partenza in zona Palazzetto dello Sport, oltre 5 km di corsa, dislivello 450 metri (quindi un 10% medio di pendenza) non un metro in piano, arrivo al Mosè, correndo lungo la rizzàda. Sono partito molto adagio, il mio obiettivo era arrivare senza camminare, possibilmente sotto i 40'. Ero più o meno in ottantesima posizione, poi, dopo 1 km, ecco la mia rimonta. Sono arrivato al Mosè in sessantesima posizione, più o meno, con un tempo per me assai onorevole, visto che non corro quasi mai ma vado in bici: 34'21". Grazie allora al presidente Genovese, al mitico Pippo Gazzotti, ai vari Momo, Piccinelli, Ponzi (non ho visto Alberto Zuffi, forse c'era). La media dei partecipanti era più giovane di me, e molto più allenata nella corsa, quindi non mi lamento. Bosetti e Valeretto mi hanno stracciato, ma era nel preventivo. Ciò che conta è che mi sia divertito. Potrà sembrare un paradosso, la fatica come occasione di relax, ma per me è così, perché si tratta di una fatica controllata, mai eccessiva, che mi permette di meditare...e di pregare. 

Il sorpasso



Parlando di corsa al Sacro Monte, non posso non ricordare un episodio di una quindicina di anni fa. Più o meno in quegli anni si corse l'ultima edizione della Campus-Sacro Monte, cronoscalata che, a differenza di quella di ieri sera, prevedeva la partenza dal Campus e la salita non lungo la rizzàda (molto più bella) ma lungo la strada asfaltata, sino a piazzale Pogliaghi. Ebbene, ne parlo perché il mio amico e collega Enrico Piazza (foto) mi batte in tutti gli sport che pratichiamo alla nostra età (sci, bici, nuoto) ma non nella corsa in salita. Infatti ricordo ancora molto bene quella gara. Lui partì di slancio, senza far troppi calcoli, come è nel suo stile. Io partìi prudente ma, inesorabile, nel tratto più duro della salita, prima del ponte della funicolare, ecco il sorpasso. Enrico andava piuttosto appesantito, io agile lo salutai. So che Enrico legge questo blog. Non se la prenda. Del resto la cronaca è cronaca! 

Ines batte Mario 1.000.000 a 0

                                                                              foto google immagini


Volete proprio che dica la mia sul 'povero' Mario Balotelli? E sia, voglio dare un'altra legnata al ragazzotto (che oggi si lagna, ma non lo ha mai fatto a fine mese, quando gli accreditano lo stipendio!), dicendogli che (dal mio punto di vista) è stato sconfitto 1.000.000 a 0 da Ines Sainz, giornalista spagnola (Miss Spagna 1997) che lavora per la televisione messicana TV Azteca, la più affascinante giornalista presente ai Mondiali del Brasile. Mario ha fatto la valigia, Ines no: è questo ciò che conta!

Uno per cento

                                                                                            foto carlozanzi


Quando penso con la massima serietà e onestà a quale percentuale assegnare alla mia fede nel Dio cristiano cattolico (quanto credo VERAMENTE?) non vado oltre l'uno per cento. Tutto il resto è dubbio e quel modo particolarmente ateo di credere in Dio, che consiste nel testimoniare, anche con gesti, la propria fede, ma con sovrabbondanza di riserve. Però è strano, quell'uno per cento pesa in me come il novantanove per cento, prego ben oltre un uno per cento della mia giornata, spero ben oltre questa bassissima percentuale. E' un uno per cento di peso, prezioso, direi determinante.  

giovedì 26 giugno 2014

La finale del Premio Ghiggini Arte Giovane



Sabato 28 giugno, ore 17.30, Galleria Ghiggini (via Albuzzi 17, Varese) finale del Premio Ghiggini Arte Giovane 2014. Ingresso libero. 

Grazie, Giulio



Presentata ieri la terna nei finalisti del Premio Chiara 2014. E allora devo ringraziare Giulio Questi, che alla veneranda età di 90 anni compiuti entra in terna con la raccolta di racconti 'Uomini e comandanti' (Einaudi). Il che significa che anch'io ho ancora speranza! Non è mai troppo tardi. Nella terna anche Gianni Celati (che già vinse il Chiara nel 2001) con 'Selve d'amore' (Quodlibet) e Davide Barilli, il più giovane (si fa per dire, avendo 50 anni) con 'La nascita del Che. Racconti da Cuba' (Aragno).

A Silvia..a memoria 6

                                                                        i colli di Recanati (foto carlozanzi)


Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.

Felice anniversario a Luisa e Ric



Felice anniversario di nozze (e sono 33!) agli amici Luisa e Riccardo detto Ric.
Evviva!

Ma proprio i piselli odorosi?



Ma io mi domando: l'abate Gregor Johan Mendel, padre delle leggi dell'ereditarietà dei caratteri, proprio i piselli odorosi doveva andare a scegliere per i suoi esperimenti? Sicché ad ogni esame orale torna fuori l'imbarazzo degli alunni (e forse anche dei prof) verso quel termine allusivo. Ma da quest'anno abbiamo una novità: i polli andalusi. Mai sentiti prima d'ora, in circa quarant'anni di esami di licenza media. Pare che anche questi polletti abbiano a che fare con esperimenti sui caratteri dominanti e recessivi. Bè, meglio i polli che i piselli!

Io sto coi frontalieri



I calciatori elvetici si sono meritati la qualificazione agli ottavi dei Mondiali di calcio brasiliani. E io sto pensando ai frontalieri, già poco amati dai fratelli ticinesi, che stamani hanno dovuto varcare il confine e sopportare gli inevitabili risolini, gli sfottò, le allusioni alla figuraccia italiana. Anche questa 'sofferenza' è da segnare sul conto degli azzurri.

mercoledì 25 giugno 2014

A Silvia..a memoria 5

                                                                              il paterno ostello di Recanati



d'in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.

Svarioni


Per fortuna di tanto in tanto abbiamo gli svarioni degli alunni, a rallegrare gli esami orali. Oggi è stato il turno di un errore 'atomico': confondere l'attacco nipponico a Pearl Harbour con il detersivo Perlana avrebbe sorpreso anche Totò.

martedì 24 giugno 2014

A Silvia...a memoria 4



                                                                       




Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
                                                                                                 ginestre a Mezzavalle (Marche)      foto carlozanzi

Di corsa al Sacro Monte

                                                                                              foto carlozanzi


I runner varesini (e quindi io mi ci metto) non possono mancare: venerdì 27 giugno, ritrovo ore 19 zona Palazzetto dello Sport, via Pista vecchia, partenza ore 20.30, organizzata dallo Sci Nordico Varese, è in programma la corsa non competitiva (ma molto allenante) Masnago-Sacro Monte, lungo il viale delle Cappelle.
Si correrà con qualsiasi condizione meteo.
info:www.scinordicovarese.it

Non mi diverto



L'Italia è già fuori dai Mondiali di calcio Brasile 2014. Almeno 40 milioni di Italiani lo sanno già. E' chiaro che un po' mi dispiace (solo un po', non sono un gran tifoso, di calcio in particolare), anche per il mio coetaneo Cesare Prandelli (che mi sta simpatico), per il varesino Marco Parolo, però una cosa la devo dire: è raro che, guardando l'Italia, io mi diverta. Cosa che invece mi capita se guardo il Brasile, la Germania, la Costa Rica, l'Olanda eccetera eccetera eccetera. Non so bene il motivo, in genere nelle partite non dell'Italia vedo gente che corre senza sosta, azioni acrobatiche, spettacolari, non una o due in 90' ma tante, magari non si segna, tiracci anche sghembi ma vedo rapidi cambiamenti di fronte, insomma...mi diverto. Con l'Italia in genere no. 

Il racconto del mercoledì



LA RISALITA
di carlozanzi

Rientrò a casa con un gran sonno, piegato in due da un crampo allo stomaco in progressione dolorosa. Colpa della cena o dello stress? Entrambi, e comunque sufficiente a fargli abbandonare la compagnia di amici, dispiaciuti della sua prematura dipartita dal ristorante ‘L’anatra all’arancio’.
Salendo le scale immaginò che avrebbe regalato alla moglie il suo fastidio. Abbracciandosi nel letto, con il suo seno caldo alla bocca dello stomaco, avrebbe dimenticato quella disgrazia, raggiungendo la pace e la consolazione del sonno. Con la mano sulla fredda maniglia, notò che la tele era spenta. Aprì. Luce in camera da letto. La immaginò seduta, concentrata nella lettura di un romanzo, probabilmente Baricco. Lungo il corridoio sentì un vociare inimmaginabile, fruscii sospetti, rumori inusuali.
Il suo naso si inoltrò e gli occhi videro lei, Maria, in piedi, piegata verso il letto, nuda, nell’atto di cercare qualcosa. Non si era voltata verso il marito.
Seduto nel letto, dalla parte che spettava al legittimo proprietario, con le gambe sotto le lenzuola e un petto virilmente peloso stava un uomo: teneva gli occhi bassi, colorati di contrizione, di paura, incerti nell’attesa di una reazione comunque da temere.
Lui capì al volo ma non comprese la sua reazione. Dopo il momentaneo stordimento, una quiete inadatta al caso lo assalì. Arrivarono subito il perdono, la comprensione, l’accettazione, il desiderio di passarci sopra. In fondo –pensò- ho anch’io le mie colpe. Chi è senza peccato?
Maria, sempre ritta in piedi, con il culo bello che adocchiava le mosse del suo uomo inanellato, cercava di rimettersi il reggiseno, un’operazione resa complicata dall’ansia.
“Ti aiuto io, Maria” disse lui, con la gentilezza che segue i primi rapporti d’amore di una giovane coppia innamorata.
La donna si girò verso il marito, incerta sul da farsi. Quella sua reazione le regalò coraggio, e così all’amante, che iniziò a rivestirsi senza fretta.
Ma per il tremore delle mani e il sudore, nemmeno il marito tradito riusciva ad agganciare il reggiseno, e allora lei divenne beffarda, crudele. “Lascia fare a me, incapace” e lo allontanò, spingendolo con il movimento ad ariete delle natiche, sode e ancora calde di letto.
Una botta di rabbia potente gli fece alzare le mani: ora l’avrebbe strangolata. Ma ebbe la forza di trattenersi e tornò una indecifrabile disponibilità a lasciar correre, a lasciar fare al tempo.
“Va bene, fate con comodo” disse, “torno fra qualche minuto. Rifatemi almeno il letto” e lasciò la camera nuziale. Pensò di uscire a respirare l’aria nera della notte. Lo stomaco era una morsa dolente. Giunto all’ultimo gradino venne catturato dal seguente pensiero: ‘Ho toccato il fondo, non si discute. Non si può che risalire’ e spinse con le gambe, per propiziare simbolicamente, con un gesto atletico, l’ascesa verso una vita più dignitosa. Non considerò la presenza minacciosa dello stipite di cemento. Ma il rumore della capocciata non salì sino al secondo piano, dove sua moglie e l’amante, increduli e vergognosi, si dibattevano in grovigli di sensi di colpa.