sabato 29 marzo 2014

Herbert 48

Herbert
di franco hf cavaleri



Amore grande

§1 La veglia
Lo rassicurò il respiro leggero, a tratti arrochito, di lei che gli dormiva accanto.
Rivide ancora le immagini della donna piangente, bella e discinta, i vestiti strappati con violenza, circondata dalla gente ostile, picchiata, incapace di difendersi.
Una storia che sembrava di molti anni prima.
La calda tranquillità della sua donna gli permise di rilassarsi nel lettone.
Sì, era il consueto sopraggiungere -nel dormiveglia- di pensieri in libertà.
Gli succedeva, ormai spesso, di addormentarsi presto la sera e di chiudere il primo sonno con un tenue risveglio fantasticheggiante, poco prima che albeggiasse.
Sprazzi di storie possibili, diapositive di racconti non raccolti.
A volte erano bastanti per immaginare un inizio e una conclusione.
§2 L’amore
Lo guardava appisolato a ridosso dell’albero, abbracciata con stupore ansimante a lui, forestiero non più estraneo. Gli si rovesciò sopra per prendergli la sigaretta che gli era rimasta accesa tra le dita. Fumarla non sarebbe stata l’unica, impensabile trasgressione per lei, figlia sottomessa di quella chiusa landa del Meridione.
Aveva voglia di sospendere all’infinito quel momento, il bruciante amore clandestino, che li aveva colti all’improvviso, una folgore negli occhi.
Dunque l’amore era questo, esaltante sensazione di star bene, desiderio di stargli vicino, come due anime che si incontrassero, due corpi che si fossero ritrovati.
Niente a che vedere con gli animaleschi, sbrigativi assalti di suo marito.
Non poteva non accadere, con quest’uomo gentile, venuto da fuori a farle scoprire tutto un mondo nuovo, come una amicizia gelosa da nascondere agli altri.
Avevano trovato il tempo per parlare, eppure era stato così strano il loro inizio, quando lui le aveva chiesto di leggergli dei dati su una mappa, mentre lavorava un po’ discosto. Al suo rossore aveva intuito come lei non sapesse leggere, né scrivere.
L’aveva avvicinata e con i suoi modi garbati l’aveva convinta a prendere un libricino, a compitarne i segni in parole. Era diventato un appuntamento.
Lei ricordava bene tutti gli attimi che lui le dedicava, l’universo mai immaginato che le veniva aperto grazie all’istruzione che man mano riceveva. Non poteva non accadere e forse era scritto nelle stelle fin dal loro primo incontrarsi, fatto solamente di sguardi di simpatia e quasi di reciproca comprensione, come per due essenze che vibrando si riconoscessero.
Se a casa avessero saputo di questo suo aprirsi a una vita nuova, al dare confidenza a estranei... Picchiata, sarebbe stato il meno.
Eppure non poteva fare a meno di parlare, apertamente parlare, essendo considerata alla pari, trovando gentilezza in quegli uomini stranieri, di passaggio.
Con quell’uno in particolare.
Nel cantiere aperto sulla montagna per esplorazioni geologiche, a pochi passi dal paese, lei aveva ricevuto l’incarico di preparare da mangiare al personale, solo di mezzogiorno, lasciando vivande per la sera, quando lei non poteva che essere rientrata a casa. Sarebbe altrimenti stata una ferita all’onore della famiglia.
L’onore prima di tutto, ma il vecchio parroco s’era imposto. Avevano bisogno di un po’ di soldi per campare loro tre, il marito disoccupato e semplicemente un perditempo, lei e la suocera affannate a trovare da vivere giorno per giorno.
Era per questo che al capocantiere il prete aveva prospettato la soluzione di una cuoca, quando erano arrivati una mattina, preceduti da un chiacchiericcio a mezzo tra la curiosità e il sospetto, sbirciati da lontano e con il codazzo invadente dei monelli.
Venivano dal nord, a “fare cose strane” per i loro boschi e le loro rocce.
Tutti alti, tutti belli e gentili. Anche lei li aveva scorti, mai immaginando che da lì a poco li avrebbe avuti vicini, compreso quell’uomo verso cui il suo sguardo furtivo s’era diretto ben presto.
§3 La gelosia
Anche suo marito era stato a guardare l’arrivo dei forestieri, con ostilità, come se togliessero proprio a lui quel lavoro che non aveva e che mai era stato a cercare.
Rientrato a casa con il nervoso, s’era scaricato della propria sorda frustrazione con sua moglie, i soliti urlacci accompagnati dai soliti schiaffi da marito-padrone.
Era uno dei “riti” tribali di quella famiglia e di quello sperduto paese, gli uomini fuori e le donne in casa. Quando suo padre era morto, lui aveva voluto liquidare il campo, vivendo del ricavato, finché era durata. Poi era toccato alle due donne di sbarcare il lunario, spigolando per le terre altrui e cercando erbe selvatiche da mettere in pentola.
Intanto lui se ne stava in giro, trascinando pigramente giorni sempre uguali.
Proprio per questo non aveva avuto dubbi il parroco nell’indicare nella giovane donna la persona ideale a far da cuoca in cantiere. Il rifiuto del marito era stato secco, parlava di onore per la moglie, dimenticandosi della propria di reputazione.
Solamente l’intervento della vecchia madre era riuscito a sbloccare quel no, facendogli tra l’altro intendere l’importanza dei soldi in arrivo.
Per la madre aveva ancora del rispetto, non poté rifiutarsi e per sua moglie s’iniziò l’avventura lavorativa al cantiere, mai sospettando dove ciò l’avrebbe condotta.
Lui aveva ben compreso come con quei soldi avrebbe potuto fare bella vita nel paese, facendo rivalsa della poca e nulla considerazione che vi godeva. Nello stesso tempo cresceva in lui, sfogandola in casa la sera, la rabbia e la gelosia per quel possesso di sua moglie, che avrebbe voluto esclusivo e che stava venendo meno.
Tanto più sorda era la sua ira, quanto più cresceva la personalità di lei, la vedeva gioiosa, si espandeva luminosa per orizzonti di vita che fuori di casa intravvedeva.
Non era estraneo a ciò proprio quel forestiero che l’aveva interpellata quel giorno, chiedendole una cosa forse banale, ma per lei impossibile: leggere.
La gioia di comprendere quei segni, di riprodurli, di comprenderli.
Pian piano si stava svolgendo il quadro tra lei e l’uomo venuto da fuori.
Del cambiamento s’era accorto il marito, tentando di recuperare il suo predominio con il raddoppio delle botte e degli insulti.
Sapeva, l’aveva compreso, che qualcosa stava cambiando in lei, era già cambiato.
Quando la vide rientrare, quel giorno, il viso splendente per l’amore vissuto come per una prima volta, fece in fretta a comprendere il tradimento. L’aggredì.
§4 Il dramma
Il primo colpo al viso la colse di sorpresa, aveva ancora gli occhi accesi d’amore.
Lo sguardo incattivito di lui le diceva che aveva capito.
Sibilò: “sei una zoccola, troia, mi hai fatto cornuto.”
Tentò di negare, sconvolta, il sangue gelato nelle vene: “no, mai! Mai.”
Prese a picchiarla senza più controllo, pugni e calci mentre lei cercava di proteggersi, piangendo mentre continuava a negare.
Lui non sapeva, non voleva più fermarsi, la tenne ferma, le strappò il vestito, la prese per i capelli e la strattonò fuori di casa tra le balze rocciose del paese.
Trascinandola ormai seminuda per le strette vie sconnesse, verso lo slargo che faceva da piazza, urlava richiamando i paesani, stridulo davanti alla folla crescente:
“tutti devono sapere.”
S’era zittita sotto i colpi violenti, il volto tumefatto, il corpo a pezzi, inerte e vuota ascoltava le grida di lui rimbalzare aspre tra le pietre del paese.
Tutti guardavano.
Gli uomini ghignando all’insperata visione delle giovani carni della donna, le altre donne inveendole contro come fosse una donnaccia.
Tra la gente si fece largo il parroco per tentare di salvarla.
Come fosse una sfinge, anche la suocera giunse, senza una parola.
§5 Il colpo di scena
Improvviso, l’urlo acutissimo della giovane donna sovrastò tutti: “no, è menzogna!”
Si era come risvegliata, con le braccia nascondendo il corpo nudo.
Accusò il marito: “disgraziato!” In ginocchio davanti alla suocera muta urlò ancora: “mi voleva puttana, mi comandava di farmi dare i soldi da quelli.”
Poi si alzò in piedi, incurante ora del suo essere nuda, rimase di fronte al marito che le ghignava contro, incredulo per le sorprendenti parole: “giuro davanti a Dio che ho detto la verità, giuro che sono rimasta onesta.”
Poi svenne, mentre lui rideva: “non le crederete a questa qua!”
La suocera si avvicinò lenta al figlio, lo guardò cupa, lo sorprese schiaffeggiandolo.
La mano sulla guancia che brucia, si guardò attorno, vedendo solo volti improvvisamente ostili.
Fuggì urlando, come un pazzo. Come un pazzo lo scansarono tutti.
Si mossero e con i loro scialli le donne vestite di nero nascondono la donna svenuta, la trasportano nella chiesa vicina precedute dal parroco.
Una di loro porta correndo una gonna e un corpetto a rivestire la giovane.
Insieme pregano a lungo.
Come riavendosi, la ragazza si mise uno scialle in testa, gli occhi bassi sottobraccio alla suocera tornò a casa, senza più parlare, mentre gli uomini, ancora vergognandosi, al loro passaggio si toglievano il berretto in segno di ossequioso rispetto.
§6 Il dopo
Qualche mese è passato, i forestieri hanno lasciato il cantiere e il paese, del marito si sono perse le tracce, forse morto buttato in qualche forra. La donna chiede alla suocera di poter trasferirsi al nord entrando, grazie al prete, in un convento.
Si fece in fretta ben volere dalle suore, mai rifiutando d’eseguire un solo lavoro tra i più umili che le venivano richiesti per il mantenimento nel sacro luogo.
Aveva scelto bene, proprio la città che sapeva del forestiero amato.
Fece ricerche, lo rintracciò, poterono parlarsi nelle poche volte che lei usciva per il disbrigo di qualche commissione, con il cuore in gola, con gioia.
§7 L’amore ritrovato
Giunse un giorno la notizia della morte di sua suocera.
Scrisse al parroco di vendere la casa e di tenere il ricavato per le necessità della parrocchia nel provvedere ai poveri del paese.
Uscì dal convento con la piccola valigia, suonò al campanello del suo uomo avendo abbandonato e cancellato la sua vecchia vita e il ricordo sbiadito dei suoi parenti.
Nella sua nuova casa, mentre lui era al lavoro, ricominciò a studiare e a perfezionare il suo essere donna, con l’avidità di un lungo tempo da recuperare.
Fu l’inizio della loro vita di coppia, che li ha portati alla vecchiaia… ora sereni sulle ceneri dimenticate del dramma un tempo vissuto.
§7 L’amore vincente
Questo era dunque accaduto, che una donna qualunque, allevata e cresciuta nella sottomessa accettazione del suo piccolo mondo, questa donna avesse abbattuto, infranto ogni regola della sua società, infischiandosene di qualunque legge.
Avesse, questa donna, avuto la forza di storcere anche il senso di Dio a un suo scopo, fingendo, negando verità, creando falsità.
Avesse questa donna ottenuto ciò che aveva alla fine desiderato: un amore grande.
§8 Il sonno
Sì, tra il sonno e la veglia le immagini sognate avevano questa volta trovato un loro principio e la loro conclusione. Accanto a lui la donna dormiva tranquilla, girata su un fianco verso di lui, avvolta come sempre nei molti anni della loro vita in comune nella camicia da notte con la quale lui l’aveva sempre voluta, osteggiando caparbio la freddezza di un pigiama.
Sentiva ritornare la voglia di sonno.
Spinse pigro la mano tra le gambe della sua donna. Sapeva bene come lei fosse capace di permettergli di continuare, come in un gioco. Oppure di allontanarlo con uno strappo brusco.
Come un gioco, di cui lei era padrona.
Sì, tanti anni insieme.
Era lui a decidere nelle cose di tutti i giorni, il lavoro, i figli, la spesa, gli amici.
Lui a proporre nel letto, a condurre i momenti di passione.
Si volevano bene, vivendo come “incorporati” l’uno con l’altra.


48-continua

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