sabato 22 marzo 2014

Herbert 42


Herbert
di franco hf cavaleri



In lotta per la vita

Si percorre l’autostrada svizzera fin quasi al tunnel del Gottardo, uscita Airolo, per raggiungere la stretta Val Bedretto, paradiso dello sci-alpinismo e dello sci di fondo: punto di partenza l’Osteria del Pizzo Rotondo, con i suoi lunghi tavolacci dove a fine giornata poter consumare il vecchio rito montanaro del pasto collettivo.
La pista di fondo è accattivante: partenza in discesa, velocizzata da diversi salti, tracciando una linea che corre a pochissimi centimetri da quel ruscelletto destinato a divenire più avanti il gran fiume Ticino. Al termine, una piccola curva riporta l’anello in ascesa e, in un punto, una discretamente ripida risalita, da effettuare allargando gli sci, fino a una cima dove soffermarsi a prendere fiato e a guardarsi intorno, che è il bello del fondo.
Stavo lì anch’io, quella volta, quando vidi un uomo impegnare la salita, gli sci ben diritti e paralleli nei binari, quasi senza sforzo.
Fermo in alto e con le braccia aperte, poco distante da me, aria felice e soddisfatta, incrociai i suoi occhi brillanti, che sembravano marchiati come da un triste cerchio trasparente sofferenza e malattia.
Capii che per lui quella salita fatta nel modo più duro, non necessario per gli altri, i “normali” che ben possono scansare un picco di fatica, proprio quella salita era stata una conquista, per poter dire: “anch’io posso!”.
E’ difficile il mondo della disabilità. La disgrazia ti colpisce duro, a freddo, ti spinge a rinchiuderti in te stesso, a rinunciare a guardare fuori dalla finestra, a maturare una frustrazione che a volte si trasforma in rabbia e in odio verso tutto e verso tutti. Difficile venirne fuori, a meno di non trovare un amico che ti aiuti, un interesse che faccia da molla verso la personalissima voglia di riscatto, soprattutto di accettazione del proprio nuovo “essere”.
Ciò è quanto noi tutti vorremmo, quando auspichiamo il rafforzamento della pratica sportiva, quale elemento di recupero e di coinvolgimento, di sostegno all’autostima.
Quando ci arrivi, non importa più il chiamarsi handicappato o diverso, piuttosto che disabile o diversamente abile, o tutto quello che vuoi: sei te stesso.
Il mondo vario della disabilità di solito viene percepito come un tutt’uno indistinto, quando piuttosto sia da scandire nei suoi molteplici aspetti, dalle problematiche differenti e uniche, da determinare di volta in volta o per i sensoriali o per gli psichici oppure per i motori.
Quel giorno in Val Bedretto ho compreso che vi è un’altra categoria svantaggiata di cui occuparsi, che forse è “border line”, è quella della malattia, quando ti schiaffa in faccia improvvisamente un implacabile cartellino rosso: “out! sei fuori!”
Sono disabili anche loro, i malati gravi, ma anche loro potranno essere capaci di trovare nella pratica sportiva la propria occasione di riscatto.
Come quell’uomo, quel giorno, in lotta per la sua vita.


42-continua

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