mercoledì 4 marzo 2015

Lo schizzo del mercoledì


dedico questo mio schizzo al grande Speri della Chiesa, sommo poeta dialettale varesino


IL PORTASIGARETTE
di carlozanzi

Sono il portasigarette metallico, citato da Speri della Chiesa in una sua nota poesia. Dunque: intanto diciamo chi è Speri, prima di parlare di me. Speri è il massimo vate dialettale di Varese. Ora in sintesi la poesia, assai carina, a detta di molti: un tram, primi decenni del Novecento. Un gruppo di studenti seduti e una bella ragazza in piedi. Le viene offerto di sedersi sulle ginocchia di un giovane, accetta di slancio ma si rialza subito, arrossendo. Il suo nobile fondoschiena ha incontrato qualcosa di duro, lei sospetta e s’indigna, immagina e trasecola. Il giovane comprende l’imbarazzo ma ha pronto l’alibi: è il portasigarette metallico. Sono io, insomma. Un vecchietto vede la scena e aggiunge: “Si sieda qui, mia cara. E non si preoccupi. Da tempo ho smesso di fumare.” Immaginatevela in dialetto…uno spasso. Io sono quel portasigarette che, nel buio di una tasca, ha vissuto il piccolo dramma, l’imbarazzante equivoco. Ammetto che ho goduto nell’affondare in quel morbido sedere. Ma è durata poco. Peccato. Non sono qui a lamentarmi, tanto tempo è passato, dico solo che faccio parte di quella categoria di oggetti resi più o meno celebri da una poesia; cose persino rovinate da un verso, che li ha malamente caratterizzati, infangandoli per sempre. A me tutto sommato è andata bene, faccio parte della categoria oggetto di un equivoco. Grazie a me il giovane salva la faccia. Che poi, a ben vedere, che c’è di male se uno si eccita? La signorina avrebbe avuto motivo di vanto, più che di ritrosia. Grazie a Speri Della Chiesa Jemoli e al suo doppio senso, sono diventato per taluni oggetto di culto. Da quando il giovane mi ha portato alla luce sfilandomi dalla tasca, palesando la sua innocenza (innocenza di che?), sono diventato capostipite di una generazione di portasigarette da alibi.
Ma diciamola tutta. Io so una cosa che solo oggi, a decenni di distanza, mi permetto di rivelare, morto Speri, morto il giovane e defunta anche la signorina. Io c’ero, ho visto e sentito. Di duro c’era il mio metallo, e va bene, ma non quello soltanto!


  

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