Tre
25 maggio 2005
Era un mercoledì
sera, notte ormai. Era la fine di maggio, la chiusura di una giornata di gran
caldo.
Giulio sedeva sul
letto matrimoniale. La schiena appoggiata al cuscino, un libro aperto sulle
cosce. Si vedeva la copertina.
Vicino a lui, in
equilibrio sul fianco sinistro, dormiva Matilde, sua moglie.
Non aveva sonno.
Forse il caldo. Aveva bevuto una birra probabilmente troppo fredda; la sentiva
rovistargli lo stomaco. Per questo, per mandarla giù, prima aveva scelto di
leggere, poi s’era lasciato accompagnare nel sonno dai ricordi.
Il sonno però non
arrivava. Aveva rivissuto allora il pomeriggio del tradimento. Con Lucia si
sentivano da mesi. E da gennaio altre volte erano stati insieme, come nello
stesso letto si sarebbero abbracciati due giorni dopo.
Stava bene con
Lucia. Non avrebbe però immaginato che potesse pretendere qualcosa d’altro.
Così presto. Eppure era evidente che a quel bivio sarebbero giunti. Ed ecco il
bivio. Ecco il conto di Lucia.
Scegliere non era
mai stata la sua ambizione, la sua dote migliore.
Guardò Matilde. Lo
tradiva anche lei? Con un collega? No, s’era convinto che gli fosse fedele.
Tanto meglio.
Riprese il libro.
Poche frasi e lo ripose. Spense la luce, si distese sul fianco sinistro,
strinse Matilde contro il suo corpo ingombrante. S’addormentò.
***
Era di fronte a lui. Fra loro
due un tavolo, qualche bicchiere, piatti, bottiglie, una tovaglia, briciole di
pane e parole, che andavano e venivano. Ma non le loro. Lui stava in silenzio,
e anche lei, Lucia. Lui la guardava, e anche lei, di tanto in tanto, poi
abbassava lo sguardo. Ma quando tornava a regalargli i suoi occhi...Poi lei
accese una sigaretta, lui si concentrò sulle labbra. Ne gustò il contatto.
Labbra serrate che, lentamente, come è quieto e inaccessibile l’alto volo
dell’aquila, s’aprono ad altri contatti. Il fumo saliva, annebbiava gli occhi
smeraldo, si sfrangiava fra i capelli. Indossava, Lucia, un vestito senza
maniche. Appoggiava i gomiti al tavolo. Braccia magre e morbide, lui guardava e
saliva con la mente su e giù e s’infilava con gli occhi, con le dita, col cuore
folle nell’incavo e giù veloce, poi con lentezza verso i seni, piccoli seni. Se
li sentiva nella mano, li stringeva, li sfiorava.
La guardò
fumare; la gioia eccitata era il sapere che lei concedeva quegli sguardi, mani
che la svestivano. Lei avrebbe reso possibile quei pensieri ancora
insoddisfatti. Questione di tempo, poco tempo ormai, il tempo di quella cena,
di parole e di sigarette, qualche brindisi e i saluti (‘Buona cena davvero’) e
gli altri che andavano incontro a una notte qualsiasi e lui...ancora tanta
quiete e infine, soli, l’amore che scopre l’eccesso. Sapeva che tutto sarebbe accaduto.
Glielo giuravano quegli occhi verdi che passavano il fumo e arrivavano da lui,
incredulo. Poi l’uomo che sedava di fianco a lei s’alzò, levò il calice, urlò
‘Brindiamo a noi, a tutti noi!’. Sorrideva ma nell’attimo del sorso mutò
espressione, mostrò un ghigno inquietante, infranse il calice contro la
bottiglia, mille pezzi di cristallo e mille pezzi di un sogno, che si
svegliò.
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