Riporto con piacere la breve recensione che il mio amico poeta Arnaldo Bianchi mi ha inviato, dopo aver letto il mio ultimo lavoro di narrativa, 'Quel giorno che tremò la notte'.
Caro Carlo
ho finito di leggere il tuo romanzo
"Quel
giorno che tremò la notte"
Mi è piaciuto il passaggio dalla vita di ogni
giorno, con i problemi "piccoli" e "grandi"
dell'esistenza quotidiana, al
momento della tragedia improvvisa
e quindi più brutale quanto meno
attesa.
Tragedia che rompe ogni certezza anche quella
di chi come il prete
dovrebbe avere una consapevolezza più salda,
una coscienza meno angosciata
sul bene e sul male dell'esistere.
Questo Don Marco,all'inizio quasi
personaggio secondario,
diventa protagonista così tormentato in questa
notte
quasi manzoniana ( vedi la notte della conversione
dell'Innominato)
è una figura forte nella sua debolezza così umana.
Anche
il finale aperto che dice e non dice.
Don Marco è morto? ha dato la sua vita
per la vita della ragazza?
O il prete si è solo assopito prostrato dopo una
notte così travagliata?
E il miracolo della salvezza di Roberta ha riscattato
anche i dubbi e la vita di Don Marco?
L'atmosfera dell'ospedale notturno con
i rumori, la penombra dei corridoi
mi ha ricordato il romanzo "Le campane di
Bicetre" di Georges Simenon.
Mi è venuta anche in mente una frase di Paul
Claudel " Dio non è venuto per spiegare la sofferenza ma per riempirla della sua
presenza".
Che altro dirti? Grazie
Adesso stamperò il tuo scritto perché mia mamma vuole leggerlo ma solo sulla carta.
Ciao Arnaldo
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