mercoledì 31 dicembre 2014
Unendo Yamamay
Il n° 2 della Unendo Yamamay è la bella Alice Degradi, nata il 10 aprile del 1996, schiacciatrice alta 1.81
La n° 3 è Valentina Rania, nata il 24 marzo del 1985, una schiacciatrice alta 1.83
Viene dall'Inghilterra l'altissima (m 1.96) Michel Ciara, nata il 2 luglio del 1985
Ed eccoci al libero, e cioè a Giulia Leonardi, numero 6, nata il 1° dicembre del 1987, alta 1.65
Unendo Yamamay-Lyubushkina
Chi segue questo blog sa che faccio cronaca solo del basket di serie A. Amo lo sport praticato più che lo sport da tifoso. Mi è capitato di seguire casualmente la brutta sconfitta della Unendo Yamamay (pallavolo femminile) contro la Liu-Jo di Modena, ed è tornata in me la passione per la pallavolo. Dico la verità: la pallavolo alla tele la trovo un po' noiosa, mentre la amavo molto da praticante e mi ha dato anche qualche piccola soddisfazione: presente nella formazione del liceo classico 'Cairoli', venni convocato sotto naja nella squadra della mia caserma, a Malles Venosta. Notato in un torneo a Vipiteno (arrivammo ultimi e forse per questo, in una squadra di brocchi, riuscii ad emergere) venni selezionato nella formazione della Brigata Orobica, che si allenò due o tre mesi a Merano, per partecipare ad un torneo contro le altre brigate alpine, a Belluno. Ero panchinaro, devo ammetterlo, ma mi divertii e giocai anche qualche minuto, senza troppa gloria. Per farla breve, ho deciso di seguire la Yamamay (e non solo perché sono belle ragazze), anche se sono di Busto Arsizio (si sa, fra noi e i bustocchi non corre buon sangue). Del resto è la sola squadra della mia provincia, insieme al basket, che milita nella massima serie (per la verità in serie A abbiamo anche il basket in carrozzina). E comincio con la presentazione delle ragazze e cioè con la numero 1, la russa Ekaterina Lyubushkina. Nata il 2 gennaio del 1990, è alta 1.88.
Facciamo volare i nostri bimbi
Sto ultimando la lettura del libro 'La Varese che vorrei', da un'idea di Alberto Lavit. I contributi degli 80 varesini coinvolti nell'opera non sono privi di interesse, ci sono senz'altro spunti che dovrebbero fornire materiale di dialogo e di dibattito, soprattutto fra chi decide del bene comune.
Mi piacere chiudere questo 2014 riportando qui il mio contributo al libro, davvero modesto ma concreto, volto soprattutto alle giovanissime generazioni. Quando ci si avvicina ai sessant'anni è naturale voltarsi indietro....no, non con nostalgia, per carità, ma per guardare chi verrà dopo di noi e ha tanta voglia di vivere..e di giocare.
FACCIAMO
VOLARE I NOSTRI BIMBI
La
Varese che vorrei? Non ho dubbi. La mia Città Giardino, che scopro giorno dopo
giorno, che mi ospita dal quindici giugno del millenovecentocinquantasei, che
ho visto perdere verde e acquistare grigio, sì, la mia Cara Varese la vorrei
con meno auto. Ma questo è un desiderio comune, è un sogno che parte dal
sindaco e si diffonde veloce in tutti. E anche le soluzioni –a parole- sono
comode e ricorrenti: più utilizzo dei mezzi pubblici, più posteggi periferici,
educazione all’uso degli arti inferiori, piste ciclopedonabili che facilitino
l’utilizzo della bicicletta. Lo si dice da decenni, dagli anni Sessanta e
Settanta delle 500, delle 600, delle 850, delle 1100…e poi le 124, le 125, le 127
(sempre Fiat, quando la Fiat imperava)…e poi le Panda…insomma, la ricetta ci
sarebbe ma non è di facile applicazione. Perché l’auto è comoda, veloce,
praticamente è sempre la soluzione migliore, cioè quella scelta dai cittadini.
Quindi non me la sento di dare consigli, salvo il mio auspicio ad operare per
ridurre le auto in città, rinnovando agli amministratori la mia speranza:
facciano il possibile per ‘obbligare’, con buon senso, a lasciare in garage
l’automobile. Io faccio la mia parte, vado in bici il più possibile, mi inquino
con gli scarti di chi non molla l’auto, pago il prezzo della mia ecologica
idealità.
Però
vorrei qui parlare di un sogno fattibile nel breve e brevissimo periodo, non
troppo costoso (e anche per questo realizzabile), rivolto soprattutto alla gioventù,
che è il mio futuro e quello di Varese. Da nonno ho ripreso a frequentare i parchi
pubblici, e soprattutto a condurre la mia nipotina là dove i bimbi amano scorrazzare,
nello spazio a loro riservato, fra scivoli, giostre e altalene. Ecco, sì, le altalene.
Occorrono più altalene a Varese. Da Villa Augusta al Parco Mantegazza, dai
Giardini Estensi a Villa Milyus, da Villa Toeplitz alle Ville Ponti: basta code
di bimbi che attendono impazienti perché dondola una sola altalena, massimo
due.
“Su,
dai scendi, lascia salire la bambina” e il piccolo strilla e protesta. “Ma sono
appena salito!” e allora genitori e nonni sono costretti a scegliere fra
l’indulgenza e la severità, fra la pazienza e uno strattone, seguito dal
pianto. Perché se è vero che i bimbi vanno educati a stare in coda e ad
attendere, come vanno educati che quando un adulto dice basta è basta, è
altresì vero che un maggior numero di altalene, piantate nei nostri parchi
pubblici, faciliterebbero la vita a tutti. Perché tutti noi abbiamo nella
memoria antica il dolce dondolio da altalena, la sensazione e il piacere del
volo, quel vuoto allo stomaco che intimorisce ed esalta, la caduta e la
risalita, quello spingere con gambe e braccia verso il cielo, chiudendo gli occhi
nel sole, cantando o chiedendo una spinta più vigorosa a chi ci ha accompagnato
nel luogo del piacere. Anche lo scivolo è sempre bene accetto e ha il suo
fascino ma lo scivolo è spesso sporco, umido: insomma, non scivola, quindi
diventa una pena. E sono gradite anche quelle casette con scale e funi, novità
degli ultimi tempi, perché ai tempi miei la casetta si costruiva di cartone e
di legno sugli alberi, capanne alla buona sulle robinie, nei piccoli boschi di
periferia che abbondavano. I bimbi amano tutti i giochi, giostre che ruotano e
strani animali che dondolano ma l’altalena resta –a mio avviso- la preferita.
Troviamo allora qualche fondo di bilancio, raschiamo il barile e collochiamo
qualche altalena in più. Facciamoli volare in alto i nostri bimbi.
Emil, locomotiva umana
Ho divorato in un sol boccone il romanzo breve che ho ricevuto in dono a Natale. Titolo: 'Correre', di Jean Echenoz, storia della locomotiva umana Emil Zàtopek, cecoslovacco classe 1922, militare e membro del Partito Comunista, podista dalla corsa sgraziata e dal fiato asmatico, capace di vincere i 10.000 alle Olimpiadi di Londra (1948) e soprattutto di vincere a Helsinki, Olimpiadi 1952, i 5.000, i 10.000 e la maratona, impresa che nessun altro riuscirà a ripetere. Detentore dei record mondiali delle distanze dai 5.000 ai 30 km, Emil si ritirò dopo le Olimpiadi di Melbourne del 1956, dove giunse 6° nella maratona. Il libro piacerà a chi ama correre, ma anche a chi non ha molto in simpatia il Comunismo. Emil, già in qualche misura limitato nei suoi movimenti anche negli anni di maggior gloria, ebbe il demerito di parteggiare per Dubcek, animando nel 1968 la Primavera di Praga. Venne espulso dal partito, perse il lavoro, fu mandato in una miniera di uranio per sei anni, quindi adibito a umili lavori e infine 'costretto' a firmare una confessione, nella quale faceva mea culpa. Emil, pur di essere lasciato finalmente in pace, firmò. Morì dopo lunga malattia nel 2000, a 78 anni.
La scrittura di Echenoz è invitante, leggera, ironica. Una narrazione che va giù come il rosolio.
La prima candelina di Riccardo
Felice compleanno (il primo) al piccolo Riccardo, nipotino dei miei amici Carla e Paolo, nonni esultanti.
Seimila foto
Pur essendo un fotografo superdilettante, in questo 2014 ho scattato circa 6000 foto. Ecco una delle ultime. Si tratta di Paka (gatto in tanzaniano), il gattino di Maddalena e Stefano.
Scatto foto dalla fine degli anni Sessanta. Ho cominciato con la Ferrania e con la Kodak di mio padre, macchinette ridicole che regalavano foto quadrate. La foto completa, accompagna, visualizza la mia scrittura. La foto può farsi poesia, può alimentare la creatività. Una foto può persino commuovere.
martedì 30 dicembre 2014
I biglietti natalizi
Ne ricevevo a decine: alludo ai biglietti natalizi. Quando poi seguivo la politica per il settimanale 'Luce', ne arrivavano davvero tanti, compreso quello dell'allora Ministro Bobo Maroni. Poi ho smesso di fare cronaca politica, poi la crisi, poi le mail e i biglietti beneaugurali via internet, fatto sta che quest'anno ne ho ricevuti solo tre: quello, a tema, di Daniele Zanzi, quello, immancabile, del prevosto di Varese, l'amico Mons. Gilberto Donnini, e quello del Centro Culturale di Velate. Anzi, per la verità sono quattro, c'è anche quello dell'amica Germana. Il biglietto del Centro Culturale di Velate (foto) fa riferimento alla vecchia pensilina del tram, al bivio Sacro Monte-Velate. La vogliono 'salvare'. Chi è interessato a questo sostegno conservativo può telefonare: 0332.224055/339.8354112
Mock al Old Wild West
foto da google immagini
Stasera, veglione di Capodanno, Mock sarà al Old Wild West di via Tonale 3, Varese, a partire dalle 21.30, insieme a Laura Crisci e a Luca Guenna (no, Luca Guenna sarà Alle Colonne con Claudia Donadoni). Il locale mi pare adatto al loro genere musicale.
Stasera, veglione di Capodanno, Mock sarà al Old Wild West di via Tonale 3, Varese, a partire dalle 21.30, insieme a Laura Crisci e a Luca Guenna (no, Luca Guenna sarà Alle Colonne con Claudia Donadoni). Il locale mi pare adatto al loro genere musicale.
Lo schizzo del mercoledì
foto carlozanzi
NEBBIA
di carlozanzi
La
nebbia arrivò con lentezza, si materializzò da lontano, prima con un cartello
segnalatore (Attenzione, banchi di nebbia. Guidare con prudenza), quindi con
una muraglia bianca, quasi che le nuvole avessero perso gli ormeggi e si
fossero afflosciate sulla nostra crosta asfaltata, intossicata dai veicoli,
malcurata. L’alba, giunta da poco a indorare l’autostrada, segnalata da un sole
tondo e basso all’orizzonte, venne offuscata. L’impatto venne accelerato dalla
velocità dell’auto, che s’avvicinava lesta (a cento all’ora, poi a novanta e
quindi, per prudenza, a ottanta) alla massa di vapore; infine ci cozzò contro,
la perforò, vi si immerse come in un mare impalpabile.
Fuori
dal confortevole salottino ambulante vide campi innevati, tetti con scarsa
neve, fabbriche, antenne per la telefonia cellulare, cartelli stradali, automobilisti
inscatolati nelle lamiere come tonni che –immaginò- mostravano una
preoccupazione paragonabile alla sua. La nebbia è un fastidio, nessuno direbbe il
contrario.
Il
sole annegò, divenne opaca lampadina, luna diurna davanti ai suoi occhi. Sollevò
il parasole, che aveva abbassato con gioia perché con gioia aveva accolto il
sole nascente. Disse in silenzio: ‘Non ci voleva.’ Una grossa torre alla sua
destra, che finiva in cielo con una costruzione circolare illuminata da scritte
pubblicitarie, gli parve un disco volante che atterrava fra i vapori dei suoi
razzi.
Molti
abitanti delle auto lo sorpassavano superando in abbondanza il limite imposto a
chi percorreva la tangenziale, novanta all’ora. Incuranti della nebbia, ora
densa, tenevano quel maledetto piede destro contro l’acceleratore, non lo
sollevavano pur sapendo che rischiavano loro e mettevano a rischio la salute altrui.
Si portò sulla corsia più a destra, si accodò ad un TIR che rumoreggiava,
traballava, sputava veleno nero contro il suo parabrezza.
La
nebbia si diradò, il sole prese vigore, decise il sorpasso del TIR, strinse le
mani al volante, freccia a sinistra, uscita in seconda corsia, spilli in
fronte, un colpo di tosse, a metà si pentì ma tenne duro e tornò vittorioso in
carreggiata, allentando la morsa delle mani. Il sole scomparve, diminuì la
velocità, guardò nello specchietto retrovisore, il TIR lontano si stava
avvicinando, pensò in silenzio ‘Mi vedrà…ho anche la luce antinebbia
posteriore…anche i fendinebbia, ma al TIR quelli non interessano…’ Ebbe
comunque paura.
Nell’abitacolo
il clima era accettabile, immaginò il freddo di fuori, l’umido. Il mondo si era
fatto grigio, opprimente, insicuro, il viaggio un’avventura con esiti
drammatici in costante aumento di probabilità.
Ma
presto tornò il sole innanzi ai suoi occhi, si presentò come riflesso a forma
circolare, poi come ostia alzata in cielo da un Dio benevolo, quindi faro dalla
luce sempre più intensa, infine fuoco capace di sciogliere quelle nubi
improprie, fuggite dal cielo per fare dispetto agli uomini.
E
quando tornarono i colori, e persino la neve gli parve un arcobaleno, si voltò
verso di lei e le disse: “Ti amo.”
Il mio 2014
foto valentina zanzi
Il mio 2014 ha avuto momenti di intensa felicità: il matrimonio di mia figlia Maddalena con Stefano, la laurea di mia figlia Caterina con successivo Master a Trento, mia nipotina Rebecca Zoe, che ho il privilegio di accompagnare, di tanto in tanto, nella sua crescita. La salute mi ha sorretto, consentendomi di portare avanti le mie solite attività e di praticare un'ora di sport al giorno, con costanti salite al Sacro Monte (ad oggi, 30 dicembre, sono 345). Non ho pubblicato nessun libro nel 2014 ma, con una costanza che certo non si alimenta con il carburante del successo, continuo a scrivere. E ciò mi dà soddisfazione.
La sofferenza di mio fratello Marco è stata la nota più negativa di quest'anno, anche se il suo cammino nella fede, la sua volontà di lottare, di 'volare alto' sono stati, sono esempio positivo, testimonianza di grandissimo valore.
Con la mia debole fede ringrazio Dio per quest'anno che se ne va.
Progetti per il 2015? Non ne faccio, e se anche ne facessi qualcuno non lo scrivo qui. Sono un tipo piuttosto prevedibile, ma di tanto in tanto amo fare qualche sorpresa.
Il mio 2014 ha avuto momenti di intensa felicità: il matrimonio di mia figlia Maddalena con Stefano, la laurea di mia figlia Caterina con successivo Master a Trento, mia nipotina Rebecca Zoe, che ho il privilegio di accompagnare, di tanto in tanto, nella sua crescita. La salute mi ha sorretto, consentendomi di portare avanti le mie solite attività e di praticare un'ora di sport al giorno, con costanti salite al Sacro Monte (ad oggi, 30 dicembre, sono 345). Non ho pubblicato nessun libro nel 2014 ma, con una costanza che certo non si alimenta con il carburante del successo, continuo a scrivere. E ciò mi dà soddisfazione.
La sofferenza di mio fratello Marco è stata la nota più negativa di quest'anno, anche se il suo cammino nella fede, la sua volontà di lottare, di 'volare alto' sono stati, sono esempio positivo, testimonianza di grandissimo valore.
Con la mia debole fede ringrazio Dio per quest'anno che se ne va.
Progetti per il 2015? Non ne faccio, e se anche ne facessi qualcuno non lo scrivo qui. Sono un tipo piuttosto prevedibile, ma di tanto in tanto amo fare qualche sorpresa.
lunedì 29 dicembre 2014
Il Presepe di Giovanni Alghisio
foto carlozanzi
Chi si reca a Crema dai primi di dicembre ai primi di gennaio non può non far visita al famoso Presepe di Giovanni Alghisio, ai Sabbioni. Una vera meraviglia, frutto di mezzo secolo di lavoro di Giovanni, che ha realizzato un piccolo villaggio dove rivivono gli antichi mestieri, gli oggetti del passato, dove si rianima la vita contadina, con tanto di coltivazione casalinga dei bachi da seta (in uso anche a Varese), scene di un parto, vita d'osteria, la scuola e persino una piccola chiesa. Giovanni è morto anzitempo ma la famiglia porta avanti la sua missione, accende il fuoco, offre vin brulè, scalda i Sabbioni in queste rigide giornate invernali.
Il Duomo di Parma
foto carlozanzi
A Parma non per turismo, ho cercato di ritagliarmi uno spazio per la visita al Duomo, dedicato a Maria Assunta. Lo dovevo (oltre che all'amore per il bello) al mio prof. di arte del classico, Silvio Tron, che una quarantina di anni fa mi parlò -con voce pacata e grande passione- di questo Duomo (una delle maggiori creazioni dell'architettura romanica del sec. XII), del Battistero e degli altorilievi dell'Antelami. Non mi aveva detto però, il caro Silvio, che a Parma fa un gran freddo!
A Parma non per turismo, ho cercato di ritagliarmi uno spazio per la visita al Duomo, dedicato a Maria Assunta. Lo dovevo (oltre che all'amore per il bello) al mio prof. di arte del classico, Silvio Tron, che una quarantina di anni fa mi parlò -con voce pacata e grande passione- di questo Duomo (una delle maggiori creazioni dell'architettura romanica del sec. XII), del Battistero e degli altorilievi dell'Antelami. Non mi aveva detto però, il caro Silvio, che a Parma fa un gran freddo!
Upea Capo d'Orlando-Openjobmetis Varese: 84-71
foto carlozanzi
Le isole non si addicono a Varese. Dopo la Sardegna, anche la Sicilia non fa bene ai giganti varesini, che tornano zoppicanti e a testa bassa, al termine di una fra le più inguardabili partite di questo campionato. Male in difesa e in attacco, Upea che spreca un sacco di palloni eppure è subito davanti a noi. 27-14 dopo il 1° quarto, 48-29 dopo il 2°. La sosta negli spogliatoi non cambia la musica, per noi è sempre marcia funebre, sotto di 25 al 3° quarto: 65-40. Poi, a 6' dalla fine, il bel giocattolino siculo si inceppa, palle perse a volontà e Varese incredibilmente si fa sotto: un paio di triplette di Callahan, buone cose da Robinson, grande atletismo di Eyenge e i ragazzotti di Capo d'Orlando cominciano a preoccuparsi. Arriviamo a -8 (68-60). Ma è un fuoco di paglia. Scelte arbitrali discutibili (clamoroso un fallo non fischiato a Rautins, sul quale 'piove' in testa un giocatore dell'Upea) e errori nostri, nonché una tripla . spaccagambe di Soragna fanno evaporare ogni speranza. Così finisce 84-71. Partita da dimenticare alla svelta. Varese è di nuovo a terra. Urge rimettersi in piedi.
Forza, Varese!
Le isole non si addicono a Varese. Dopo la Sardegna, anche la Sicilia non fa bene ai giganti varesini, che tornano zoppicanti e a testa bassa, al termine di una fra le più inguardabili partite di questo campionato. Male in difesa e in attacco, Upea che spreca un sacco di palloni eppure è subito davanti a noi. 27-14 dopo il 1° quarto, 48-29 dopo il 2°. La sosta negli spogliatoi non cambia la musica, per noi è sempre marcia funebre, sotto di 25 al 3° quarto: 65-40. Poi, a 6' dalla fine, il bel giocattolino siculo si inceppa, palle perse a volontà e Varese incredibilmente si fa sotto: un paio di triplette di Callahan, buone cose da Robinson, grande atletismo di Eyenge e i ragazzotti di Capo d'Orlando cominciano a preoccuparsi. Arriviamo a -8 (68-60). Ma è un fuoco di paglia. Scelte arbitrali discutibili (clamoroso un fallo non fischiato a Rautins, sul quale 'piove' in testa un giocatore dell'Upea) e errori nostri, nonché una tripla . spaccagambe di Soragna fanno evaporare ogni speranza. Così finisce 84-71. Partita da dimenticare alla svelta. Varese è di nuovo a terra. Urge rimettersi in piedi.
Forza, Varese!
domenica 28 dicembre 2014
L'aliante di Antonella
foto carlozanzi
Antonella Visconti, un'altra scoperta poetica, fatta grazie all'antologia 'Poeti a Varese' (NEM)
Aliante
di antonella visconti
chiedi all'aliante
l'aerodinamica dell'abbandono
l'epifania a spirale del silenzio.
Ma non dimenticare la fatica del monomotore,
dell'angelo gregario
salito a consegnarlo alle correnti
perché declini il suo messaggio ermetico
alto sopra il catino millenario:
a quel rumore devi quel silenzio
come al Battista il Cristo, al macchinista
l'abbraccio degli amanti sul binario.
Antonella Visconti, un'altra scoperta poetica, fatta grazie all'antologia 'Poeti a Varese' (NEM)
Aliante
di antonella visconti
chiedi all'aliante
l'aerodinamica dell'abbandono
l'epifania a spirale del silenzio.
Ma non dimenticare la fatica del monomotore,
dell'angelo gregario
salito a consegnarlo alle correnti
perché declini il suo messaggio ermetico
alto sopra il catino millenario:
a quel rumore devi quel silenzio
come al Battista il Cristo, al macchinista
l'abbraccio degli amanti sul binario.
Direi che si tratta di Trucazzano...o no?
foto carlozanzi
Questa foto dovrebbe risolvere il dubbio, relativo alla natura di quelle ciminiere che sbucano dalla nebbia là, all'orizzonte. Vista la posizione dei grattacieli di Milano rispetto alle ciminiere, direi che si tratta della centrale termoelettrica di Trucazzano (vicino a Cassano d'Adda) e non di quella di Tavazzano (vicino a Lodi). E la mia ipotesi pare confermata dal mio amico, che si firma il Disturbatore del Sonno. Enrico, che dici? Ed Enrico (Piazza) si è fatto vivo, smentendo la mia ipotesi è propendendo per Tavazzano. A suo dire i grattacieli (non quelli sulla destra, zona Stazione centrale) che si notano prima della ciminiera sono quelli di Cinisello Balsamo, quindi la centrale termoelettrica è quella di Tavazzano. Il mistero rimane.
Questa foto dovrebbe risolvere il dubbio, relativo alla natura di quelle ciminiere che sbucano dalla nebbia là, all'orizzonte. Vista la posizione dei grattacieli di Milano rispetto alle ciminiere, direi che si tratta della centrale termoelettrica di Trucazzano (vicino a Cassano d'Adda) e non di quella di Tavazzano (vicino a Lodi). E la mia ipotesi pare confermata dal mio amico, che si firma il Disturbatore del Sonno. Enrico, che dici? Ed Enrico (Piazza) si è fatto vivo, smentendo la mia ipotesi è propendendo per Tavazzano. A suo dire i grattacieli (non quelli sulla destra, zona Stazione centrale) che si notano prima della ciminiera sono quelli di Cinisello Balsamo, quindi la centrale termoelettrica è quella di Tavazzano. Il mistero rimane.
'Il quadrato del cerchio' diventa un film
foto carlozanzi
Finisce bene il 2014 per la mia amica, la giallista Giancarla Giorgetti. Il suo secondo romanzo giallo, 'Assassinio in sagrestia', entra in classifica fra i libri più venduti alla libreria Feltrinelli di Varese. Inoltre sono iniziate a Laveno, in questi giorni, le riprese del film (per la regia di Maria Teresa Garzola) tratto dal primo romanzo giallo di Giancarla, 'Il quadrato del cerchio'. Molto bene!
Finisce bene il 2014 per la mia amica, la giallista Giancarla Giorgetti. Il suo secondo romanzo giallo, 'Assassinio in sagrestia', entra in classifica fra i libri più venduti alla libreria Feltrinelli di Varese. Inoltre sono iniziate a Laveno, in questi giorni, le riprese del film (per la regia di Maria Teresa Garzola) tratto dal primo romanzo giallo di Giancarla, 'Il quadrato del cerchio'. Molto bene!
Già..ma allora?
foto carlozanzi
Per carità, non parliamo dell'evidenza che abbiamo mangiato troppo in questi giorni e ora basta, ci dobbiamo dare una regolata; lasciamo stare il meteo, la salute, i figli, i nipoti, la politica, i pettegolezzi con l'insana abitudine di parlare delle vite altrui. Non rimarchiamo i drammi che ci accerchiano. E' forse il caso di parlare d'amore? Direi di no. E lasciamo stare anche Dio: quando si fanno discorsi seri bisogna sempre tirarlo in ballo. Già...ma allora: di che parliamo?
Forse basta guardare.
Per carità, non parliamo dell'evidenza che abbiamo mangiato troppo in questi giorni e ora basta, ci dobbiamo dare una regolata; lasciamo stare il meteo, la salute, i figli, i nipoti, la politica, i pettegolezzi con l'insana abitudine di parlare delle vite altrui. Non rimarchiamo i drammi che ci accerchiano. E' forse il caso di parlare d'amore? Direi di no. E lasciamo stare anche Dio: quando si fanno discorsi seri bisogna sempre tirarlo in ballo. Già...ma allora: di che parliamo?
Forse basta guardare.
Affidarsi
foto carlozanzi
Sono il primo ad essere autoreferenziale, cerco di cavarmela da solo, non sono un tipo che lascia ad altri le scelte relative alla mia vita, eppure questo sacrosanto diritto ad essere gli attori primi del nostro esistere si scontra con una verità chiara: spesso ci dobbiamo, più o meno consapevolmente, affidare ad altri, e non solo per scelte secondarie. Non siamo sempre padroni. Il che mi fa pensare che, in fondo, affidarsi anche a Dio non è poi così scandaloso.
Sono il primo ad essere autoreferenziale, cerco di cavarmela da solo, non sono un tipo che lascia ad altri le scelte relative alla mia vita, eppure questo sacrosanto diritto ad essere gli attori primi del nostro esistere si scontra con una verità chiara: spesso ci dobbiamo, più o meno consapevolmente, affidare ad altri, e non solo per scelte secondarie. Non siamo sempre padroni. Il che mi fa pensare che, in fondo, affidarsi anche a Dio non è poi così scandaloso.
La grande nevicata del duemilatredici
ph valentina zanzi
I pochi fiocchi di ieri hanno ravvivato in me la nostalgia della neve, e così è tornato questo racconto breve
La
grande nevicata del duemilatredici
di carlozanzi
Incontrò
un suo coetaneo. Da lì partì l’idea della preghiera e tutto il resto. Era il
ventidue febbraio del duemilatredici, un caldo fuori stagione, venti gradi e le
prime, temerarie cavolaie a regalare zigzaganti giallotenui ai giardini tardoinvernali.
“Chi
si vede.”
“Eccolo
qua…come te la passi?” disse lui.
“Ma
lo senti che caldo?” e una scrollata di capo. “Oimè…”
“Oimè?”
“Siamo
in inverno. Ma le belle nevicate di una volta? Te le ricordi?”
“Certo,
ma…”
“Neve
su neve” e fece il segno con la mano, fermandosi all’altezza dell’ombelico.
“Bè,
non esageriamo…”
“Vedo
che perdi la memoria. Battaglie a palle di neve, scuole chiuse…le stagioni erano
stagioni, quattro stagioni belle nette, definite…e quelle nevicate!” e rifece
il gesto con l’altra mano, arrivando sino ai capezzoli.
Si
salutarono. A lui rimase una diffusa amarezza, che lo condusse nella vicina
chiesa parrocchiale. Si inginocchiò. Pregò:
“Signore
che governi gli elementi, Dio della natura e delle nevicate di una volta, ti
prego. Non lo dico per la neve, che pure amo, e lo sai, lo dico per tutti i
cinquantenni che sono intossicati dalla nostalgia del tempo che fu. Non hanno
sessant’anni e campano di ricordi. Si precludono il futuro. Stanno sprecando
ciò che resta loro da vivere. Questo non lo sopporto. Signore, se ci sei, manda
una bella nevicata di una volta. Avrei
una prova inconfutabile del tuo esistere – per me sarebbe essenziale - e potrei
raccontare ai miei coetanei che il futuro può essere promettente. Mi dirai –Ma
fuori ci sono venti gradi e le magnolie hanno fretta, pretendi un po’ troppo-
So che lo puoi fare, mio Dio. E così sia.”
Uno
scarabocchio di segno di croce e uscì nell’abbaglio di un ventidue febbraio
certamente estivo.
Attese.
Già la sera si rannuvolò. Brusco cala delle temperature il giorno dopo,
ventitré febbraio, con cielo sbarrato da una compatta controsoffittatura grigiastra.
La sera, dopo il tramonto, i primi fiocchi.
La
notte non dormì, meglio, dormì male, si alzò a più riprese a vigilare,
scrutando fra le fenditure della tapparella. Nella luce del lampione trovava
conferma del suo sogno, i fiocchi scintillavano, si rincorrevano, festeggiavano
il loro ritorno. Nevicò a larghe falde, ininterrottamente, il ventiquattro e il
venticinque febbraio, sino alle sedici e trenta. Ottanta centimetri ne nevicarono
dal cielo, di quella neve bella, candida e leggera, che s’aggrappa anche al più
esile filamento, che pittura di biancolatte ogni sporgenza, stucca ogni
fessura, gelida farina setacciata dall’immenso setaccio mosso dalle mani di
quel Dio che l’aveva accontentato.
Lo
videro l’ultima volta il venticinque febbraio, verso le diciassette, andare
incontro al tramonto in un pubblico parco cittadino, saltellando nella neve
intonsa, talvolta rotolando,
rialzandosi, spolverandosi via la fiocca, e poi di nuovo la danza della festosa
allegria per una neve di quelle di una volta. Chi lo conosceva bene disse che
probabilmente aveva fatto una scoperta importante, non era sufficiente la
nevicata a giustificare tanta euforia. Forse, finalmente, aveva incontrato Dio.
la foto è di valentina zanzi (valentina.zanzi@yahoo.it)
sabato 27 dicembre 2014
La sofferenza è vita, non morte
Questo ha scritto Mock su fb ad un suo amico nella sofferenza. Altro non aggiungo.
La sofferenza è vita, non morte: è parte del
percorso, e parte non indifferente. Non bisogna evitarla, bisogna viverla bene
usando la medicina come un aiuto. La vera gioia passa dalla sofferenza, e
non è necessario essere cristiani per saperlo e accertarlo.
Come si diceva l'altra sera TUTTE le società antiche vivevano la sofferenze e
la morte come un evento NATURALE, non come un tabù da evitare, cose di cui non
parlare. Sono la porta per l'infinito: e quaggiù bisogna volare e godere di
ogni singolo istante del grande dono della vita. Ogni istante passa e non
ritornerà, vivilo pienamente e non avrai rimorsi e sarai felice. Non bloccare i
tuoi sogni, sorridi alle persone, stai attento ai loro bisogni, non sei solo a
questo mondo, condividi i tuoi talenti, non fermarti al superficiale, ma guarda
nel cuore degli altri. Non lasciare che il tuo cuore si indurisca. Quando
faccio la chemio, mi scorrono davanti agli occhi i volti dei miei amici e
fratelli, e la sofferenza diventa più leggera: non sono solo sulla Strada,
siamo in tanti a camminare insieme, appunto INSIEME. Affidiamoci al Signore
(per chi ci crede), ma anche a chi ci è intorno e ci vuole bene. Scopriremo il
segreto della vita piena e lasceremo un po' da parte il nostro ego, il nostro
io e la smetteremo di buttare il tempo lamentandoci e pensando al passato o al
futuro. La gioia sta nel presente e nel viverlo al 100%. Peccato che a volte
solo con la sofferenza si capisca tutto ciò: l'uomo è strano .... Ringrazio il
Signore per quello che mi ha dato, mi dà e mi darà: se questo è il centuplo
quaggiù chissà come sarà l'eternità! Grazie per la tua vicinanza ed il tuo
esempio: anche tu vivi pienamente ed è una grazia inestimabile.
Istinto
Istinto
di pietro papa
La mia mente è stanca
di riordinare
ciò che l'istinto sconvolge.
Perché mi avete dato delle regole
e messo le sentinelle al mio pudore?
E mi costringete a erigere barricate
di buon senso?
Il mio è un istinto sereno,
con qualche nube di follia.
Un applauso non si nega mai
foto carlozanzi
La lettura dell'antologia poetica 'Poeti a Varese', edito da NEM (in foto, la sera della presentazione, al tavolo ben tre poeti) mi sta facendo conoscere nuovi, interessanti poeti varesini e insieme mi fa riflettere sulla poesia. Una cosa mi ha sempre incuriosito, assistendo alla lettura in pubblico delle poesie: si applaude, sempre e comunque. Credo che una poesia, anche la più 'semplice', abbisogni di una lettura attenta, ripetuta, per poter essere 'compresa'. Poiché in genere mai un poeta dà spiegazioni circa i suoi versi, ciò giustifica la necessità di tempo per la meditazione, per l'assimilazione. Sarebbe più giusto non applaudire.
Soprattutto, sarebbe più sincero.
La lettura dell'antologia poetica 'Poeti a Varese', edito da NEM (in foto, la sera della presentazione, al tavolo ben tre poeti) mi sta facendo conoscere nuovi, interessanti poeti varesini e insieme mi fa riflettere sulla poesia. Una cosa mi ha sempre incuriosito, assistendo alla lettura in pubblico delle poesie: si applaude, sempre e comunque. Credo che una poesia, anche la più 'semplice', abbisogni di una lettura attenta, ripetuta, per poter essere 'compresa'. Poiché in genere mai un poeta dà spiegazioni circa i suoi versi, ciò giustifica la necessità di tempo per la meditazione, per l'assimilazione. Sarebbe più giusto non applaudire.
Soprattutto, sarebbe più sincero.
Buon anniversario
Sebbene in ritardo di un giorno (e chiedo venia) non mi sono dimenticato di voi: buon anniversario di nozze ai miei amici Daniela e Sauro.
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