venerdì 28 febbraio 2014

Herbert 26


Herbert
di franco hf cavaleri


“Con oggi è in lista di attesa, se arriviamo in tempo, vedrà che ce la faremo.”
E’ così che è partito il “count down”.
36
E’ scattato il conto alla rovescia in una vita che ti sforzi di vivere uguale a prima, mattina dopo mattina, notte dopo notte, immaginando un precario futuro di dubbi.
Quella domenica sera, sono passate poche settimane, ti sei messo a guardare per pigrizia dallo schermo i risultati del calcio.
Tra un attimo avremmo pensato alla cena.
Squilla il cellulare.
“E’ l’ospedale. La stiamo aspettando.”
Come fosse vero, l’incubo angosciato fece trasalire Herbert, quasi togliendolo dal torpore frammisto di pensieri e di stanchezza in quella notte di fuga.
Così presto?
Eppure lo sapevi che eri nella lista degli urgenti, ti viene da piangere lo stesso.
Non sei più te, come automa svuotato di pensiero ti portano in reparto, ecco il chirurgo che ti parla, ti dice che sarà con gli altri in sala operatoria, non appena verificati gli ultimi controlli.
Strano, non sei per niente agitato, emozioni non ne hai neppure una.
Forse perché la tua vita non è più tua.
Ti spogli, sali sulla barella, un ultimo sguardo a Grace, al suo viso umido che ti dice di avere coraggio, quello di cui anche lei ha bisogno.
Herbert non può più aiutarla.
Grace lo vedrà, molte ore dopo, in un lettino di rianimazione, trafitto di aghi e di sonde e di cateteri, tenuto in un sonno artificiale.
E’ vivo, le dicono che l’intervento è andato bene, che ora c’è solo da aspettare.
Quanto tempo sarà passato, forse un giorno e forse di più.
Gli occhi non si aprono, eppure bruciano di una luce rossa che trafigge le palpebre.
Dove sei? Chi sono?
Gente è vicino a te, ti sembra di respirare qualcosa di strano, provi fastidio e muovi il viso per spostare dal naso la mascherina che ti porta un ossigeno dal sapore aspro.
Tenti di muoverti. Ti sforzi di pensare.
Sul muro davanti a te i cristalli di un orologio scandiscono un tempo che non passa mai, in uno spasimo che ti sconvolge: che ti stanno facendo?
No, no, non è il tempo per sognare, nella rigida inerzia, ma con rabbia pensare, o forse rassegnazione, il passato, tutto intero, frazionato, istante per istante, le immagini lucide -almeno loro scatenate- in ebbro tumulto nella mente che spasima il passare millesimato d'ogni attimo indifferente.
Il caricatore impazzito di un proiettore stana dai meandri del cervello le diapositive della vita, come se tu le vivessi tutte d’un colpo, in esse galleggiando, in un solo lampo tutto assieme, l’amore e l’odio del tuo tempo vissuto.
“No, perché mi odiate? Non ho rubato la vita a nessun altro… è a me che toccava, non è colpa mia se qualcun altro sta ancora soffrendo.”

26-continua

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