Herbert
di franco hf cavaleri
Così non poteva durare, tanto più che in Grace lui intuiva, vedeva un carattere nel profondo forte e solido, sia pure mascherato da un atteggiamento chiuso e almeno apparentemente remissivo, timido.
Herbert cominciò a vederla con occhi particolari, sapeva di avere lui stesso un vissuto disordinato, mille cose in testa, cominciate e non sempre portate a conclusione.
Un’idea gli esplose prepotente, con lei sto bene e ho voglia di averla sempre vicina.
Non passò molto tempo e una sera decise.
Il giorno dopo erano in giro con la macchina di Grace e come era ormai diventata un’abitudine, guidava lui. Cominciò quelle parole, che s’era preparato.
“Vorrei dirti delle cose. Quello che tu forse non sai è che esco con altre ragazze, una qui in città e un’altra che abita fuori, tu non le conosci, sono di altri giri.”
Lo schiaffo non gli giunse inaspettato.
“Gira la macchina e riportami a casa e non farti più vedere da me.”
“No Grace, lo sto facendo apposta a dirtelo mentre guido, così sei obbligata ad ascoltarmi. Io con te ci sto bene, vorrei che questa nostra storia diventasse grande, unica. Insomma, io voglio stare con te, solo con te. Non rispondermi subito, pensaci. Quando ci fermiamo vorrei che tu mi dicessi che ci stai pensando. Tu mi dai gioia, una tranquillità enorme, sei il mio elemento equilibratore.”
Si fermarono alla fine a lato di una stradina, rimasero in auto guardandosi negli occhi.
Stretto tra lo studio e le prospettive di una professione, Herbert non se ne stava quieto, ne cercava e ne trovava di lavoretti in cui buttarsi a capofitto per raggranellare qualche liretta. Fu grazie a quei guadagni che potè permettersi la sua prima macchinetta di seconda mano, cilindrata sotto i mille ma carrozzeria sportiva, addirittura griffata Vignale: quel tanto di originalità che andava incontro al suo bisogno di fare qualcosa di diverso, di distinguersi.
Non era soltanto un discorso di andare per le strade. Come una sorta di “status symbol” attrezzò la sua Vignale di tutto punto: mangianastri collegato alla presa dell’accendisigarette e adeguata provvista di cassette dalle musiche intriganti, sportello tramutato in bar con servizio di noccioline e di bottigliette mignon di prosecco, ovviamente con tanto di calici. Una cosa seria, insomma.
Come serie erano diventate le cose tra Herbert e Grace.
Gestire un filarino tenendosi nascosti non era così facile in quegli anni, che solo da poco avevano scoperto la libertà della “rivoluzione sessuale”.
Tanto più che Grace mai avrebbe trasgredito alle regole di casa.
A scoperchiare le pentole ci pensò un imprevisto.
Nella loro prima estate erano andati in treno a visitare Milano, c’era una rassegna interessante per Herbert. Avevano poi deciso di fermarsi in piazza del Duomo per mangiare un boccone ai tavolini del Biffi, stralunati nel vedersi portare da un inappuntabile cameriere forchettina e coltellino.
“Ma noi che cosa mai abbiamo chiesto?”
10-continua
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