Herbert
di franco hf cavaleri
Fu un balletto assurdo per invitare e per respingere, solo il fiato spezzava il loro silenzio, il loro spingersi e strattonarsi per la stanza.
D’un tratto inciamparono sul tappeto, scivolarono quasi cadendo davanti a un divano.
“Cerca di non farti strane idee.” Gli occhi d’improvviso inespressivi, le parole di Lea erano neutre, fredde. “Ora io vado a farmi una doccia, se tu vuoi vai di là nell’altro bagnetto a sistemarti e poi vattene, ci siamo divertiti e la cosa finisce così.”
Herbert neanche le rispose, era stordito, guardava le strisce rossastre sulle braccia, le sentiva sulla faccia. Forse negli anni a venire sarebbe diventato facile distinguere il fare l’amore dal fare sesso, ma in quel momento, per Herbert specialmente, non era così. Non aveva mai pensato al sesso senza sentimenti e senza amore e quello che era successo non gli piaceva. Per niente.
Si affrettò a sistemarsi lì dov’era, voleva davvero sparire prima che Lea uscisse dalla doccia, poi decise comunque di salutarla e andò verso il bagno. Passando davanti alle camere, gli sembrò di scorgere un movimento, forse Lea aveva già finito.
Spinse piano la porta, giusto un attimo per dirle che stava andandosene. Non era lei, era Chicca, la sua compagna di tante battaglie studentesche.
“Che ci fai tu qui?”
Altro che sbalordimento per Herbert.
“Sei stata qui per tutto il tempo, allora ci hai visto?”
Chicca lo stava guardando, ugualmente stravolta.
“No, non qui, non è proprio il momento. Ti spiegherò, ti parlerò. Vediamoci domani pomeriggio in oratorio, devo parlarti, devo chiederti una cosa, ma ora vattene via, prima che Lea se ne accorga.”
L’aveva già sentito dire in giro, all’ingrosso, di un qualcosa.
Ora Herbert stava a chiedersi se quelle voci di uno “strano” rapporto tra Lea e Chicca fossero davvero solamente delle stupidaggini.
Del resto, la cosa si sarebbe chiarita presto, giusto il tempo dell’appuntamento che si erano dati per l’indomani.
Lui non tornò neanche a casa, dopo la scuola, per essere in oratorio nel primissimo pomeriggio, cercandola nel salone e nelle stanze del piano superiore.
La trovò in una di queste, appoggiata a una scrivania, si scostò quando lui fece per avvicinarsi, come volesse scusarsi per quello che era successo il giorno prima da Lea.
Chicca parlava in fretta.
“Lascia stare, non hai niente da spiegarmi, lo so bene come è fatta quella. Non è per questo che voglio parlare con te. Tu lo sapevi che sono uscita di casa?”
“Sì, qualcosa avevo sentito dire in giro, anche se è da un po’ che non ci vediamo so bene che i tuoi problemi in famiglia, con tuo padre, sono molto grossi. Così te ne sei scappata via, ma com’è che stavi a casa di Lea? Mi quadra con qualche voce che ho sentito tra gli altri, che vivi con la Lea.”
Lei sospirò, guardandolo con tristezza.
16-continua
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