UNA
PROVA INCONFUTABILE
di carlozanzi
Aveva
bisogno di dirlo a qualcuno, così pensò a lui, all’amico che lo avrebbe
ascoltato con interesse e che avrebbe avuto il coraggio di interromperlo,
ammonendolo: “Ma che corbellerie vai raccontando?”
Si
trovarono in un bar del centro, lui seminascosto dai vapori di una cioccolata
calda con panna, l’amico dietro una bibita light, avendo problemi di sovrappeso,
di pressione arteriosa, essendo reduce da un intervento chirurgico di un certo
impegno, obbligato dai medici a fare attenzione, se aveva in animo di campare
ancora qualche tempo.
E
così partì la confessione: “Dio è nel bisogno che ho di Lui. Non vi sono altre
prove della Sua esistenza, prove per me convincenti. Il mio bisogno persiste,
Dio esiste: è così semplice.”
L’amico
lo guardò con gli occhi di chi chiede dell’altro, per capire meglio.
“E’
come se avessi messo il cuore in pace, cercare dell’altro è tempo perso, non mi
interessa rileggere quelle ridicole prove dell’esistenza di Dio, che s’illudono
di spiegare che c’è, indubitabilmente, basandosi su scienza, filosofia e altri
trucchetti della mente. So che è tempo perso e per noi due, come sai, il tempo
stringe.”
L’amico
si toccò le palle, un gesto inatteso visto che era un tipo estremamente misurato,
un cristiano irreprensibile, mai un dubbio, forte di una fede certa nella
Chiesa cattolica e apostolica romana, un lunghissimo curriculum di servizi
parrocchiali, ore, giorni, mesi, anni regalati alla testimonianza evangelica
nelle comunità locali. Mai una parolaccia né barzellette oscene, gesti
sconvenienti, famiglia figli, nessuno sgarro, nessuna doppia vita, almeno
questo era ciò che si presumeva di lui.
“Io
sono l’ultimo che dovrei parlare” disse l’amico, “sai bene i miei guai di
salute, ma ho ancora tanta voglia di vivere. Scusa se ho fatto quel gesto…”
“Ma
va là…E di vita te ne auguro sino alla nausea; in ogni caso, amico mio, anche
campassimo quanto Matusalemme, sai quello che ci tocca, e avere Dio dalla
propria parte è un gran vantaggio. Già, ma quale Dio? Senti, ti dirò
francamente…anzi, prima fammi assaggiare questa prelibatezza…” Infilò il
cucchiaino nella panna, lo arricchì con la cioccolata che svaporava, lo leccò
con una golosità disturbante. “Sai quante menate mi sono fatto per ‘sta storia
che abbiamo differenti religioni, e chi mi garantisce che la mia sia quella
giusta, la migliore, la vera…che il mio Dio sia il solo davvero credibile…ci ho
passato anni, notti non dico insonni ma turbate sì….bè, è un falso problema, ho
bisogno di Dio, ho trovato sulla mia strada questo, il Padre di Gesù, mi
soddisfa….che sia l’unico vero Dio è un dettaglio…sì, certo, ora tu mi dirai
che invece è essenziale, che la mia posizione è di una superficialità
imbarazzante, che ragiono come un bambino e che, se questo è l’esito, ho
buttato via decenni, ma non dobbiamo forse prendere esempio dai bambini? In
ogni caso ho bisogno di un Dio, di una chiesa in calce e mattoni dove pregare,
di amici che preghino con me, mi sta bene questa, nonostante i preti non siano
sempre d’esempio, nonostante la divisione fra i cristiani, nonostante tutti i
nonostante…”
L’amico,
dopo aver ingurgitato l’ennesima pastiglia (quest’ultima era contro l’ipertensione)
lo bloccò: “Sei o non sei cristiano?”
“Certo
che lo sono..ma ti fermo subito: non farmi domande, le domande ti allontanano
da Dio, le domande chiedono risposte coerenti, sono fatte perché i conti
tornino, perché la storia non abbia contraddizioni…e ti sembra che parlando di
Dio si possano evitare i buchi neri? Chiamiamolo mistero…il mistero non si può
capire e più cerchi di capirlo più non lo capisci, io lo accetto, tu non farmi
domande perché non ci sono risposte. E ti dirò di più: un bel tramonto vale più
della Bibbia…per me, naturalmente, so che per te è tutto diverso…. Non so come
spiegarmi, ecco sì, vediamo se ci riesco: il dubbio…non si può vivere nel
dubbio, soprattutto se tu hai necessità impellente..è una tortura: allunghi la
mano per prendere quella fetta di torta, il dubbio te la porta via, te la
trasforma in un piatto di trippa, sai bene che odio la trippa…Amico mio, il
dubbio è un lusso che non posso più permettermi, ora che è il tempo del
raccolto, oggi che la tempesta si materializza all’orizzonte, via, veloce il
grano nel granaio, prima che la grandine mortifichi tutto il lavoro. Mi sono
semplificato la vita, le quattro cose essenziali che servono, viaggiare
leggeri…e Dio serve, altroché se serve..so di dirlo alla persona che, su questo
punto, non può dir di no….vado sul sicuro….”
L’amico
lo guardava con una strana espressione, indecifrabile, una maschera che
conteneva sorpresa, timore, desiderio di replicare ma insieme rispetto per
quella confessione da bar, che giudicava sincera.
Così
andò avanti per ore, l’amico telefonò a casa per spiegare la situazione,
ottenne comprensione, mangiarono tramezzini e bevvero birra, la figlia del
principale si avvicinò più volte, azzardò qualche domanda, venne zittita da lui
con la storia che porsi domande, in quel campo, era insensato, e che ognuno
doveva trovare il suo Dio, compresa quella bella ragazza dai modi gentili e
dagli occhi sbiechi, un lieve strabismo che un poco ammaccava il suo fascino.
Infine il padrone, all’ora della chiusura, li sollecitò e i due se ne andarono.
La
ragazza, mentre faceva scorrere lentamente, con riguardo la saracinesca (erano
le due della notte) sentì dire da quello che aveva risolto i suoi problemi con
Dio: “Grazie.”
E
l’altro: “Grazie di che?”
varese, 9 dicembre 2014
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