Domani, 24 dicembre, vigilia del Santo Natale, alle ore 8, nella chiesa parrocchiale di Biumo Inferiore, verrà celebrata una Santa Messa in ricordo di Fabio.
Ripropongo qui quanto scrissi in quel tragico Natale del 2005.
Mi tremano le dita, perché in queste circostante anche una
virgola in più può far male. Quando muore un giovane di 15 anni, tumore al
cervello che in un mese e mezzo compare e uccide, anche un sospiro di troppo
può essere, appunto, di troppo. Però voglio esserci. Come ero presente al
rosario di Natale e poi al funerale di Santo Stefano. Voglio esserci a
ripetere: ‘L’amicizia è l’abbraccio tenero di Dio.’ Voglio impiastricciare
d’inchiostro questo giornale, per un abbraccio che possa contenere Emanuela e Attilio
(mamma e papà di Fabio, il giovane che ci ha lasciato), Anna e Luca (sorella e
fratello) e tutti quanti credono nell’indecifrabile e potente Dio della vita e
della resurrezione. Abbracciarsi per scaldarsi, perché un Dio così fa
soprattutto paura. Abbracciarsi per farsi coraggio, per difendersi dal male ma
anche per ripetersi, sussurrandolo all’orecchio del vicino: “Non ci resta che
questo Dio, per sopravvivere. Non ci resta che immaginare, pretendere una vita
redenta, per non avanzare il sacrosanto diritto di protestare contro un
progetto disumano.” Non ho conosciuto Fabio. Ho invece conosciuto i genitori.
Fabio aveva racimolato, in 15 anni, una bella manciata di amici, centinaia e
centinaia che hanno regalato calore, commozione, preghiere, canti, umanità alle
sue esequie. Fabio era un ragazzo dalla evidente fede in Cristo: questo si è
detto dentro la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, in Biumo Inferiore. I suoi
genitori hanno avuto il coraggio (frutto di fede, non può essere altrimenti) di
leggere la parola di Dio e di aggiungere altre riflessioni finali, davanti alla
bara del figlio. In certi momenti, credo che Dio ponga parzialmente rimedio
allo scandalo di una morte inconcepibile, regalando a chi più soffre la Grazia
necessaria per non morire, la forza di esprimersi, al cospetto di un furto che
ti lascia nudo. Io, in un angolo, guardavo con gli occhi umidi e una
convinzione: non potrò mai comprendere il dramma di chi perde un figlio a 15
anni. Solo chi ha vissuto la stessa lacerazione può accostarsi senza indebite
ingerenze. Io, che ho una figlia di quell’età, posso balbettare qualcosa,
stringendola gelosamente a me, nella fanciullesca illusione che nessuno me la
toglierà. So che non è vero. So però che devo crederlo vero. Ma so anche che
Fabio è morto. A 15 anni. Senza nessuna colpa. Con molti meriti. So che questo
mio ‘abbraccio’ scritto ben difficilmente sarà testimone della tenerezza di
Dio. Ci ho provato. Ricco solo della mia povera umanità ferita.
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