MUGHETTI
DI MAGGIO
di carlozanzi
Prese
l’auto e attraversò il centro città, semideserto nella sonnolenza di un giorno
di festa. In discesa giù verso la valle, attraversò il ponte sopra un fiume che
mandava cattivo odore, salì verso una collina, svoltò a destra, seguì una
stretta strada asfaltata, lasciò alla sua destra il carrozziere, passò fra
ville graziose e cani che dormivano, sbucò sopra un piano e prese a sinistra,
finché trovò il posto che cercava.
Posteggiò
l’auto, scese e respirò l’aria che non sapeva più di quel fiume marcio ma di
fioriture primaverili, d’erba grassa, colorata a tinte forti dalla pioggia, che
in quelle zone abbondava. Infatti il terreno era umido, e non di rugiada. Ma
era stato previdente, calzava scarpe adatte e si era coperto a sufficienza, per
non dover soffrire il freddo. La sua filosofia di vita, al capito cinque, così
recitava: “Già si soffre abbastanza, evitiamo l’evitabile.”
Guardò
in un prato a bordo strada ma restò deluso. Guardò lungo la stretta
carreggiata, a destra e a sinistra: la sua era la sola auto posteggiata. Nessun
rumore di vetture in lontananza. Era solo, felice perché certo che avrebbe
trovato ciò che cercava, sicuro che lei sarebbe stata contenta: una levataccia
che sarebbe andata a buon fine. Prese una mulattiera e trovò il bosco, robinie
soprattutto: non eleganti, spinose ma lui guardava a terra, nelle radure che
s’aprivano fra i tronchi. Per il momento foglie, solo foglie, verdebrillante,
in salute, ma i fiori?
“Sono
in anticipo o in ritardo” pensò e sentì quella debole rabbia che prende quando
un nostro piano rischia di naufragare.
Andò
a cercare un angolo con più luce. Le scarpe pesanti si stavano infangando, con
la delusione saliva la sonnolenza e anche il regalo che intendeva incartare
perse il suo valore. Ma lo riacquistò alla prima corolla: corolla di mughetto.
In principio chiusi, come un minuscolo pugno serrato color verdeacqua, ma
qualche metro più in là, sull’altro lato del sentiero, il verde trovò
finalmente il candido del mughetto in salute, della giusta maturazione, pronto
per lei. La foga della scoperta rovinò i primi fiori, che strappò con mossa da
principiante. Si pentì, si ripromise calma. I fiori andavano sfilati dal
terreno, lasciando le radici dove dovevano rimanere.
Il
desiderio di offrile quel profumo, e la consapevolezza che erano fiori rari,
proibiti al pari della biblica mela lo invogliò ad accontentarsi di un piccolo
mazzo, che contornò con le foglie. Lo legò con fili d’erba, ci fece annegare il
naso, ringraziò e si preparò per il rientro. Avrebbe voluto trovarla ancora nel
letto.
Una
guardia forestale lo sorpresa mentre stava nascondendo il suo raccolto di
mughetti nello zaino. Si era avvicinata silenziosa, col desiderio di punire
quell’uomo irrispettoso della legge.
“Lo
sa che non si possono raccogliere i mughetti?” disse l’uomo in divisa.
Lui
fece un verso triste, un cenno col capo che voleva dire: ‘Mi hai beccato, sì,
lo so, hai ragione, sono in colpa, non del tutto pentito’ ma in realtà, per la
cronaca (che non comprende i pensieri) disse: “Sì, lo so.”
“Mi può mostrare gentilmente i fiori?” disse la guardia forestale.
“Eccoli”
e nell’atto di allungare il braccio con la preda floreale, immaginò quanto
sarebbe stato diverso lo stesso gesto, regalato alla donna che amava.
Il
pubblico ufficiale valutò, quindi sentenziò: “Sono cento euro di multa.”
Lasciata
sbollire la sgradita sorpresa, lui disse, deciso: “Guardi, non che sia
contento, questo no, ma i cento euro li pago con meno rabbia, perché si tratta
di un regalo.”
La
guardia forestale ci pensò un istante, questo va scritto, ma infine decise di
andare sino in fondo: “Lo sa che questi mughetti li dovrà lasciare a me? Sono
sotto sequestro.”
“Lo
sa che lei può andare a fanculo?” Lanciò il mazzolin dei fiori verso il cielo,
i fili d’erba si sciolsero, una pioggia di mughetti lavò il viso della guardia
forestale. “E ora se li raccolga, piccolo uomo.”
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