martedì 6 maggio 2014

Il racconto del mercoledì


Confessarsi almeno una volta all'anno e comunicarsi almeno a Pasqua: questo recita la dottrina cattolica. E spesso il tempo per la sola confessione annuale è proprio la Pasqua. I sacerdoti lo sanno e si rendono particolarmente disponibili. Ciò non toglie che la confessione resti il sacramento più ostico da 'digerire'. Ho pensato di riproporre questo mio racconto breve, già apparso nella raccolta 'Valzer par Varés'



Ego te absolvo
di carlozanzi

Entrò in chiesa e si diresse subito alla sua destra, nel primo confessionale. Si sedette. Contò coloro che erano in attesa dell’assoluzione: sette. Si alzò, andò al confessionale vicino all’altare, erano solo cinque, si fermò. Arrivò subito dopo una vecchia bigotta (gli venne di chiamarla così), che si sedette davanti a lui, lo guardò come per dire: ‘Comunque sono arrivata prima io.’ Provò una rabbia immotivata e feroce, si alzò per controllare meglio la situazione, attese con impazienza che i cinque aventi diritto espletassero le pratiche della confessione cattolica, lasciò che la vecchia gli fregasse il posto ma si tolse la soddisfazione di dirle, fra i denti, quando uscì: “Sa che lei è una gran cafona?” Raccolse il suo: “Maleducato…sì, fa proprio bene a confessarsi, confessi anche questa...” e finalmente si inginocchiò davanti alla grata. Sentì odore di visi altrui, di fiati altrui, di punte di naso contro il ferro bucherellato, di peccati, secoli di peccati, tanti quant’era l’anno di edificazione della basilica della sua città.
Si aprì lo sportellino. ‘In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti’ disse il prete. Lui fece il segno della croce e partì, a voce controllata: “Confesso che non comprendo il senso del cartello che avete appeso fuori dal confessionale.” E continuò: “Che senso ha scrivere NON SI CONFESSA DURANTE L’OMELIA. Avrei capito NON SI CONFESSA DURATE LA CONSACRAZIONE. In questa chiesa contano di più le riflessioni del celebrante rispetto al mistero del pane che si fa corpo di Cristo?”
Con una velocità di risposta che lo sorprese, il prete disse: “Ho l’impressione che sia partito con il piede sbagliato.” E aggiunse: “Comunque io non c’entro con quel cartello, e convengo che ha ragione. Ma parliamo di lei.”
Spiazzato prese fiato, pensò e decise di continuare per la sua strada: “E allora le confesso che non comprendo il senso della confessione. Sa qual è la frase più bella della Santa Messa? ‘Signore, non sono degno di partecipare alla Tua Mensa, ma dì soltanto una parola e io sarò salvato.’ Che senso ha che io racconti a lei le mie colpe? Dio sa, conta l’intenzione, il pentimento, la consapevolezza, il bisogno di ricominciare...tanto, cosa crede, che la gente le viene a raccontare tutti i peccati? Raccontano ciò che ritengono giusto raccontare. Certi peccati sono impronunciabili anche per chi li commette. Vuole che vengano a dirli a un prete? Confidano nell’amore di Dio. Perché questa falsità? Dio, se davvero esiste, conosce, quindi lasciamo fare a lui.”
Era infervorato: “Ora mi dirà che quella parola che dovrebbe pronunciare Dio, la frase che le ho citato prima, ma dì soltanto una parola, ricorda? Ecco, mi dirà che quella parola dovete pronunciarla voi al posto di Dio, perché voi ora, lì dentro, al buio, siete Dio. Spetta a voi ascoltare la nostra pochezza e dare l’assoluzione, voi, tramite sacro fra la terra e il cielo. Oppure farà appello al mistero, che tutto avvolge, o ci si crede o non ci si crede….Oppure, se vorrà far leva sulla mia vanagloria, dirà che non sono per niente umile, che mi permetto di giudicare millenni di cammino ecclesiale, che non so obbedire all’autorità……che in realtà non sono affatto nel clima spirituale necessario ad una confessione….mi dirà di tornare domani, di pregarci su, oppure mi proporrà di diventare il mio direttore spirituale, così saprà spiegarmi la faccenda punto per punto…..oppure lei in questo momento sta già pregando per la mia anima, evidentemente turbata….oppure farà cigolare lo sportellino, chiuderà la comunicazione abbandonandomi alle mie domande, dopo aver concluso che sono un caso disperato….in realtà io ho bisogno di perdono, tremo alla mia debolezza, desidero parlare perché il mio limite mi scoppia dentro, perché vorrei che qualcuno raccogliesse il mio pianto…forse per questo non mi basta Dio, ipotesi lontana, forse ho bisogno di sentire l’odore di questa grata e il profumo di una presenza di carne….di un uomo come lei, che però non parla, tace, ascolta nell’ombra, come un ladro…..curioso di sapere come andrà a finire…..ma lei lo sa bene come andrà a finire….che sono come un fiore che al mattino fiorisce e alla sera è già secco..lei mi deve dire che questa sera non arriverà mai…Perché dentro ho un gomitolo di insoddisfazione che non si srotola, cresce e mi soffoca…manca l’aria, mi capisce? Manca la prospettiva, il senso di questo viaggio malinconico….voi la chiamate valle di lacrime….mio Dio, dica qualcosa….vuol sentirmi piangere? Lei non mi vede ma sto già vomitando lacrime…..”
Silenzio. Respiri d’affanno di qua e di là della grata. 

“Ego te absolvo a peccatis tuis, in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti, Amen” disse il prete. “Un Pateravegloria, ma so bene che la penitenza è accettare di camminare ancora, dove altri hanno deciso per noi. E non pianga. Io sono messo peggio di lei.”  

Nessun commento:

Posta un commento