dedico questo mio schizzo al grande Speri della Chiesa, sommo poeta dialettale varesino
IL
PORTASIGARETTE
di carlozanzi
Sono il
portasigarette metallico, citato da Speri della Chiesa in una sua nota poesia.
Dunque: intanto diciamo chi è Speri, prima di parlare di me. Speri è il massimo
vate dialettale di Varese. Ora in sintesi la poesia, assai carina, a detta di
molti: un tram, primi decenni del Novecento. Un gruppo di studenti seduti e una
bella ragazza in piedi. Le viene offerto di sedersi sulle ginocchia di un
giovane, accetta di slancio ma si rialza subito, arrossendo. Il suo nobile
fondoschiena ha incontrato qualcosa di duro, lei sospetta e s’indigna, immagina
e trasecola. Il giovane comprende l’imbarazzo ma ha pronto l’alibi: è il
portasigarette metallico. Sono io, insomma. Un vecchietto vede la scena e
aggiunge: “Si sieda qui, mia cara. E non si preoccupi. Da tempo ho smesso di
fumare.” Immaginatevela in dialetto…uno spasso. Io sono quel portasigarette
che, nel buio di una tasca, ha vissuto il piccolo dramma, l’imbarazzante
equivoco. Ammetto che ho goduto nell’affondare in quel morbido sedere. Ma è durata
poco. Peccato. Non sono qui a lamentarmi, tanto tempo è passato, dico solo che
faccio parte di quella categoria di oggetti resi più o meno celebri da una
poesia; cose persino rovinate da un verso, che li ha malamente caratterizzati,
infangandoli per sempre. A me tutto sommato è andata bene, faccio parte della
categoria oggetto di un equivoco. Grazie a me il giovane salva la faccia. Che
poi, a ben vedere, che c’è di male se uno si eccita? La signorina avrebbe avuto
motivo di vanto, più che di ritrosia. Grazie a Speri Della Chiesa Jemoli e al
suo doppio senso, sono diventato per taluni oggetto di culto. Da quando il
giovane mi ha portato alla luce sfilandomi dalla tasca, palesando la sua
innocenza (innocenza di che?), sono diventato capostipite di una generazione di
portasigarette da alibi.
Ma diciamola
tutta. Io so una cosa che solo oggi, a decenni di distanza, mi permetto di
rivelare, morto Speri, morto il giovane e defunta anche la signorina. Io c’ero,
ho visto e sentito. Di duro c’era il mio metallo, e va bene, ma non quello
soltanto!
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