L'occasione del recente Poeta Bosino mi fa sostare ancora un poco sul dialetto. E mi è tornato alla mente l'amico Amedeo Bianchi (non avendo sue foto, pubblico quella del figlio, il mio amico poeta Arnaldo), morto troppo presto. Anche Amedeo partecipò più volte al concorso, non arrivò mai primo ma più volte fra i primi tre. Nel gennaio 1997 eravamo entrambi nella terna, lui arrivò secondo con la poesia Emmaus, che oggi voglio riproporre. Amedeo era un intellettuale, un amante della scrittura, un idealista, un personaggio che non dimentico. Era un amico.
Emmaus
E quand avarem cumpii
tüc i dì in sü sta tera;
tüc i dì mar, cunsümaa gota a gota;
sarem già press a ‘r’üsc che dà da là.
In chela plaga granda e misteriusa
ch’hem imparaa a ciamàla Eternità.
E quand suonarà i trum da Giüsefatt
e nünc pruvarem pü né fam, né seet;
né ‘r cald, né ‘r frecc, né ra smania da viv,
né i paür da murì;
vegnarem föra a vün a vün in fira
a tacà ‘r lüm in scima a ra finestra.
“O Pà ste chi cun nünc ca l’è già
sira.”
Amedeo Bianchi
Emmaus
E
quando avremo portato a compimento
tutti
i giorni su questa terra;
tutti
i giorni amari, consumati goccia a goccia;
saremo
già vicino all’uscio che dà di là.
In
quella regione grande e misteriosa
che
abbiamo imparato a chiamare Eternità.
E quando
suoneranno le trombe di Giosafàtt
e noi
non proveremo più né fame, né sete;
né il
caldo, né il freddo, né la smania di vivere,
né le
paure di morire;
verremo
fuori ad uno ad uno in fila
ad
appendere il lume in cima alla finestra.
“O
Padre sta qui con noi che è già sera.”
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