tredici
Beatrice
era sola in casa. Inquieta. Gli aveva detto di no ma la sola cosa che
desiderava era poter parlare con lui. Vederlo. Chiarire. Capire. E capirsi. E
scopare. Forse.
Guardò
l’orologio in sala: le dieci e tre minuti. S’avvicinò al telefono per
chiamarlo. Stava perdendo il controllo.
Tornò indietro. Accese una sigaretta. Non s’era ancora seduta
sul divano quando partì la suoneria del cellulare. Rispose.
“Dove sei?”
“In casa…che vuoi?”
“Vengo.”
“Dove?”
“Da te.”
“T’ho detto che sono in casa…”
“O da un’altra parte o vengo lì.”
Beatrice schiacciò la sigaretta nel posacenere. Il cilindro
di tabacco, consumato meno della metà, si piegò; salì un filo di fumo, diritto
ma poco più in alto impazziva. “Qui no.”
“Dimmi tu…”
“Stiamo sbagliando…cosa stiamo facendo?”
“Va bene Varese, ai Giardini?”
“Non ho chiuso occhio.”
“Nemmeno io…Sto rischiando un casino.”
“E io?”
“Ai Giardini, fra un’ora. Alle undici. O sei lì o vengo a
casa.”
“Non mi aspettare…non posso.”
“Ciao…fra un’ora…alla fontana.”
“Ciao…” Beatrice attese qualche secondo. “Perché non
chiudi?”
“Chiudi
tu.”
“Tu.”
“No, prima tu” le disse.
“Tu, tu.”
“Tu.”
***
Da Merano si risale la Valle Venosta, fasciati dal vento.
Un’ampia vallata che ti respinge, che pare benvolerti con estese piantagioni di mele e di pere per poi
soffiarti contro tutto il suo rifiuto, urlato dall’Austria. Come fossi uno
straniero respinto. Il corso dell’Adige scivola da ovest ad est ad indicarti
che sarebbe meglio tornare a Merano, a Bolzano e non proseguire per Lasa.
Eppure tu vai, continui in salita leggera sino a Prato allo Stelvio, svolti a
sinistra e ti lasci risucchiare dalla Trafoier Tal, bella nel canto del Suldenbach,
un torrentello che schiaffeggia le rocce e solletica la ghiaia minuta del
fondo.
E quieti si sale a Gomagoi. Si mutano acque e il Trafoierbach
ti consiglia la strada per Trafoi. Sei protetto a sinistra dall’Ortlergruppe
con il Grande Zebrù, quattro chilometri di ghiacci e di pietre. Ma se prosegui
dopo Trafoi, qualche tornante ancora e poi svolti a destra e allunghi lo
sguardo all’orizzonte, ecco là in cima la tua condanna. Vedrai alla sinistra
del Trafoierbach boschi di pini, pascoli macchiati dal rosa dei
rododendri e granito e neve e la cima del monte Scorluzzo. Ma per chi sfida lo
Stelvio a cavallo di tubi in carbonio, pigiando il metallo e trasmettendo la
rabbia a due ruote sottili, la vista deve andare alla destra del rio di Trafoi.
Lì si incontra, lungo quanto dista da noi il paradiso, tutto il serpente
d’asfalto che striscia sui prati, spire di tornanti aguzzi, di angoli acuti. E
tu da lì devi passare, per forza, se vuoi meritarti la cima Garibaldi e lo Stilfer
Joch, se punti alla Cima Coppi del Giro d’Italia, lassù, fra l’asfalto ed
il cielo.
13-continua
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