martedì 12 agosto 2014

Lo schizzo del mercoledì

                                                                                   foto carlozanzi


Il martello di Karl
di carlozanzi


Una mattina non meglio precisata dell’agosto milletrecentoquaranta, alle sette e trenta, Karl Ploner, di Ortisei, mosse i primi passi lungo la scaletta in legno che l’avrebbe condotto al suo lavoro, muratore impegnato nella costruzione del campanile della chiesa di Santa Cristina, in Val Gardena. Dietro di lui saliva il figlio Emil, di quindici anni, apprendista muratore. Arrampicandosi finì con lo sguardo dalle parti del Piz de Cir e del Passo Gardena, da lì sorgeva il sole, già da tempo incollato al Sassolungo e ai primi trenta metri di quel campanile: un sole fresco, forte.
Accecato dalla potenza dei raggi scese con lo sguardo verso il sagrato e notò che il parroco di Santa Cristina, padre Joseph Schenk, aveva alzato il tono della voce; di fronte al prelato stava, ritto in piedi con le gambe appena divaricate e le mani ai fianchi, l’architetto Frank Perathoner. “Lo voglio alto, deve essere alto il più possibile” diceva il sacerdote al Perathoner. “Deve salire, abbiamo davanti il Sassolungo, alto come il Sassolungo lo voglio” e alzava le braccia, quasi volesse toccare l’apice della punta Grohmann. E l’architetto: “Sono qui per questo…ma c’è un limite…faremo l’estremità molto appuntita….si può guadagnare qualche metro, certo che si può…”
Karl Ploner riprese a salire, respirò e nei polmoni entrarono i profumi del fieno, dei fiori, dei muschi e delle rocce di dolomia. Guardò il figlio, chiuse gli occhi e si concentrò sui rumori del mattino: le parole dei due di sotto e i campanacci delle vacche, al pascolo sui prati del monte Pic. Era un mutatore esperto, fra i più ricercati di Ortisei, ma ciò non gli impedì di distrarsi, un piede gli scivolò sul legno della scala, si aggrappò al piolo superiore, il sobbalzo fece cadere il martello che teneva in vita. L’attrezzo volò da una ventina di metri verso il fondo del sagrato, cadde a due metri dal prete e dall’architetto, il metallo liberò scintille sulla pietra e un rumore secco di zoccolo di cavallo, che rintronò nelle orecchie del parroco di Santa Cristina. Padre Joseph scattò lontano dall’onda d’urto, spingendo in là anche l’architetto; compreso ciò che era capitato, felice per lo scampato pericolo, guardò verso il muratore gridando: “Stia più attento, vorrei vederlo finito il mio campanile.”
Karl scese veloce per recuperare il martello e mentre calava dall’alto cercava le parole per scusarsi, rosso in viso per la vergogna. Ma il prete fu benevolo. “Torni al lavoro, siamo in ritardo stamattina” e gli allungò l’attrezzo.
“Grazie….stavo scivolando…” e Karl Ploner si avvicinò alla scala, pensando che il parroco era stato comprensivo con lui; si sentiva comunque un padre ferito nell’orgoglio: non era stato d’esempio al figlio. E mentre saliva guardando il Sassolungo dorato, pensò che era pericoloso avvicinarsi alle nuvole, quel martello giù da quindici metri avrebbe senz’altro ucciso. E allora Dio? Immaginato nell’alto dei cieli? Era da temere?
Raggiunse Emil, che mai avrebbe osato dire qualcosa al padre. Fu Karl a parlare: “Non ti devi distrarre… mai.”

Il figlio annuì; non visto dal padre sbadigliò, avrebbe dormito ancora due ore. Guardò verso il prete e l’architetto, immaginando la scena di un martello a precipizio sul cranio di un uomo di Dio, riparato dal tricorno nero. ‘Quel cappello ridicolo non sarebbe bastato a salvarlo’ pensò. ‘Mio padre l’avrebbe fatto secco.’ Sbadigliò ancora e riprese a salire chiudendo gli occhi, perché la luce che sbrodolava da oriente era veramente insopportabile. Poi guardò la cima del Sassolungo, pensando che presto sarebbe salito sin lassù.  


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