Giovedì sera, 25 settembre, ore 20.45, teatrino 'Santuccio' di via Sacco, a Varese, si terrà un convegno, durante il quale si parlerà di Varese, del suo futuro, del dialogo fra politici e cittadini eccetera. E' stato organizzato da 'La piccola vedetta lombarda' e UniversAuser. Verranno poste dieci domande al nostro borgomastro Attilio Fontana (foto in alto), che non so se ci sarà oppure declinerà l'invito. A partire dalla questione del posteggio a Villa Augusta, e soprattutto da questa primavera 2014, con la questione del posteggio alla Prima Cappella e poi del taglio dei cipressi ai Giardini Estensi... un gruppo di miei amici 'vecchietti' (e lo dico con simpatia, perché hanno solo qualche anno più di me) si sta dando molto da fare, a difesa del futuro di Varese. Abbiamo il Comitato Varese 2.0, animato dall'amico Daniele Zanzi (qui addirittura con la Regina Elisabetta) e dall'ex grande atleta Roberto Gervasini (con bandiera tricolore), poi 'Varese 2020' e infine 'La piccola vedetta lombarda', che vede come capofila il noto prof del Liceo Scientifico 'Ferraris' (prof di mia moglie Carla) Valerio Crugnola (La Coste verde). Molto attivo è anche l'ex amministratore DC Giuseppe Terziroli (al telefono). Valerio mi ha chiesto, in caso di partecipazione, di leggere una mia poesia in dialetto, ambientata al Sacro Monte. Non so se ci sarò, per vari motivi e anche perché sarei un pesce fuor d'acqua: sono favorevole al posteggio alla Prima Cappella, non credo molto ai referendum e alla partecipazione diretta dei cittadini, soprattutto su questioni tecniche, e non ho una visione così negativa della mia Varese, definita dagli organizzatori una landa desolata, degradata, senza futuro. Eppure non sono nemmeno leghista. Ma forse andrò. In ogni caso auguro agli amici una grande partecipazione e metto qui la poesia che avrei dovuto leggere. Non si parla di posteggi e di mancanze dei politici. Le questioni sono più esistenziali, stringenti, drammatiche, vitali.
La
banchèta dul tramunt
di carlozanzi
Gh’è
‘na panca da prea pasà la Setima,
la
gran Capela du la flagelaziùn,
a
l’è la me banchèta dul tramunt,
ma
seti giò, par mi gh’è pü nissün.
Vo
lì quand cal fa frecc e tira vent,
cunt
l’aria fina i niul in partì;
vo
lì par imparà ma sa fa cito,
parché
ma piass sentì sa diss ul dì;
ul
dì quand l’è vegnüü ‘l mument da nà,
quand
gh’è pü temp par dì: ‘Sa vedarà’.
E
‘l dì al sa fa ross par la vargogna
di
robb trasà, dul ben dismentegà.
Ma
l’è bell chel culur dra verità,
föögh
frecc, fiama pizava pasà ‘l lagh.
E
quand ul su l’è naj ma vegn da dì:
‘Sa
l’è inscì bel murì, vörì murì.’
Ma
‘n boff da vent gerà pizìga i oss:
‘Vegn
nott, vegètt, camina cal fa frècc.’
Inscì,
mia tant persuas, ma drizi in pè,
disi
‘n patèr e turni al me mistè.
Intant
ul su l’è mòrt dumà par mi,
la
so crapa pelada sbusa ‘l mar,
la
nott l’è bela e prunta par murì,
dasi
dasi sa pìza n’altar dì.
3°
classificato
Concorso
Poeta Bosino 2012
31
gennaio 2013
La
panchina del tramonto
C’è
una panca di pietra passata la Settima,
la
grande Cappella della flagellazione,
è
la mia panchina del tramonto,
mi
siedo, per me non c’è più nessuno.
Vado
lì quando fa freddo e tira vento,
con
l’aria pura le nuvole sono partite;
vado
lì per imparare come si fa silenzio,
perché
mi piace sentire cosa dice il giorno;
il
giorno quando è venuto il momento di andare,
quando
non c’è più tempo per dire: “Si vedrà.”
E
il giorno si fa rosso per la vergogna
delle
cose sciupate, del bene dimenticato.
Ma
è bello quel colore della verità,
fuoco
freddo, fiamma accesa al di là del lago.
E
quando il sole se n’è andato mi viene da dire:
“Se
è così bello morire, voglio morire.”
Ma
un soffio di vento gelato pizzica le ossa:
“Arriva
la notte, vecchietto, cammina che fa freddo.”
Così,
non tanto convinto, mi metto in piedi,
dico
un padre nostro e torno al mio lavoro.
Intanto
il sole è morto solo per me,
la
sua testa pelata buca il mare,
la
notte è pronta per morire,
adagio
adagio si accende un altro giorno.
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