martedì 11 giugno 2013

Il racconto del mercoledì




giugno


E venne giugno...e dentro l’auto la musica volteggiava come farfalle, ronzava come api, saltellava come cerbiatti in amore...ed io nel mezzo, avvolto, accarezzato, sorpreso nel cuore della festa e della speranza, giugno, il sole e la luce che non va a dormire, le rondini come api sul miele o moscerini accecati dai fari, rondini che a malincuore –almeno oggi- tornano ai nidi...ed io in auto, la musica e la gioia di chi non ha conosciuto dolore, felicità innocente a mollo nell’estate, felicità bambina che ride di gusto ignorando la notte...e venne giugno a Varese, come la salute che fa ritorno dopo la lunga malattia dell’inverno tanto che non ci si sperava più...e venne il ricordo di giugno a Comerio, camminando nel parco, grosse pietre levigate e formiche che annegavano nella mia ombra ed io potente, semidio, dio con potere di scansarle o di annientarle, con lo stesso potere di dio e nel sole io, felice, le salvavo, e non pensavo a me-formica perché era giugno, sabato d’estate (tutto il sabato, la notte, tutta la domenica...che bello!) e allora camminavo e pregavo, svolazzavo fra grossi petali di fiori di piante sconosciute eppure varesine, orientali ma prealpina...e venne ancora giugno, perché quando la bella musica, la tua musica fa l’amore con una buona notizia interiore, allora sai cos’è la pienezza, che vorresti durevole ma non ci pensi se dura o non dura, va bene così, stai annegando e sei felice, ti distrai, potresti schiantarti contro un albero, un palo, un carretto (e sarebbe la catastrofe sempre al tuo fianco) ma non ci pensi alla sfiga e alle lacrime, così simili al riso, della stessa natura, a volte nate da lui...e venne giugno (prendete fiato con me) e se tuo figlio è triste non importa (certo passerà) e se arriverà la notte chi se ne frega (si veglierà insieme) perché questo attimo di giugno, intinto nelle note, va amato così, nella dimenticanza...e venne quella voglia di perfezione all’ombra delle verdi Prealpi, sulle rive di un lago d’alghe e di gobbini, lago di pochi poeti e di molti detriti, lago che oggi è la nostra Portofino...e il profumo di fiori di sambuco, che presto diventeranno pan meino (intinto nel latte e nella panna, che buono)... e la musica ti convince, la musica in testa ti rapisce, carta regalo ad impacchettare la vita che ti va bene, in questo giugno, in questo frammento di giugno, in questo minuto secondo di giugno che ti prende per mano e ti invita a seguirlo, verso il secondo successivo che sarà ugualmente benevolo con te, con le tue paure che l’età, misteriosamente, rianima (dopo le immense paure infantili)...e venne di nuovo giugno e mi trovò pronto, non dico in evangelica attesa ma almeno non refrattario o indeciso, svelto d’occhio a riconoscerlo e “ben torni ormai” (come direbbe il poeta), “Ti trovo bene” fa lui (giugno, appunto), “Faccio quello che posso” rispondo, “Fai, fai pure” ancora il mese, “sai che non ti presenterò il conto”, “Grazie, almeno tu”, “Vorrei dirti il seguito, ma lascio perdere”, “Ti ringrazio, caro giugno”...e venne giugno, venne da me, proprio da me, come un’amante, come quei sogni ad occhi aperti (che so, viene una ragazza, una gran bella ragazza e ti dice senza troppe menate ‘Potresti anche salire da me, non c’è nessuno’... Avete presente? Sì? Ci avrei scommesso), venne giugno come un’amante e m’accontentò.  

il presente racconto è tratto dalla raccolta di racconti di Carlo Zanzi  'Una città in cornice'  (Macchione editore - dicembre 2004)  

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