domenica 16 giugno 2013

L'intervento di Arnaldo




Come promesso, ecco l'intervento del poeta Arnaldo Bianchi, in merito ai miei racconti brevi, contenuti nel volume 'Valzer par Varès'.

“La narrativa riguarda tutto ciò che è umano e noi siamo fatti di polvere, dunque se disdegnate d’impolverarvi non dovreste tentare di scrivere narrativa”
Queste parole sono di Flannery O’Connors una scrittrice americana autrice di due romanzi ma celebre soprattutto per i suoi racconti.
Questa frase, qualche tempo fa, l’avevo messa come dedica su di un mio libro di poesie che ho regalato a Carlo.
In essa si coglie il lavoro oscuro e pieno di umanità di chi si cimenta nello scrivere narrativa, c’è il desiderio di mettersi in gioco, di sporcarsi, d’impolverarsi dentro la vita, dentro il quotidiano, dentro il confronto con le persone che ci circondano, nel voler cogliere l’umanità degli altri.
Ecco queste doti di autentico narratore ci sono in Carlo Zanzi.
Molti credono di sapere cos’è una storia,  credono di sapere raccontarla ma è un’altra cosa sedersi a scriverne una.
Io non sono in grado di spiegare come nasce una storia. Direi che un po’ è chi scrive che la crea un po’ è la storia che crea lo scrittore.  Se si tratta di una bella storia lo scrittore la vive come una rivelazione, tanto quanto il lettore.
Quando si scrive narrativa si svelano e si nascondono le cose che si conoscono meglio o che ci stanno più a cuore.
Nei racconti di Zanzi grande parte la hanno i ricordi, le esperienze della vita.
Ci sono i racconti, forse autobiografici, che rievocano episodi della giovinezza ( vedi i racconti: “Il Venezia”; “Un amore” ; “Il tuffo”; “Era d’agosto”) a me più cari perché mi fanno riassaporare atmosfere, odori e colori comuni alla nostra generazione.
Assai bello perché profondo e pieno di pudore il racconto intitolato “La croce” dove un figlio e un padre si confrontano, si comprendono, si interrogano attraverso pochi gesti e poche parole… come pure il racconto “Mio padre” che è una variazione sul tema.
Segnalo anche il racconto “Mani giunte” dove il senso della vita e della fede – la disperazione e la speranza –  si incontrano   là dove non ci sono risposte banali  ma dubbi fecondi.
Ma anche in “La magnolia” c’è un sapore di meraviglia, di incanto, la nostalgia per una fede semplice e pura; e in “Ego te absolvo” ritorna questa fede irrequieta piena di domande…
Il racconto “La corsa” mi ha ricordato un libro di Haruki Murakami  “L’arte di correre” nel quale lo scrittore giapponese mette a confronto, opera un parallelo tra le sue due grandi passioni lo scrivere e il correre
(passioni la scrittura e lo sport che caratterizzano anche Carlo).
A differenza del romanzo che ha una sua logica che si deve forzatamente seguire se si vuole comprendere la storia,  il bello nel leggere dei racconti
è la libertà del lettore, il quale non è obbligato a seguire il percorso dell’autore: può leggere un racconto all’inizio del libro, poi saltare ad un altro collocato alla metà dell’opera, poi un altro più avanti e quindi ritornare sui propri passi.
Questo per dire che anche in questo libro di racconti di Carlo ognuno può scegliere un suo personale itinerario: leggere i racconti che evocano l’infanzia; o quelli che si interrogano sul destino umano o sulla fede; la storia vista dai vinti ( e qui mi riferisco ai racconti “Mi chiamo Franz” e “L’uomo della pietra”).
Quindi le mie indicazioni sono opinabili, fallaci o lacunose sono solo ipotesi, sono solo tentativi di lettura.
Elsa Morante ha detto che scrivere è: ” sentire il mondo, pensare la realtà”
In quello che scrive Zanzi è sottesa sempre la passione per gli altri.
In Zanzi non c’è uno sguardo nostalgico ma è consapevolezza del fluire, dello scorrere del tempo
ma anche consapevolezza delle radici ( e quando dico radici comprendo le amicizie, gli affetti familiari, il lavoro, la città in cui vive con le sue strade e le sue piazze, il territorio con i boschi e i laghi).
La scrittura di Zanzi vuole semplificare le passioni e ricrea le cose viste attraverso l’emozione.
Mi piace concludere con questa frase di George Bernanos che lo stesso Zanzi cita nell’ultimo racconto di questa raccolta intitolato “1° maggio”:
“Trovare la propria gioia nella gioia di un altro: ecco il segreto della felicità”

Questa frase mi pare possa riassumere il significato della scrittura di Carlo, scrittura sempre attenta, sempre ricca di empatia verso gli altri e che si arricchisce ancor di più nel rappresentare l’umanità del mondo. 

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