Come promesso, ecco l'intervento del poeta Arnaldo Bianchi, in merito ai miei racconti brevi, contenuti nel volume 'Valzer par Varès'.
“La
narrativa riguarda tutto ciò che è umano e noi siamo fatti di polvere, dunque
se disdegnate d’impolverarvi non dovreste tentare di scrivere narrativa”
Queste
parole sono di Flannery O’Connors una scrittrice americana autrice di due
romanzi ma celebre soprattutto per i suoi racconti.
Questa frase,
qualche tempo fa, l’avevo messa come dedica su di un mio libro di poesie che ho
regalato a Carlo.
In essa si
coglie il lavoro oscuro e pieno di umanità di chi si cimenta nello scrivere
narrativa, c’è il desiderio di mettersi in gioco, di sporcarsi, d’impolverarsi
dentro la vita, dentro il quotidiano, dentro il confronto con le persone che ci
circondano, nel voler cogliere l’umanità degli altri.
Ecco queste
doti di autentico narratore ci sono in Carlo Zanzi.
Molti
credono di sapere cos’è una storia,
credono di sapere raccontarla ma è un’altra cosa sedersi a scriverne
una.
Io non sono
in grado di spiegare come nasce una storia. Direi che un po’ è chi scrive che
la crea un po’ è la storia che crea lo scrittore. Se si tratta di una bella storia lo scrittore
la vive come una rivelazione, tanto quanto il lettore.
Quando si
scrive narrativa si svelano e si nascondono le cose che si conoscono meglio o
che ci stanno più a cuore.
Nei racconti
di Zanzi grande parte la hanno i ricordi, le esperienze della vita.
Ci sono i
racconti, forse autobiografici, che rievocano episodi della giovinezza ( vedi i
racconti: “Il Venezia”; “Un amore” ; “Il tuffo”; “Era d’agosto”) a me più cari
perché mi fanno riassaporare atmosfere, odori e colori comuni alla nostra
generazione.
Assai bello perché
profondo e pieno di pudore il racconto intitolato “La croce” dove un figlio e
un padre si confrontano, si comprendono, si interrogano attraverso pochi gesti
e poche parole… come pure il racconto “Mio padre” che è una variazione sul
tema.
Segnalo
anche il racconto “Mani giunte” dove il senso della vita e della fede – la
disperazione e la speranza – si
incontrano là dove non ci sono risposte
banali ma dubbi fecondi.
Ma anche in
“La magnolia” c’è un sapore di meraviglia, di incanto, la nostalgia per una
fede semplice e pura; e in “Ego te absolvo” ritorna questa fede irrequieta
piena di domande…
Il racconto
“La corsa” mi ha ricordato un libro di Haruki Murakami “L’arte di correre” nel quale lo scrittore
giapponese mette a confronto, opera un parallelo tra le sue due grandi passioni
lo scrivere e il correre
(passioni la
scrittura e lo sport che caratterizzano anche Carlo).
A differenza
del romanzo che ha una sua logica che si deve forzatamente seguire se si vuole
comprendere la storia, il bello nel
leggere dei racconti
è la libertà
del lettore, il quale non è obbligato a seguire il percorso dell’autore: può
leggere un racconto all’inizio del libro, poi saltare ad un altro collocato
alla metà dell’opera, poi un altro più avanti e quindi ritornare sui propri
passi.
Questo per
dire che anche in questo libro di racconti di Carlo ognuno può scegliere un suo
personale itinerario: leggere i racconti che evocano l’infanzia; o quelli che
si interrogano sul destino umano o sulla fede; la storia vista dai vinti ( e
qui mi riferisco ai racconti “Mi chiamo Franz” e “L’uomo della pietra”).
Quindi le
mie indicazioni sono opinabili, fallaci o lacunose sono solo ipotesi, sono solo
tentativi di lettura.
Elsa Morante
ha detto che scrivere è: ” sentire il mondo, pensare la realtà”
In quello
che scrive Zanzi è sottesa sempre la passione per gli altri.
In Zanzi non
c’è uno sguardo nostalgico ma è consapevolezza del fluire, dello scorrere del
tempo
ma anche
consapevolezza delle radici ( e quando dico radici comprendo le amicizie, gli
affetti familiari, il lavoro, la città in cui vive con le sue strade e le sue
piazze, il territorio con i boschi e i laghi).
La scrittura
di Zanzi vuole semplificare le passioni e ricrea le cose viste attraverso
l’emozione.
Mi piace
concludere con questa frase di George Bernanos che lo stesso Zanzi cita nell’ultimo
racconto di questa raccolta intitolato “1° maggio”:
“Trovare la
propria gioia nella gioia di un altro: ecco il segreto della felicità”
Questa frase
mi pare possa riassumere il significato della scrittura di Carlo, scrittura
sempre attenta, sempre ricca di empatia verso gli altri e che si arricchisce
ancor di più nel rappresentare l’umanità del mondo.
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