sedici
Lui risiedeva a Cugliate Fabiasco. Una bella villa, con
prato che s’allungava in un bosco di faggi e castani, in pendenza verso il
monte Sette Termini. Una villa che aveva scelto Isa, sua moglie dopo un
diploma, una laurea e svariati concorsi di bellezza: Miss Turismo, Miss
Verbano, aspirante Miss Italia, eliminata quando erano rimaste in dodici. Isa
s’era innamorato di quella bella casa, lui della zona, che aveva sempre
frequentato sin da ragazzo, seguendo con la moto da cross i sentieri nel bosco
e i prati a gobbe.
Il programma di Isa per quel giorno: parrucchiere, estetista
e pranzo con un’amica, vecchia compagna di liceo, con la quale sarebbe andata,
dopo averne raccolta un’altra che abitava a Gallarate, all’Ikea di Corsico.
“Per cena arrivo, so che non hai problemi a riempire le tue giornate” e l’aveva
baciato, come per dire: “Comunque ti curo.”
Abitava in una zona isolata
del paese. Il suo prato confinava a nord con il bosco, con prati a sud e ad
ovest e con il prato di un’altra villa ad est, il più delle volte disabitata.
Il proprietario veniva di rado, un industriale milanese di mobili da giardino.
Quel giorno sarebbero stati soli, il milanese non
c’era.
“Hai fame?”
“Cosa mi prepari?”
“Fammi aprire il frigo, pensavo di andare a mangiare una
pizza a Marchirolo…qualcosa si trova…una piadina ti va?”
“Bene.”
“Prosciutto…formaggio…?”
“Fai tu...sempre bene.”
“Intanto se vuoi accendi lo stereo…i CD sono a
destra, apri l’anta.”
Beatrice aprì e li fece passare. Le tremavano le mani. Scelse
quasi subito, un cofanetto bianco, triplo Cd: Le Avventure di Lucio Battisti
e Mogol. Non ebbe bisogno di leggere i titoli. Li conosceva a memoria.
Scelse il CD 1 e andò subito alla numero cinque. Così partì Non è Francesca.
Lui non fece commenti sulla scelta. Disse solo: “Piadina con
prosciutto crudo. Da bere guarda questo.” Aprì il frigo. “Prosecco di
Valdobbiadene, fresco.”
Beatrice sorrise. Si perse seguendone il profilo. Capelli
cortissimi per nascondere, evidenziandola, una stempiatura precoce. Naso
importante ma in sintonia con un volto che forse lo faceva più vecchio, più
interessante. Gli occhi chiari erano la sua luce. Di altezza superava suo
marito di almeno una spanna. Era robusto ma senza una curva di adipe. Si
immaginò fra quelle braccia.
Silenzio fra loro, ora. La canzone di Lucio Battisti, nessun
altro rumore.
Beatrice si portò verso la libreria, per distrarsi. Non
ricordava i titoli dei libri, era costretta a piccoli respiri per andare dietro
al cuore. Ogni tanto un respiro più lungo, più profondo. Ma perché
controllarsi? Perché cercare la quiete?
Una volta ancora lui aveva colto l’attimo. Ora stava alle
sue spalle, la sfiorava ma ancora non la toccava.
***
“Passaggio
alla Cima Coppi” urlò Mauro, eccitato. “Primo Marco Marchi, della Toshibas
Bike, stesso tempo per Luigi Zacchei e Gabriele Audisio, i suoi due gregari,
che hanno spinto il loro capitano come due moto. Quarto Giuseppe Togni, del
Team Fortex a dieci secondi, con lui Aldape e Sainz, a venti secondi Casavola.
Dieci secondi il gap fra Marchi e Togni, che te ne pare?”
“Pochi, troppo pochi” disse Paride. “Però Marchi ha messo
sull’avviso la Maglia Rosa. E soprattutto ho visto bene, molto bene, molto
efficace la pedalata dei suoi due uomini, Zacchei e Audisio. Ottimo segno. Come
i nostri telespettatori sanno, dipenderà da loro, soprattutto da loro se Marchi
potrà tenere alta la velocità sul Mortirolo.”
“E da lì, se ne avrà” aggiunse Mauro “tentare la botta
decisiva, per recuperare il minuto che lo separa da Togni.”
“La lepre di Albino, questa è una delle tante definizioni di
Togni, dà l’impressione di controllare e certo recupererà in discesa. L’allungo
di Marchi nell’ultimo chilometro della salita verso la Cima Coppi era
dimostrativo: come dire, io ci sono, preparatevi al Mortirolo.”
“Su la mantellina” disse Mauro “ e adesso giù, verso Bormio
e la Valtellina. Quaranta chilometri almeno di discesa e poi, a Mazzo, svolta a
sinistra verso il Mortirolo.”
“Discesa molto impegnativa dallo Stelvio a Bormio” spiegò
Paride, “quindi strada ampia e senza difficoltà per i corridori, che avranno
modo di riprendere fiato prima della penultima asperità della giornata.”
Alla quarta casa Cantoniera
dello Stelvio, bivio per Santa Maria, Giuseppe Togni s’era già riportato sui
primi.
A poche centinaia di metri dalla terza Cantoniera aveva
superato Marchi, mostrandogli culo, schiena e due cosce da mettere
paura.
Ripensando allo scatto prima della cima Coppi, Marchi pensò:
‘Benzina sprecata’.
16-continua
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