Solo oggi ho scoperto che qualche domenica fa è uscita, sul quotidiano 'La Provincia di Varese', una bella recensione al mio ultimo libro 'Valzer par Varés', ad opera di Mario Chiodetti (foto). Lo ringrazio e allego il suo scritto:
VARESE – Potremmo definire Carlo Zanzi un
varesino compulsivo, innamorato perso della sua città fino a sfumarne i
difetti, pronto a raccontarla in versi in prosa e perfino in musica, come un
antico troviere. Non c’è angolo di Varese che Carlo non abbia indagato, o
personaggio il cui carattere gli sia oscuro, e spesso la sua scrittura procede
per sensazioni ed emozioni subitanee, soprattutto nelle poesie che danno il tono
del suo ultimo libro “Valzer per Varès”, edito da Pietro Macchione.
La freschezza del dialetto, ascoltato bambino
dai genitori, gli permette di dar corpo al vissuto con plasticità e saggezza, e
con qualche ingenuità d’amante, unita alla forza della fede, il cui riflesso
accompagna come un leit motiv l’intero percorso lirico. Le poesie raccolte,
infatti, sono state scritte nel corso di vent’anni, a partire da “Rusàri d’un
vècc” che gli valse nel 1994 il premio Poeta Bosino insieme alla consapevolezza
di aver trovato una nuova forma espressiva.
Corredate dalla traduzione italiana, le
liriche di Zanzi mescolano ricordi a piccoli fatti quotidiani, personaggi
incontrati per strada o frequentati per amicizia, ma anche accadimenti
stagionali, pizzicotti alla politica e naturalistiche visioni. Si interroga,
Carlo, sul trascorrere del tempo, sull’unità della famiglia, lui che è stato
figlio e padre, sugli insegnamenti dei genitori, ma sempre con una larga
prospettiva futura davanti, senza le malinconie del cinquantenne che rimpiange
l’inafferrabile passato.
«Il Signore era in buona; ha pensato: “Faccio
una cosa bella” e Varese e Varese era in piedi» è il cappello del valzer
dedicato alla città, bella e brutta, dominata dal Sacro Monte «un diamante che
luccica come l’oro di un tesoro», ma anche con «il traffico che puzza, le case
venute su troppo in fretta», i giovani che non conoscono più il dialetto dei
nonni.
Più sperimentali i racconti, come annota lo
stesso autore nella prefazione del volume, dedicato ai genitori Ines e Mario,
scritti in tempi più recenti, alcuni inediti altri pubblicati nel blog
“Pensieri & Parole Due”, scritti di getto e poi rielaborati. Una lettura
comunque rasserenante, con spunti di divertita ironia, come ne “Il professore”,
fumatore accanito di Turmac, le sigarette piatte con tabacco turco e macedone
al tempo vendute in eleganti scatole metalliche rettangolari blu o rosse.
L’insegnante, mal pagato dallo Stato, per continuare le lezioni di filosofia
chiedeva agli alunni un quotidiano pacchetto di Turmac, in bella vista sulla
cattedra.
Sembra passato un secolo da queste storie
leggere, il mondo è diventato più greve e spaventato, e scrittori sensibili
come Zanzi ne captano i mutamenti senza però perdere l’ottimismo della ragione,
che di questi tempi è impresa quasi disperata.
m. chi.
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